I presidenti cinguettano, gli uccellini rispondono

Di Marco Cerniglia – Twitter è un ottimo mezzo per diffondere brevi comunicati, spesso anche impulsivi. Non sempre, quindi, si riflette su ciò che si scrive; e nessun esempio di impulsività può essere più lampante del tweeting di Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti.

Avevamo parlato, nel precedente articolo, di un Trump ambivalente nei fatti, poco chiaro, poco incisivo, nonostante le sue tonanti promesse durante e dopo la campagna elettorale. I concetti da diffondere, tuttavia, non gli mancano: e come una novella Biancaneve, il suo canto attira di giorno in giorno tantissimi “uccellini”, che si lanciano in picchiata su ogni parola del POTUS, pronti a smontarla o a condividerla con entusiasmo.

Basti pensare a un avvenimento in particolare, il famoso tweet del presidente, “despite the constant negative press covfefe“. Probabilmente, il messaggio sarà stato un semplice errore di battitura, qualche riferimento incompleto al “negative press coverage”, o un messaggio non concluso mandato in un attimo di distrazione. Ma ormai il danno era fatto. Dozzine di utenti giù a commentare, la satira scatenata sulla rete. Tra le parodie che fioccavano ovunque e il popolo di internet che sghignazzava allegramente su questa gaffe, il tweet venne poi rimosso, e il teatrante tycoon, approfittando dell’ondata di spirito generata dall’evento, mandò addirittura un tweet provocatorio, sfidando i suoi followers a indovinare il significato della “parola misteriosa”.

Tuttavia, non tutte le affermazioni di Trump attraverso questo mezzo sono fonte di ilarità. Basti pensare l’utilizzo che più spesso ne viene fatto, anche ignorandone le conseguenze; un utilizzo che di solito non si adegua al ruolo istituzionale. Nonostante ciò, dalla pagina del POTUS vediamo continui strali verbali contro chiunque sia in quel momento ritenuto un nemico.

Non mancano gli insulti agli avversari politici, come i coniugi Clinton o l’ex presidente Barack Obama, senza risparmiare critiche anche alle figure politicamente più vicine, come George W. Bush. Lo vediamo poi offendere in altri ambiti, come quello economico con gli attacchi ad Amazon per questioni fiscali, o quello dell’informazione con gli insulti ai giornalisti di Fox News o del New York Times; o addirittura possiamo leggere gli attacchi contro un intero Stato, con le continue polemiche sul vicino Messico.

La punta di questo iceberg di insulti, poi, la si raggiunge proprio a Gennaio 2018, quando, parlando contro le nuove minacce della Corea del Nord, il Presidente arriva addirittura a fare allusioni sessuali in riferimento alle dimensioni del bottone per l’attivazione dell’arsenale atomico.

Molti hanno inviato a Twitter richieste per la cancellazione dell’account di Donald Trump, alle quali la compagnia ha risposto di non poter semplicemente abolire la pagina profilo di una importante figura istituzionale. Tuttavia, qualcuno all’interno della compagnia ha (volontariamente o meno) ascoltato queste “preghiere”, in quanto, per 11 minuti del 3 novembre 2017, l’account venne cancellato dal social; chi si trovava a cercarlo attraverso la funzione di ricerca, poteva leggere la frase, molto comica sotto certi punti di vista, “@realdonaldtrump does not exist”. A questa sparizione temporanea non sono seguiti commenti del Presidente, ma il web è esploso, con commenti che considerarono quei minuti “i più quieti dell’ultimo anno”, o che richiedevano a gran voce il ritorno del tycoon. È legittimo quindi pensare che “non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.”


 

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