Vittorio Arrigoni, una vita per i diritti umani

Il 15 aprile del 2011 venne assassinato a Gaza l’attivista italiano Vittorio Arrigoni. La memoria di una vita dedicata a fianco della popolazione palestinese.


Vittorio Arrigoni nasce il 4 febbraio del 1975 in Brianza. Si diploma in ragioneria ma già all’età di vent’anni comincia il suo impegno che fin da giovane caratterizzerà poi tutta la sua vita, ovvero dedicarsi all’aiuto umanitario e la difesa dei diritti umani.

Le prime esperienze umanitarie lo portano in Europa dell’est e nell’Africa subsahariana con le Ong IBO, Soci Costruttori e Youth Action for Peace. Nel 2002 visita Gerusalemme con l’Ong IPYL (International Palestinian Youth League) e a questo viaggio risale l’episodio in cui si pone come scudo umano contro dei carri armati israeliani che stavano per demolire una scuola piena di bambini.

Da quel viaggio in poi comincia a criticare duramente sia la politica teocratica e autoritaria del movimento di resistenza Hamas che il comportamento delle forze israeliane nella Striscia di Gaza. Vittorio supporta la soluzione binazionale a cui si dovrà arrivare attraverso azioni pacifiche e non risposte militari da entrambe le parti.

Dal 2003 entra a far parte del movimento ISM (International Solidarity Movement). Il suo impegno per la difesa dei palestinesi nella Striscia di Gaza diventa vivido e nel 2005, a sua insaputa, viene inserito nella lista nera delle persone sgradite ad Israele. Per tale ragione, viene fermato al confine della Giordania nel 2006, rapito dai militari israeliani che lo picchiano e poi lo abbandonano.

A seguito di una interrogazione parlamentare in Italia sull’accaduto, Vittorio commenterà che «Amos Oz (scrittore israeliano) in una email mi spiegava tranquillamente che la nostra presenza è sgradita a Israele perché siamo stati testimoni di moltissimi crimini contro l’umanità compiuti dall’esercito israeliano ai danni di civili, per cui, teoricamente, chiamati da una corte internazionale come la corte dell’Aja a testimoniare potremmo incriminare ufficiali, esponenti dell’esercito israeliano, per crimini di guerra. Per questa ragione Israele ci tiene che non ci siano testimoni in Palestina, in West Bank e a Gaza».

Nel 2008 tornerà a Gaza e da lì intraprenderà un’attività costante di informazione attraverso PeaceReporter, InfoPal, Radio 2 (Caterpillar), Radio Popolare, il quotidiano Il Manifesto e il suo blog Guerrilla Radio. Racconta di come la popolazione di Gaza sia impossibilitata ad uscire dalla Striscia, di come l’acqua e il cibo vengano razionati, di quanta sofferenza stia subendo l’intera Striscia a causa della schiacciante offensiva delle forze israeliane, in particolare durante l’operazione militare Piombo Fuso del 2009. Nello stesso anno Arrigoni pubblica “Gaza. Restiamo Umani” una raccolta dei suoi reportage da Gaza. Qui una serie di citazioni tratte dal libro: 

«Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo “civile”, in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. C’è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto. Restiamo umani»

«Ho una videocamera con me ma ho scoperto oggi di essere un pessimo cameraman, non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perché piango anche io»

«Israele ha trasformato gli ospedali palestinesi in tante fabbriche di angeli. […] Quei corpicini smembrati, quelle vite potate ancora prima di fiorire saranno un incubo per tutto il resto della mia vita, e se ho ancora la forza di raccontare della loro fine è perché voglio rendere giustizia a chi non ha più voce, forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare. Restiamo umani».

Del suo ultimo viaggio da casa nel 2009, prima della sua ultima partenza per Gaza che si terrà nel 2010, sua madre narra che «Noi eravamo preoccupati, ma non gli avremmo mai impedito di andare. Era la sua vita. Nonostante avesse visto tanta violenza e tante atrocità, la sua sfrenata passione per i diritti umani lo riportava sempre lì. Si sentiva amato dalla gente, accettato da tutti. Mi disse una volta che se non fosse tornato a Gaza, sarebbe andato altrove a cercare qualcuno da aiutare». 

Tornato a Gaza, continua ad operare in difesa dei “fratelli palestinesi” come li chiamava lui. Nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 2011 venne rapito da una cellula “impazzita” di jihadisti salafiti, ed il suo corpo venne ritrovato senza vita il giorno dopo il rapimento. Le motivazioni del suo omicidio non sono mai state rese chiare dalle indagini condotte da Hamas; tuttavia, vennero individuati quattro responsabili e due di loro furono condannati all’ergastolo. La sua morte suscitò lo sdegno in tutto il mondo, e a Gaza Arrigoni ricevette il “saluto solenne” delle autorità.

«Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana» (Vittorio Arrigoni).


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