Primavere Arabe

Di Davide Renda – Tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 lo scenario politico internazionale ha vissuto una delle sollecitazioni più significative dall’inizio del nuovo millennio. Si tratta dell’insieme di rivolte, proteste, rivoluzioni che hanno interessato la regione del Nord Africa, del vicino Oriente e del Medio Oriente e che sono raccolti sotto la denominazione di origine giornalistica occidentale di primavera araba, quella più conosciuta, o con il nome Secondo risveglio arabo, denominazione adottata da molti studiosi intesa in continuità con le lotte anticoloniali della seconda metà del secolo precedente.

Numerosi stati tra cui Tunisia, Libia, Siria, Yemen, Oman, Egitto, Arabia Saudita sono stati interessati, in misure spesso molto diverse tra loro, dalle dimostrazioni di movimenti popolari che per cause come la corruzione, assenza di libertà individuali, povertà, fame, violazione di diritti umani, hanno deciso di scendere in piazza per tentare di cambiare le loro vite e i loro paesi.

Per la prima volta nella storia recente dei paesi coinvolti, i protagonisti sono le persone, la loro aspirazione di una vita migliore, aldilà delle logiche politico-militari e di quelle religiose. Tuttavia, proprio quelle logiche sono entrare in modo preponderante nel cambiamento che le persone comuni sognavano di intraprendere.

Quello delle primavere arabe non è un avvenimento chiuso, già ascrivibile nei libri di storia nella sua interezza, e per tale ragione la sua analisi risulta delicata e costantemente sollecitata da nuovi avvenimenti, focolai e dispute.

È per tale motivo che abbiamo ritenuto necessario un focus attraverso un dossier di sei articoli sul tema delle primavere arabe, per ripercorrere insieme le prime fasi, caratterizzate da grandi aspirazioni e lodevoli manifestazioni democratiche, per poi attraversare gli anni successivi caratterizzati dalle prime guerre civili che ci conducono ad oggi, in un momento dove il quadro geopolitico, elettorale e bellico di molte popolazioni coinvolte è ancora incerto e sembra non avere soluzioni.

Non è per tale ragione corretto etichettare gli effetti odierni delle proteste iniziate nel 2010 come un colpo di coda delle primavere arabe. Le guerre civili ancora in corso, come in Siria, la nascita e la guerra contro l’ISIS, e anche le ultime elezioni in Egitto sono elementi centrali dell’analisi del tema, non una sua appendice. È proprio in quelle conseguenze disastrose come la vicenda siriana che troviamo le contraddizioni più profonde delle primavere arabe, così come nell’esperienza tunisina abbiamo assistito all’opportunità di una rivolta incanalata nel parlamento.

Uno degli approcci che seguiremo sarà sì, affrontare i pregiudizi di quello che Edward Said chiamava Orientalismo ma allo stesso tempo non si assumerà una posizione acritica verso il mondo arabo e musulmano. Tenteremo di fornire una visione d’insieme, elogiando e denunciando quando è necessario farlo.

Non cadremo neppure nella tentazione, comoda a molti analisti, di frettolose analisi che vedono la Cia o i servizi segreti dietro ogni rivoluzione o sollevamento popolare. Lo sforzo sarà quello di rispondere alle sollecitazioni che un argomento così vasto fornisce, provando a costruire delle chiavi interpretative che possano esserci ed esservi utili per guardare con un occhio informato gli avvenimenti del recente passato, del presente e del prossimo futuro.

Gli articoli riguarderanno i seguenti paesi: Tunisia, Libia, Egitto, Siria, Iraq e Yemen. Sarà centrale nel dossier un parallelo tra i maggiori paesi interessati in cui tenteremo di spiegare le loro profonde differenze che si sono esplicitate nei destini diversi delle popolazioni coinvolte.


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