I difensori dei Diritti Umani: chi ha fatto la differenza

Senza rendercene conto il 2017 è giunto alla fine. La rubrica Stay Human, un’avventura iniziata da soli sei mesi, è nata con l’obiettivo di promuovere i Diritti Umani e denunciarne le violazioni. Per questo abbiamo scelto di finire l’anno parlando di figure che si sono distinte nel 2017 per la promozione di Diritti Umani, nonostante le violazioni siano continue e molto spesso silenziose.

Aura Lolita Chavez Ixcaquic: Conosciuta come Lolita, è un’attivista per i diritti umani e insegnante in Guatemala. Fa parte del Consiglio delle popolazioni Ki’che (CPK), un’organizzazione che si batte per la salvaguardia delle risorse naturali e dei diritti umani contro l’espansione delle industrie minerarie, del legno, idroelettriche e agricole nel territorio. Lei e la sua associazione sono state oggetto di minacce.

Bibata Ouedraogo: In Burkina Faso le donne non conoscono i loro diritti, anzi ritengono che questi siano un privilegio per i soli uomini, a cui le donne devono sottomettersi. Bibata Ouedraogo è una delle poche donne che insegna alle altre la contraccezione e la salute sessuale. Madre di sei figli, continua a lottare e lavorare per una società più egualitaria e giusta, in cui alle donne sia possibile garantire i propri diritti sessuali e riproduttivi.

Campagna Internazionale contro le Armi Nucleari (ICAN) è un’organizzazione non-profit fondata nel 2007 a Vienna che per «il suo lavoro nel portare l’attenzione sulle conseguenze umanitarie catastrofiche di qualsiasi uso delle armi nucleari e per i suoi sforzi fondamentali per ottenere un trattato che metta al bando queste armi» ha vinto il premio Nobel per la Pace 2017.

Can Dündar è un giornalista turco che negli ultimi anni si è battuto per la difesa della libertà di espressione in Turchia. Nel 2015 è stato arrestato insieme a un suo collega in seguito alla pubblicazione di un articolo in cui si sosteneva che i servizi di intelligence della Turchia avevano tentato di inviare armi ai gruppi ribelli siriani e non aiuti umanitari come sosteneva il presidente Erdoğan. Rilasciato nel Febbraio del 2016, è sopravvissuto a un tentato omicidio, è fuggito in Germania, dove continua a denunciare i soprusi subiti da lui stesso e dai suoi colleghi ancora in carcere in Turchia. Ci sono attualmente sei mandati di arresto contro di lui in Turchia. Can Dündar ha vinto il Golden Pen of Freedom nel 2017 per l’eccellente lavoro svolto nel sostenere i valori di una stampa libera denunciando i soprusi subiti dai colleghi turchi attualmente in prigione. Durante la premiazione ha affermato: “Vengo dalla più grande prigione per giornalisti del mondo: attualmente 150 dei miei colleghi sono dietro le sbarre in Turchia e l’imprigionamento di un membro della stampa intimidisce centinaia di altri”.

Dawit Isaak, giornalista e scrittore eritreo-svedese. Nel 1987 riceve asilo politico in Svezia e successivamente ne ottiene la cittadinanza. Appena dichiarata indipendente Dawit decide di tornare in Eritrea e inizia a lavorare come reporter del primo giornale indipendente del Paese. È stato arrestato durante una repressione politica e da allora si trova in carcere, ma non ha mai avuto un processo in tribunale. Poiché deteneva la doppia cittadinanza, le autorità svedesi attraverso una “diplomazia silenziosa” iniziarono a dialogare con le autorità eritree per la scarcerazione, ma questa strategia, oltre ad essere stata criticata, è risultata inutile. In diverse occasioni sono circolate voci sulla sua morte in prigione, ma non sono mai state confermate. Dawit Isaak è stato finalista del premio Sacharov nel 2009 e nel 2017, ha vinto il Golden Pen of Freedom nel 2011.

Eren Keskin è un avvocato e una difensora dei diritti umani turca. È stata accusata e imprigionata numerose volte durante la sua carriera e ancora oggi rischia fino a 100 anni di detenzione per aver più volte espresso la sua opinione, denunciando gli abusi e le violazioni dei diritti umani da parte del governo Turco. Il diritto alla libertà di espressione non è mai stato garantito in Turchia e chi la pensa diversamente dallo stato, è facilmente ritenuto colpevole di “reato di opinione”. Numerosi sono oggi gli intellettuali, giornalisti, scrittori e avvocati, detenuti per il semplice fatto di aver espresso la loro opinione. È stata caporedattrice del quotidiano curdo Ozgur Gundem, e per questo oggi, ci sono 140 processi contro di lei. Non può viaggiare all’estero, ogni domenica deve andare alla stazione di polizia per firmare.

FreeThe5KH è la campagna a favore di cinque attivisti dei diritti umani, Ny Sokha, Yi Soksan, Nay Vanda, Lim Mony e Ny Chakrya, rilasciati di recente dopo 427 giorni di detenzione preventiva, con la presunta accusa di aver corrotto una testimone in un caso riguardante il leader dell’opposizione della Cambogia. Sono in attesa di processo ma nel frattempo, oltre a non poter lasciare il Paese, continuano a lottare all’interno dell’associazione Cambogiana di cui fanno parte per lo Sviluppo e i Diritti Umani del Paese.

Helen Knott lotta, insieme alla comunità di cui fa parte, per impedire la costruzione di una diga nella Peace River Valley, in Canada, che causerebbe un danno permanente alle comunità native di quell’area. La diga inonderebbe oltre 100 km di terra dei nativi, terre che appartengono loro da circa 100 anni. Il Governo, sebbene sia a conoscenza del danno permanente che causerà alle popolazioni native di quell’area, ha autorizzato la costruzione di grande diga idroelettrica che minaccia la cultura dei nativi. Le comunità native stanno provando a dar voce ai loro diritti ma il governo non ascolta e la costruzione della diga prosegue.

Karla Avelar: Transgender, fondatrice della prima organizzazione delle donne transgender del El Salvador, Comca Vis Trans. Cresciuta per strada, ha subito discriminazioni, violenze, stupri e anche un tentato omicidio. Con la sua associazione ha denunciato le violazioni subite dalle persone LGBTI nel suo Paese, cercando di cambiare anche la legislazione nazionale e le pratiche delle autorità statali. Grazie alle sue battaglie è riuscita ad aiutare dei prigionieri LGBTI, garantendo loro sicurezza e cure per l’HIV.

Leyner Palacios Asprilla: leader comunitario e difensore dei diritti umani colombiano, ha fondato il comitato per i diritti delle vittime di Bojayá, nel dipartimento di Chocó, duramente colpite durante il conflitto colombiano. Ha cercato di mettere assieme queste comunità che da secoli, a causa della loro povertà e dell’isolamento, sono soggette a discriminazioni. Per il suo impegno sociale e politico è stato vincitore del Global Pluralism Award 2017.

Menchi Barriocanal e Óscar Acosta: Coppia di giornalisti che nel giugno 2017 è stata minacciata di arresto da parte del presidente paraguaiano Horacio Cartes, con una falsa accusa di istigazione alla violenza. Hanno subito diversi atti intimidatori, per i loro lavori di denuncia rivolti al Presidente intento a modificare la Costituzione in Parlamento in vista di una sua successiva rielezione. In seguito alla mobilitazione internazionale, le minacce di arresto da parte del presidente sono cessate ma è chiaro che la loro posizione è in costante pericolo.

Mohamed Zaree, attivista egiziano per i diritti umani, in particolare per la libertà di espressione e associazione. Dirige la sezione egiziana dell’Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani (CIHRS), da quando il governo egiziano ha costretto l’istituto a spostare la sede centrale a Tunisi. Nonostante quindi le forti pressioni messe in atto dal governo egiziano, proteso costantemente a reprimere i movimenti in difesa dei diritti umani, Zaree e il CIHRS hanno continuato ad occuparsi di educazione ai diritti umani e di iniziative di advocacy nazionale in Egitto. Gestisce anche il Forum delle ONG indipendenti egiziane per i diritti umani, al fine di unificare i movimenti umanitari operanti in Egitto, sviluppando approcci comuni. Dal 2016 non gli è permesso lasciare l’Egitto, la sua storia e il suo lavoro però viaggiano per il mondo, ed è così che nell’ottobre 2017 vince il premio Martin Ennals per il suo costante impegno nella difesa dei diritti umani, garantendogli così anche una visibilità e protezione internazionale.

Opposizione democratica in Venezuela: Negli ultimi anni il Venezuela sta attraversando una crisi politica che ha portato il partito al potere a continue limitazioni dello Stato di diritto e dell’ordine costituzionale. Nello stesso tempo, il numero dei prigionieri politici è salito a oltre seicento. Tra i prigionieri politici figurano leader di primo piano dell’opposizione quali Leopoldo López, Antonio Ledezma, Daniel Ceballos, Yon Goicoechea, Lorent Saleh, Alfredo Ramos e Andrea González. È a tutti loro che viene conferito il premio Sacharov 2017.

Stella Nyanzi è una attivista per i diritti umani ugandese che si occupa soprattutto di educazione e diritti delle donne. Ha lanciato Pads4girlsUg, un progetto che ha come obiettivo offrire informazioni sulla prevenzione e fornisce assorbenti alle ragazze che frequentano le scuole in Uganda che non si possono permettere di saltare neanche una lezione. Nel 2017 è stata arrestata e detenuta alla stazione di polizia di Kiira dopo aver usato il suo profilo Facebook per inveire contro il presidente dell’Uganda che durante la campagna elettorale aveva promesso di mettere a bilancio la fornitura di assorbenti per le scuole dell’Uganda e per criticare l’immobilismo della first lady sulla questione femminile. È stata accusata di uso improprio di un computer, di molestie informatiche e comunicazioni offensive violando la legge sui reati informatici promulgata nel 2011. È stata successivamente rilasciata con cauzione in attesa del processo che è già stato rinviato più volte (l’ultimo rinvio era per il 20 dicembre).

Sono tanti gli avvenimenti che hanno segnato l’anno nel bene e nel male: il primo gennaio, un’ora dopo lo scoccare della mezzanotte le nostre speranze e i nostri buoni propositi per l’anno nuovo sono stati spezzati a causa dell’attentato ad Istanbul; il Muslim Ban, primo ordine esecutivo firmato da Donald Trump, che ha sospeso l’ingresso negli Stati Uniti di cittadini provenienti da sette Paesi musulmani per tre mesi; i massacri in Congo e la crisi in Birmania; la liberazione di Raqqa dall’Isis da parte delle milizie curde, l’accordo tra Italia e Libia per il contenimento del flusso migratorio che ha intensificato le condizioni disumane nelle prigioni libiche; la vittoria di ideologie nazionaliste e xenofobe in quasi tutto il mondo che ha rafforzato divisioni.

Nonostante tutto siamo fiduciosi che ogni anno si possano fare passi avanti nella promozione dei Diritti Umani grazie a politiche attuate dalle istituzioni, ma anche nel nostro piccolo con l’uso delle buone pratiche individuali, per diffondere ed educare la popolazione al rispetto di quei diritti sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.

Valentina Pizzuto Antinoro e Martina Costa


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