Raffaele Jaffe, dal sogno casalese ad Auschwitz

Da Inchiostro Virtuale

Siamo al 6 agosto 1944. Ad Auschwitz i soldati tedeschi, come di consueto, hanno selezionato un gruppo di uomini da condurre sul più infame dei patiboli – la camera a gas – poiché rei della più incomprensibile delle colpe: essere ebrei. Quel giorno, fra le vittime, c’è una persona la cui storia è troppo grande per entrare in quel luogo maledetto e morirci: è quella di Raffaele Jaffe, professore dell’Istituto Tecnico Leardi di Casale Monferrato. Il suo ricordo è un esempio di quanti mondi meravigliosi hanno cercato di cancellare dalla faccia della terra i nazisti.

Lo straordinario percorso del signor Jaffe ha inizio parecchi anni prima della Seconda Guerra Mondiale ed è legato a doppio filo a quello della squadra di calcio della città dove insegna, il Casale.

Ad inizio Novecento il campionato italiano di calcio è giovanissimo. La sua prima edizione si è svolta nel 1898 e, come gran parte dei primi tornei, è stata vinta dal più antico dei club italiani, il Genoa, la grande potenza di quel calcio sostanzialmente amatoriale. I primi vagiti di quella che, evolvendosi, sarebbe diventata la nostra Serie A, avevano un accento marcatamente nord-occidentale: i partecipanti si dividevano fra Liguria, Piemonte e Lombardia. Poco dopo si sarebbero aggiunte alla competizione squadre venete ed emiliane, seguite poi da compagini centro-meridionali, inizialmente troppo poco organizzate per poter competere con le squadre del nord-ovest. Negli anni in cui la nostra storia parte, in particolare, sta emergendo con prepotenza una grandissima squadra piemontese. Immediatamente viene da pensare al Torino o alla Juventus, ma non è così: parliamo della Pro Vercelli, antagonista sportiva di questo racconto, nota agli appassionati per aver vinto sette scudetti, gran parte frutto dell’egemonia che ci accingiamo a descrivere.

Nel 1909 la Pro Vercelli si sta avviando a vincere il suo secondo scudetto consecutivo. Questa cosa non fa piacere ai casalesi, rivali storici dei vercellesi, che non possono assistere a quelle vittorie restando con le mani in mano. Fra i meno entusiasti di questi successi c’è proprio il nostro professore. Sembra che Jaffe si fosse particolarmente appassionato al calcio quando dei suoi studenti lo portarono a vedere una partita a Caresana, vicino Casale. Questo colpo di fulmine per il gioco probabilmente ha l’effetto di accrescere il malcontento per i risultati vercellesi. Per il professore è inaccettabile che gli odiati rivali possano dominare la Prima Categoria, vanno fermati. Così decide di indire una riunione nella sua scuola, invitando gli studenti e persino il preside.

Qui si rende protagonista di un discorso entusiasmante, che riportiamo così come è stato tramandato: «Nel 1215 i vercellesi, che per ottenere qualche risultato avevano dovuto allearsi con Milano ed Alessandria, rasero al suolo Casale, del cui sviluppo, sociale e culturale, avevano vivo fastidio. Ci volle del tempo ma i casalesi, nel 1403, risposero per le rime riducendo Vercelli ad uno zerbino e riappropriandosi delle vecchie prede di guerra. Da allora i vercellesi non hanno perso occasione per farci dispetto. Ora, dopo aver vinto un campionato nazionale di foot-ball, sono in procinto di fare il bis: non si può andare avanti così, bisogna fare qualcosa, se non li fermiamo noi, non li ferma nessuno!». Probabilmente il richiamo storico del professore, oltre a dare un tono maggiormente epico alla rivalità, accende particolarmente gli animi.

Tutti sono d’accordo: Casale deve avere la propria squadra. La divisa del club, che nasce dalle ceneri della vecchia Robur, deve essere obbligatoriamente in contrapposizione a quella bianca della Pro Vercelli; la scelta quindi non può che ricadere sul nero, al quale però viene aggiunta una stella bianca, un buon auspicio per la squadra appena nata. La missione del F.B.C. Casale parte dalla Terza Categoria, campionato di livello regionale, il più basso all’epoca. La squadra di Jaffe – che negli anni avrebbe rivestito diverse cariche societarie, da presidente a dirigente sportivo – inizia una cavalcata inesorabile. Vince alla prima partecipazione il torneo regionale.

I cittadini casalesi non sono immediatamente trasportati dalla squadra. L’amore e l’orgoglio per la propria rappresentativa esplode l’ottobre successivo, quando il Casale vince la “Coppa d’Argento” a discapito dell’U.S. Milanese. Il trofeo viene ritenuto così prestigioso che i casalesi reputano fondata la richiesta di partecipazione alla Prima Categoria. La federazione, interpellata, non si dimostra favorevole e nega la massima serie ai piemontesi. Il Casale può gareggiare solamente in Seconda Categoria. Il torneo in questione è estremamente positivo: i casalesi ottengono il secondo posto. Probabilmente però neanche quest’ottimo risultato soddisfa la squadra piemontese: mentre loro sono in lotta in una categoria inferiore, la Pro Vercelli ha vinto il suo terzo scudetto in quattro anni; il poker era stato evitato solamente dalla vittoria della giovanissima F.C. Internazionale, che aveva reso meno amaro quel dominio. Bisogna assolutamente salire in Prima Categoria perché, come detto dal professor Jaffe, se i vercellesi non li fermano i casalesi, non li ferma nessuno.

Jaffe intanto è diventato dirigente federale. Adesso che riveste questa nuova carica può finalmente far sentire la sua voce in Assemblea. Il professore chiede dunque che il Casale sia ammesso in Prima Categoria. Il Consiglio Federale non se la sente di prendere una decisione, così stabilisce che il verdetto sarà dato dal più autorevole dei giudici: il campo. Il Casale infatti non è l’unica squadra ad aver chiesto l’ammissione in prima categoria: il Racing Libertas Club, nato dalla fusione del Racing Club Italia e dal Libertas Club, ha la stessa pretesa della squadra di Jaffe. Il Consiglio così indìce quelli che sono dei veri e propri play-off fra Casale e Racing Libertas Club. L’andata, che si gioca in Piemonte, finisce in parità, 1-1; sarà una tiratissima vittoria per 1-0 fuori casa a consegnare l’agognata Prima Categoria ai casalesi. Finalmente i ragazzi di Jaffe potranno affrontare i rivali di Vercelli.

L’inizio del primo campionato nella massima serie, per il Casale, è traumatico. Nonostante le tante sconfitte, però, i casalesi non si buttano giù; non possono proprio farlo: le parole del professore fanno ancora gonfiare il petto a molti giocatori, gli stessi studenti che erano stati sedotti da quel discorso da condottiero del loro docente. Il girone di ritorno va molto meglio e il Casale arriva sesto nel girone nord-occidentale. La motivazione a fare meglio però è sempre la stessa: la Pro Vercelli ha vinto il suo quarto scudetto. Bisogna fermarla, i casalesi sanno di essere gli unici a poterlo fare. Nel campionato 1912-1913 un altro passo in avanti: secondi nel girone nord-occidentali e quarti nella fase finale. I vercellesi vincono il loro quinto titolo, ma il Casale è consapevole della propria competitività.

La stagione successiva è quella della rivalsa. Già il preambolo è esaltante: nel maggio 1913 il Casale diventa la prima squadra italiana a battere una squadra inglese, il Reading. All’epoca in Inghilterra il calcio era di un altro livello, aveva una tradizione consolidata già da diversi decenni. Il 2-1 che i piemontesi impartiscono agli inglesi è letteralmente un’impresa, soprattutto considerando che, nel prosieguo del proprio tour, il Reading disporrà facilmente di Milan, Genoa e soprattutto dei campioni della Pro Vercelli. Poi il campionato: il Casale si qualifica alle fasi finali anche quest’anno e stavolta, a farne le spese, sono proprio i vercellesi, finiti un punto sotto i rivali. Questa potrebbe sembrare una vendetta sufficiente, ma il Casale vuole andare fino in fondo, l’eliminazione dei rivali ha galvanizzato la squadra. Di fronte all’orgoglio dei piemontesi niente possono né Juventus né Milan né Genoa nel successivo girone a sei squadre e men che meno la Lazio, vincitrice del meno quotato girone centro-meridionale, nella finalissima. Il Casale si aggiudica il suo primo ed unico scudetto, vincendo l’andata della finalissima per 7-1 ed il ritorno per 2-0.  La vittoria più grande è ancora la presenza in campo di alcuni di quegli studenti ammaliati dalle parole del professore cinque anni prima.

Non vi sono dubbi che il professore abbia portato sino ad Auschwitz l’orgoglio per quel trionfo. La sua storia è solamente una dei milioni di personali micro-universi che i nazisti hanno tentato di eliminare. Fortunatamente quei mondi erano troppo grandi per entrare nelle camere a gas e sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Quello di Raffaele Jaffe, particolarmente luminoso, ne è la prova.

In copertina: il Casale campione d’Italia. Da sinistra, in piedi: Mattea, Gallina II, Scrivano, Rosa, Parodi, Barbesino, Varese, Maggiani. Accosciati: Bertinotti, Gallina I, Ravetti.

Di Lorenzo Picardi