Emanuela Loi, un angelo biondo al servizio dello Stato

 

Una cascata di riccioli biondi, un sorriso aperto al mondo e un’autentica passione per la vita, una divisa troppo larga per una ragazzina, la fierezza e l’orgoglio negli occhi lucenti di chi vuole difendere lo Stato: guardando l’immagine più nota di Emanuela Loi, si coglie questo e tanto, tanto altro.

Una ventiquattrenne bella, innamorata del suo Paese, sorridente e fiera di indossare la sua divisa da poliziotta. «Quella è l’immagine del giuramento, nel settembre 1989, a Trieste. Manuela era proprio minuta, e le veniva tutto enorme: la camicia, la gonna, il berretto, la cravatta. Era mia madre a prendere ago e filo e a metterle gli abiti a misura. Ma la sua divisa, quella risistemata e accorciata, quella con il suo profumo, non è più tornata a casa. La chiedemmo alla polizia e ce ne mandarono una qualsiasi, solo il basco forse era il suo»: così ha riferito Claudia Loi, in un libro in memoria della sorella (“L’altra storia”, Laura Anello).

Emanuela Loi è la prima agente donna della Polizia di Stato a essere stata uccisa in servizio: è morta il 19 luglio 1992 a Palermo. Un giorno in cui, assieme ad Emanuela, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina e il giudice Paolo Borsellino è morto un po’ anche lo Stato italiano.

Emanuela era di Sestu (Cagliari) e non era nei suoi sogni diventare poliziotta: accettò la proposta della sorella Claudia, più grande di un anno, di unirsi al concorso forse più per fare una gita nel “continente”. Quel concorso, lei, brava come poche, lo vinse. All’età di ventiquattro anni, venne trasferita a Palermo: le affidarono i piantonamenti a Villa Pajno, a casa dell’onorevole Sergio Mattarella, la scorta alla senatrice Pina Masaino e il piantonamento del boss Francesco Madonia.

Nel giugno del 1992 venne affidata a Paolo Borsellino. Quando la conobbe il magistrato palermitano, stupito per la giovane età e l’aspetto minuto della Loi, scherzando le disse: «Mi dia la pistola che la proteggo io. Forse è meglio». Emanuela aveva paura del nuovo incarico eppure, dopo la strage di Capaci, tentò di rassicurare i suoi genitori assicurando loro che non le sarebbe successo niente di brutto: Borsellino doveva essere il magistrato più protetto al mondo. Magari questo compito avrebbe, poi, favorito il riavvicinamento in Sardegna.

Invece, in un’altra tristemente nota strage, quella di Via D’Amelio, la mafia le ha rubato la vita. Emanuela venne strappata ai suoi genitori, Virgilio e Alberta, a suo fratello Marcello e a sua sorella Claudia, al fidanzato Andrea.

Claudia Loi ha dichiarato: «Voglio rendere omaggio a Emanuela, voglio ricordarla e commemorarla ogni giorno. Non solo perché è stata la prima donna in Italia affidata al servizio di scorta, e la prima a morire in servizio, ma perché assieme alle altre vittime delle stragi di mafia e terrorismo, e assieme a chi fino a oggi ha pagato con la vita per difendere lo Stato e i valori democratici, è un esempio, grande e semplice allo stesso tempo; l’esempio di una donna giovane, quanto me, mia sorella, o la mia migliore amica, che ha semplicemente svolto il suo dovere fino in fondo senza mai tirarsi indietro, nemmeno quando la sorte l’ha mandata a Palermo».

Da anni Claudia tiene vivo il ricordo di sua sorella nelle scuole anche grazie a Libera, l’associazione contro le mafie. «Preposta al servizio di scorta del giudice Paolo Borsellino, pur consapevole dei gravi rischi cui si esponeva a causa della recrudescenza degli attentati contro rappresentanti dell’ordine giudiziario e delle Forze di Polizia, assolveva il proprio compito con grande coraggio e assoluta dedizione al dovere. Barbaramente trucidata in un proditorio agguato di stampo mafioso, sacrificava la vita a difesa dello Stato e delle Istituzioni»: queste le motivazioni che sono valse la medaglia d’oro al valor civile ad Emanuela il 5 agosto del 1992.

Ancora prima che una custode della giustizia, una “serva dello Stato” nel senso reale del termine, non nell’accezione negativa che viene data nei cortei, Emanuela era una ragazza coi suoi pregi, magari i suoi difetti, coi suoi sogni e i suoi progetti da realizzare. Aveva una vita: la mafia gliel’ha tolta. Non resta che ricordarla e prendere esempio.

Di Annarita Caramico


 

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