Non fare la femminuccia, sii uomo

Di Gaia Garofalo – Diversamente da ciò che comunemente si può credere, esistono anche stereotipi che hanno come vittima il sesso maschile, solo per citarne alcuni: essere forte, non piangere, fare tanto sport, avere tante ragazze, non fare le faccende di casa, il rosa non è un colore da maschio, e così via.

È un meccanismo psicologico subdolo che interiorizziamo sin da piccoli di cui nemmeno ci accorgiamo e che mettiamo in atto – anche trasmettendolo agli altri – per tutta la vita. Un famoso pediatra italiano, Paolo Sarti, ha fondato l’associazione “Maschio per obbligo”, che interviene nelle scuole per sensibilizzare adulti e studenti. Non è un’impresa semplice se solo si pensa al bombardamento mediatico, genitoriale e formativo di luoghi comuni che si somministrano al bambino, come una pillola contro la malattia della “debolezza”.

I giocattoli dei maschietti sono camion, dinosauri, macchinine e videogiochi. Si insegna loro ad essere duri, protettivi e a sapersi difendere. Generalmente i bambini crescono con la convinzione che i ragazzi si possono divertire e le ragazze debbano aiutare con le faccende di casa; inoltre la maggior parte dei genitori, secondo le ricerche, non insegna ai propri figli come fare le faccende di casa. A tutti gli uomini piace lavorare sulle auto; da grandi non fanno gli infermieri, ma i medici; fanno i lavori sporchi – e mica il baby-sitter; gli uomini sono pigri, non gli piacciono la letteratura e le arti e non sanno cucinare.

La sociologa Erika Bernacchi spiega come la violenza sia un passaggio praticamente obbligato nella crescita maschile. Lo spogliatoio per esempio è un luogo cruciale in cui ci si aizza contro tramite offese reciproche e si sente il bisogno di distanziarsi dall’ipotesi di essere “frocio” per affermare la propria virilità.

Ma c’è anche una grande confusione comunicativa al riguardo, in cui s’incontra un’ambivalenza tra la cosiddetta “donna con gli attributi” di grande valore e la sensibilità dell’uomo che invece lo vede effemminato. Insomma, alla fine nessuno dei due ha una propria verità di sé: la “wonder woman” perfetta lo è solo se collegata ad un vigore maschile e, allo stesso modo, il “superman” della situazione è quello che non piagnucola mai.

E invece no, perché ogni persona è diversa, ha interessi diversi, ha sogni diversi, a prescindere dal sesso, perché questo è solo una parte di noi: non ci delinea, non ci disegna. Non è una passeggiata vivere in una società che etichetta te e tutto ciò che fai – che devi fare, che ti deve piacere fare – che tu sia una femminuccia o un maschiaccio. Le diversità non dovrebbero mai essere un altro modo per allontanarci e stanare ogni bruttezza, ma piuttosto il contrario: nessuno vi renderà migliori di ciò che siete già.