Storie dal fronte: i cento giorni di “Morte Bianca”

Di Marco Cerniglia – “Morte Bianca” è l’appellativo con cui venne definito Simo Häyhä, un cecchino che fece parte dell’esercito finlandese durante la Guerra d’inverno, contro l’Unione Sovietica. Nato a Rautjärvi, città dell’allora Impero Russo, il 17 dicembre del 1905, si arruolò a vent’anni nell’esercito finlandese indipendente.

Nel 1939, con il patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop con la Germania, la Russia ottenne mano libera nel Baltico per il controllo delle posizioni strategiche necessarie a difendere Leningrado. Inoltre, nell’accordo, vi era un’appendice segreta che definiva Finlandia e Stati baltici come «zone di sicurezza sovietica».

Stalin, dopo i numerosi negoziati per ottenere territori appartenenti alla Finlandia, tagliò ogni rapporto diplomatico e dichiarò un attacco allo stato finlandese. Ogni tentativo di riallacciare venne negato, in quanto Molotov, il ministro degli esteri dell’URSS, aveva nel mentre fatto riconoscere come unico governo finlandese legittimo quello della Repubblica Democratica Finlandese, uno stato fantoccio formato dai comunisti fuggiti dalla guerra civile finlandese di qualche anno prima, e che aveva come capitale Terijoki, città finlandese occupata dagli attacchi dell’esercito russo.

Tuttavia, Stalin sottovalutò l’esercito finlandese, e mandò un esercito di numero notevole (circa 550 mila unità), ma formato perlopiù da riservisti richiamati in modo affrettato e malamente equipaggiati, senza uniformi invernali ne mezzi adeguati ad affrontare l’inverno. Viceversa, i finlandesi disponevano di circa 300 mila unità, anch’esse male equipaggiate, ma con il vantaggio della conoscenza del territorio e dell’intraprendenza di alcuni elementi. Da qui la storia di Morte Bianca.

Simo Häyhä divenne un eroe per l’intera nazione, fu considerato simbolo di questa guerra anche dalla stampa estera. La sua bravura era dovuta anche alla novità dei suoi metodi: divenne famoso per la sua tecnica particolare, che consisteva nel non salire sugli alberi, ma acquattarsi a terra, ricoprendo il fucile con della neve e mettendone un poco in bocca per evitare la condensa del respiro. Inoltre, il fucile da lui utilizzato non possedeva un mirino telescopico, che avrebbe potuto riflettere la luce e renderlo visibile ad eventuali ricognitori nemici. Nonostante questa mancanza, però, la Morte Bianca riuscì ad eliminare almeno 550 soldati (800 secondo i rapporti russi dell’epoca), alcuni a ben 400 metri di distanza, anche grazie alla tattica russa di avanzata con tanti uomini in riga.

La sua carriera militare finì quando un proiettile esplosivo lo colpì vicino al volto, sfigurandolo e mandandolo in coma, fino al suo risveglio, avvenuto qualche giorno dopo l’armistizio tra Russia e Finlandia. Ritiratosi dalla vita militare, divenne un addestratore di cani fino alla sua morte, avvenuta l’1 Aprile del 2002. Ancora oggi viene celebrato come eroe e come innovatore nel combattimento, una vera «sentinella d’argento» che ha combattuto per difendere la sua casa.