L’Ue tenta “la quadratura del cerchio” per gli immigrati: si comincia dalle Ong

Di Daniele Monteleone – È arrivato il via libera dell’Unione europea per il “codice di condotta” riferito alle Organizzazioni Non Governative che effettuano le operazioni di soccorso in mare per i migranti.

La notizia arriva da fonti qualificate – e attendibili – del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno italiano. Nella riunione di Bruxelles del 13 luglio alla quale ha partecipato una delegazione del nostro Paese, rappresentanti di Frontex e della Commissione europea è stato possibile approvare un testo che prevede le nuove regole che consentiranno di disciplinare l’attività svolta dalle Ong nel Mediterraneo. Si tratta di un piccolo passo nel quadro generale della gestione della migrazione africana-mediorientale verso l’Europa.

 Quale codice? Accolto positivamente già al vertice dei Ministri degli Interni a Tallinn, le nuove regole rappresenterebbero una guida contenente indicazioni precise e principi di azione. Secondo quanto trapelato nelle ultime ventiquattro ore, sarebbero stati definiti: il divieto di entrare nelle acque libiche a quello di trasferire i migranti soccorsi su altre navi, una certa regolamentazione dei segnali luminosi, i criteri di individuazione delle fonti di finanziamento, il possesso di certificazioni di idoneità tecnica, l’obbligo di trasmissione delle informazioni utili alle autorità di polizia italiane per l’attività investigativa.

A chi non volesse sottoscrivere il documento – rispetto alle dichiarazioni in merito – potrà essere vietato l’attracco nei porti italiani. Ma non sapremo con precisione il contenuto delle disposizioni finché non verranno pubblicate le carte ufficiali, necessarie per ragionare intorno alle reali intenzioni politiche sulla questione immigrazione all’indomani di un simile accordo.

A questo punto serve l’appoggio delle stesse Ong a questo tentativo legalizzato di smorzare l’intervento delle organizzazioni di intervento umanitario. MSF, la prima delle organizzazioni a dare una risposta alla notizia annunciata già a Tallinn, ha espresso il proprio malumore nei confronti dell’accordo, il quale aumenterebbe le morti in mare – a quanto detto dichiarato da vertici di Medici Senza Frontiere – per la possibilità che le navi di salvataggio in mare diminuiscano drasticamente.

Dal colosso umanitario hanno dichiarato: “Se questo codice di condotta fosse attuato ci sarebbero meno navi disponibili nell’area di ricerca e soccorso e questo potrebbe condannare le persone in pericolo nel Mediterraneo a una morte certa”. Proseguendo nell’intervento si legge: “Supportiamo qualsiasi sforzo volto a migliorare il coordinamento delle organizzazioni umanitarie in mare, se questo verrà condotto in modo partecipato e con l’ambizione di migliorare concretamente la qualità delle operazioni di soccorso. Ciò detto, rifiuteremo qualsiasi misura che potrebbe aggiungere ulteriori restrizioni alla già sovraccarica capacità di salvare vite nel Mediterraneo o che mirano a nascondere la sofferenza delle persone disperate in Libia”.

La minaccia di chiusura dei porti, nella presa di posizione del governo italiano di pochi giorni fa, è stata più di una frase gettata nella confusione europea, e parte di un programma ben più vasto che va oltre i confini nazionali, se non continentali. L’arrivo di immigrati è destinato a rimanere allarmante, soprattutto per l’immobilismo economico-politico di molti paesi del continente africano.

La strategia europea per la gestione del fenomeno migratorio – la più plausibile – avrebbe come azione utile all’obiettivo del lungo periodo l’intervento economico diretto in Africa (e per questo basti consultare i dati pubblicati da Mario Giro, viceministro degli Affari Esteri, sugli investimenti in Libia, per i quali l’Italia è la prima, ben più “generosa” della Francia, prima a bombardarla nel 2011). Nel medio periodo la stabilizzazione della Libia avverrebbe attraverso il controllo (reale) dei confini libici, delle coste da parte del governo libico, anche con l’aiuto internazionale. Nel breve periodo un intervento al quale si mira è la modifica del programma Triton, con l’aggiunta della chiusura dei porti in favore di un rafforzamento della Guardia Costiera libica.

Nell’immediato si sta cercando di ostacolare le ONG con provvedimenti limitanti (per quanto si può prevedere dall’accordo ancora non esposto nelle sue parti specifiche), critiche a pioggia e un’ostilità mai quanto adesso uscita allo scoperto. Il livello delle ONG è solo la punta dell’iceberg della difficilissima operazione di fortificazione europea.


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