La politica commerciale dell’amministrazione Trump

Di Francesco Paolo Marco Leti – A partire dalla vittoria della Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti sono stati definiti una potenza “benevola” che ha permesso il prosperare del suo blocco di riferimento attraverso politiche commerciali fondate sul multilateralismo e sulla creazione di organizzazioni internazionali. La creazione, all’indomani del conflitto, di due organismi tecnici quale il Fondo Monetario e la Banca Mondiale ed al contempo la nascita, a Bretton Woods, del GATT, sono esemplificativi di questa strategia. Proprio nel campo commerciale il susseguirsi delle presidenze, di colore politico differente, non ha mai modificato queste linee guida, al contrario, esse sono state approfondite attraverso la creazione e lo sviluppo di nuovi accordi commerciali regionali e nella trasformazione del vecchio GATT nel nuovo e maggiormente invasivo, WTO.

La vittoria alle presidenziali di Trump ha rappresentato un forte “colpo di spugna” a questa visione multilaterale. Uno dei primi atti della sua presidenza è stato quello di arenare definitivamente il Trattato Trans-Atlantico (TTIP) anche se, bisogna precisare, tale Trattato non godesse di ampi consensi neanche dalla parte europea dell’Atlantico, specialmente in Francia e Germania. A gennaio di quest’anno, il Presidente Trump, ha proseguito lungo questa linea, ritirando gli Stati Uniti dal Trattato Trans-Pacifico (TTP) e criticando fermamente il NAFTA dal quale ha minacciato il ritiro.

Contrariamente a quello che si pensa, questo atteggiamento è legato a una precisa visione di politica commerciale e non è per nulla estemporaneo, anzi, è una lucida strategia della sua amministrazione. Secondo i consiglieri economici della Casa Bianca, infatti, i trattati multilaterali hanno rappresentato per gli Stati Uniti un peso economico avvantaggiando commercialmente le controparti per ottenere in cambio un supporto all’egemonia politica statunitense. A suffragare questa ipotesi è il documento col quale vengono delineate le linee guida della politica commerciale per l’anno 2017. In esso si chiarisce in modo definitivo come gli organismi multilaterali non rappresentino per gli Stati Uniti un luogo vantaggioso dal punto di vista commerciale e che la presidenza preferirà creare nuovi accordi di tipo bilaterale con le controparti:

As a general matter, we believe that these goals can be best accomplished by focusing on bilateral negotiations rather than multilateral negotiations – and by renegotiating and revising trade agreements when our goals are not being met. Finally, we reject the notion that the United States should, for putative geopolitical advantage, turn a blind eye to unfair trade practices that disadvantage American workers, farmers, ranchers, and businesses in global markets”.

In alcuni punti del documento si mettono in discussione perfino alcuni cardini della partecipazione al WTO, soprattutto perché avvantaggerebbe la Cina, distorcendo il commercio mondiale. Naturalmente non si minaccia in alcun modo un ritiro dal WTO ma ne viene propugnata una profonda riforma.

La scelta di accordi commerciali bilaterali è stata fortemente utilizzata e diversi accordi sono stati stipulati su queste basi sia con paesi medio-orientali sia nel Pacifico. Molti di questi accordi hanno previsto la cessione di armamenti da parte americana verso nuovi e vecchi alleati su basi particolarmente vantaggiose per gli Stati Uniti.

L’obiettivo finale di questa strategia sembra essere un rientro, o quantomeno una drastica riduzione, dell’enorme disavanzo commerciale americano. In questo senso, però, la politica commerciale trumpiana potrebbe non avere successo: il dollaro è la valuta di riserva mondiale e, salvo che non abdichi da questo ruolo, difficilmente potrà avvenire il riequilibrio della bilancia dei pagamenti. In economia questo è chiamato “il dilemma di Triffin” secondo il quale è impossibile per uno Stato avere contemporaneamente una valuta di riserva negli scambi internazionali e la bilancia dei pagamenti in pareggio o in attivo.

In conclusione, mentre la possibilità di un riequilibrio della bilancia dei pagamenti resta una chimera, la fine di sessanta anni di politica commerciale multilaterale potrebbe realmente concretizzarsi e con essa molte delle fondamenta dell’egemonia statunitense.


 

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