Il Salvator Mundi, il dubbio più costoso della storia

Di Virginia Monteleone – Lo scorso novembre all’incanto da Christie’s è stato battuto per 450 milioni di dollari il Salvator Mundi attribuito al maestro Leonardo da Vinci. Fin qui pare tutto normale escludendo la cifra record in assoluto per la vendita di un opera d’arte.

Forse tutti non sanno che le vendite all’asta sono spesso tematiche, e queste si dividono nelle categorie degli “Antichi maestri”, “arte moderna”, “dopo guerra” e “contemporanea”. L’ormai famosissimo Cristo benedicente è stato presentato ad un’asta serale di arte contemporanea. A partire da questa scelta di Christie’s analizzeremo le motivazioni di ogni mossa fatta per accrescere la notorietà del Salvator Mundi. Potrebbe essere il falso più costoso della storia!

Ma prima, soffermiamoci su qualche cenno storico. L’opera è databile 1499 e presumibilmente dipinta da Leonardo da Vinci, poco prima di abbandonare Milano per la caduta della famiglia Sforza. Alcune fonti riportano come l’opera, dopo l’occupazione francese di Milano, era finita in un convento di Nantes. Quando la copiò Hollar invece si trovava nelle collezioni di Carlo I d’Inghilterra. Con la decapitazione del re le sue collezioni vennero in larga parte disperse all’asta.

Il lungo viaggio dell’opera. L’esistenza del Salvator Mundi era nota per un’incisione del Seicento che lo riproduceva, ma se ne erano perse le tracce fino a un’epoca recente, dove riapparve al Metropolitan Museum per una valutazione e poi al Museum of Fine Arts di Boston, dove però non si pronunciarono. Nel 2010 è stato infine portato alla National Gallery a Londra, dove un team di stimati studiosi – tra cui Martin Kemp, professore emerito di storia dell’arte all’Università di Oxford e noto studioso di Leonardo – affermarono con certezza la sua autenticità e decisero di procedere al restauro e di esporre l’opera alla grande mostra monografica sul Da Vinci che si tenne nel museo londinese il 9 novembre 2011.

La notizia non tardò a fare il giro del mondo e alcune riviste azzardarono una valutazione dell’opera di 200 milioni di dollari. Nell’estate 2013 l’opera fu venduta per 75 milioni di dollari e infine nel novembre 2017 venduta all’asta da Christie’s per 450 milioni di dollari dal presidente della squadra di calcio AC Monaco Dmitri Ryobovlev che l’aveva acquistata per 108 milioni di euro. A comprarla per 450 milioni di dollari è stato un principe saudita, Bader bin Abdullah bin Mohammed bin Farhan al-Saud per poi destinarlo al nuovo museo gemello del Louvre parigino nella capitale degli Emirati Arabi Uniti, il cosiddetto “Louvre delle sabbie”, ad Abu Dhabi.

I dubbi. Dobbiamo soffermarci su un dato: nonostante gli stimati studiosi della National Gallery abbiano attribuito l’opera al maestro Leonardo, non possiamo sottovalutare il parere di altri stimati studiosi che hanno messo in bilico l’autenticità del dipinto.

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Già nel 2013 l’accademico Frank Zöllner, dell’università di Lipsia, aveva scritto che a suo avviso il Salvator Mundi poteva essere «una riproduzione di alta qualità della bottega del Maestro», oppure opera di un seguace. Michael Daley di ArtWatch UK, sulla stessa lunghezza d’onda, aveva dichiarato: «Non ci sono abbastanza prove per dimostrare che sia di Leonardo. Il suo percorso iconico è andato verso un maggiore naturalismo e una maggiore complessità della postura dei personaggi, come teste e spalle che si girano e movimenti vari. Il Salvator Mundi, invece, è piatto, come un’icona».

Recentemente lo studioso Walter Isaacson, pone al mondo della storia dell’arte una domanda sensata quanto provocatoria: perché il Da Vinci, che era artista, inventore, scienziato e ingegnere, avrebbe mostrato «una così inusuale distrazione» nel dipingere quel solido? «Da un lato, la sfera è rappresentata con precisione scientifica, ma Leonardo ha sbagliato nel riprodurre la distorsione ottica provocata dal guardare tramite una sfera trasparente gli oggetti che si pongono dietro e che non sono in contatto diretto con l’orbita» scrive nel saggio Isaacson. Il braccio, la mano e le vesti visti attraverso la sfera sarebbero dovuti apparire deformati a causa dell’illusione ottica data dal solido.

Inoltre proprio in quegli anni, Leonardo stava studiando – e ossessivamente – i principi ottici e come la luce riflette e si rifrange. Insomma, quello di Leonardo nel Salvator Mundi sarebbe proprio un errore incredibile per lui, tanto più sfogliando i suoi taccuini pieni di disegni e proiezioni sul tema. In più c’è chi dichiara che nelle operazioni di restauro ci sia stato un eccesso creativo, cercando di ricreare in laboratorio gli espedienti tecnici del maestro, ma in maniera grossolana.

Christie’s, pronunciandosi sul dubbio dato dalla sfera, ha ammesso la stranezza ottica del dipinto, ma ha replicato: «Crediamo che Da Vinci abbia scelto di non seguire le regole per non creare una distrazione all’interno del dipinto».

Un’asta sbagliata? Sorge spontanea una domanda: perché effettuare la vendita di un originale Old Master in un’asta di arte contemporanea? Secondo alcune teorie la vendita nella sezione contemporanea è stata una mossa per eludere i controlli sull’opera. Ma possibile che una casa d’aste così rinomata e stimata ricorra a questi giochetti per vendere un dubbio?

Una manovra commerciale? Un’altra teoria è che ci sia stata la volontà di creare grande rumore intorno all’opera – anche anni prima della vendita all’asta – per accrescere la fama di questo dipinto. Bene o male, basta che se ne parli. Un po’ come avvenne dopo il primo furto della Gioconda; dopo il ritrovamento divenne l’opera più famosa di sempre.

Ovviamente alcune di queste fonti vogliono rimanere nell’anonimato, perché intorno a questa grande manovra di vendita girano diversi milioni oltre quelli spesi per l’acquisto. O magari non vogliono essere citati in tribunale per una querela miliardaria.

Alla fine tutto rimane dentro un alone di mistero, come quello che spesso avvolge il mondo dell’arte: tra manovre di mercato per accrescere il valore di un’opera, espedienti per rendere le opere leggendarie, immortali, mettendo in secondo piano la tecnica o la bellezza estetica, ogni cosa riesce a muovere il valore dell’effimero, vendendo di una creazione solo l’aura, il proprio mito o persino un dubbio.