Haiti e la sua perenne emergenza umanitaria

Haiti è uno stato che si trova nell’arcipelago dell’Antille situato nell’America Centrale, e ha una popolazione di 10 milioni e 317 mila abitanti. Era il 12 Gennaio del 2010, quando una scossa di magnitudo 7.0 sconvolse la piccola nazione haitiana provocando un numero di vittime che oscilla tra le più di 222 mila stimate dall’ONU e le 316 mila secondo il governo locale. La Croce Rossa ha affermato che il terremoto ha coinvolto le vite di 3 milioni di persone, ovvero quasi un terzo della popolazione totale della nazionale.

Le immagini delle città distrutte, specialmente i danni subiti dalla capitale Port-Au-Prince, fecero il giro del mondo e portarono ad una delle campagne umanitarie più imponenti della storia recente. Il terreno in cui le migliaia di ONG, la Croce Rossa e altre organizzazioni internazionali si apprestavano a lavorare non era soltanto provato dall’entità del terremoto, ma da una situazione di instabilità e insicurezza decennale che ha visto l’assenza di governi stabili, colpi di stato, occupazione militare degli USA e l’avvio di una missione di peacekeeping dell’ONU, la cosiddetta operazione “MINUSTAH”. Haiti è tutt’ora il paese più povero delle Americhe e uno dei più poveri al mondo. Le cifre di alcuni indici ci aiutano a comprendere la gravità della situazione. Secondo le ultime indagini sui tassi di povertà risalenti al 2012, 6 su poco più di 10 milioni di abitanti (il 59 per cento) vive sotto la soglia di povertà nazionale di 2.41 dollari al giorno, e il 24 per cento vive addirittura sotto la soglia di povertà estrema di 1.23 dollari al giorno. Ciò ci dice che l’83 per cento della popolazione versa in uno stato economico che rende impossibile condizioni di vita dignitose.

Uno dei temi più toccanti è sicuramente quello dei bambini fantasma. Già ben prima del terremoto, le cifre stimavano una presenza di 380.000 bambini orfani, numero che aumentò di altre migliaia dopo il disastroso evento sismico. La pratica diffusissima della mancata registrazione delle nascite al sistema sanitario (perché quasi inesistente o presente soltanto in alcune zone urbane) e la perdita dei documenti di quelli registrati a causa degli eventi che hanno colpito Haiti, hanno reso questa immensa popolazione di bambini impossibile da identificare. Questa situazione ha causato la tratta dei bambini al mercato nero, dove si usano anche documenti di nascita falsi. Sono circa in 250.000 i cosiddetti restavek, i piccoli schiavi del mondo odierno. Vengono trafficati e obbligati a lavorare per le famiglie come schiavi o servi; non hanno diritto di parola, possibilità di lamentarsi, come se dovessero essere riconoscenti verso la famiglia che li ha “ospitati.” L’80 per cento di essi sono bambine, considerate più adatte ai lavori di casa.

Anche sul versante sanitario, Haiti presenta una situazione molto problematica, e si situa agli ultimi posti al mondo per presenza di strutture sanitarie adeguate. Conseguenza delle scarse condizioni economiche sono la malnutrizione, fenomeno che affligge una larghissima fetta della popolazione, oltre che l’impossibilità di accedere all’acqua potabile, che riguarda meno della metà degli abitanti di Haiti.

Tra le cause maggiori di mortalità infantile c’è anche l’assenza di strutture ed educazione sanitaria per le donne in gravidanza, nonché l’estrema pericolosità delle malattie veicolate dall’acqua non depurata. L’UNICEF e molte altre organizzazioni si sono impegnate e sono tutt’ora coinvolte in massicce campagne di vaccinazione per proteggere gli abitanti da numerose malattie.

I dati analizzati ci dicono sostanzialmente una cosa: nonostante gli sforzi della comunità internazionale, anche questa soggetta a svariate critiche, sfociate poi in dossier e analisi che denunciano la gestione dei fondi post-terremoto, la situazione generale ad Haiti rimane estremamente critica su tutti i versanti. L’uragano Matthew, che ha colpito Haiti l’anno scorso, ha ulteriormente messo in difficoltà i già faticosi tentativi di miglioramento delle condizioni di vita degli haitiani, soprattutto riguardo l’emergenza abitativa, avendo l’uragano spazzato via numerose tendopoli già abitate dalle popolazioni sfollate del terremoto di cinque anni prima.

Davide Renda