Il punto sul G20 di Amburgo

Di Adriana Brusca – Il 7 e l’8 Luglio scorso, i vertici esecutivi del G20 si sono riuniti ad Amburgo, in Germania. I rappresentanti politici hanno adottato una Dichiarazione che si è concentrata su tre fronti: il primo, dedicato agli aspetti economici e finanziari, ha posto l’obiettivo di “costruire la resilienza”, sviluppando un mercato comune, regolamentato, accessibile e trasparente.

Il secondo, rubricato “migliorare la stabilità”, partendo dall’implementazione dei target dell’Agenda ONU 2030, getta le basi per la riduzione e l’estinzione della diseguaglianza di genere e per un più diffuso accesso al mondo del lavoro, trattando, altresì, la delicata questione dei cambiamenti climatici e la necessità di sviluppare forme di energia sostenibile, che contribuiscano alla creazione di un sistema produttivo che garantisca un ambiente salubre. Il terzo capitolo è incentrato sulla lotta al terrorismo e sui finanziamenti alle attività terroristiche, dedicandosi, inoltre, alla questione migratoria e lanciando il G20 Africa, che prevede un più equo sfruttamento delle risorse, improntato sui criteri dell’efficienza e della sostenibilità.

La Dichiarazione si apre con un preambolo, all’interno del quale gli Stati rinnovano la loro volontà a cooperare e ad agire congiuntamente, per rispondere efficacemente alle nuove sfide globali.

La prima parte della Dichiarazione, prende in considerazione lo sviluppo tecnologico e la globalizzazione, quali fattori indispensabili per una crescita economica mondiale: sebbene siano stati già raggiunti alcuni target, la condivisione dei benefici derivanti dalla globalizzazione non ha ancora raggiunto un livello apprezzabile, tale da ridurre le diseguaglianze nel pianeta. Sorge, così, la necessità di cooperare con i mercati e le economie emergenti, in applicazione delle regole del diritto internazionale.

In ambito commerciale, i leader del G20 hanno pattuito un duplice obiettivo: il primo, volto all’eliminazione di ogni forma di discriminazione nel mercato e alla lotta contro le pratiche commerciali sleali e contro il protezionismo; il secondo, finalizzato alla promozione di un ambiente che incentivi gli investimenti economici e che dia nuova linfa allo sviluppo globale. Nella sezione dedicata alla crescita economica, si manifesta la necessità del contenimento del debito pubblico e dello sviluppo di riforme strutturali che rendano il sistema più efficiente e produttivo; disposizione, questa, fortemente voluta dalla cancelliera tedesca. 

Sul versante finanziario, si intende rafforzare la resilienza, ossia la capacità del sistema economico di tornare alla situazione antecedente allo shock provocato dalla crisi del 2008. Occorre, a tal fine, concordare degli standard internazionali ai quali è necessario omologarsi, provvedendo all’attuazione tempestiva, piena e coerente dell’Agenda di riforma del sistema finanziario.

Viene, altresì, affrontata la spinosa questione concernente il “sistema bancario ombra”, ossia quel complesso di mercati, istituzioni e intermediari che erogano servizi bancari, senza essere sottoposti alla relativa regolamentazione. Notevoli progressi, ammettono i leader, sono stati compiuti per affrontare i rischi derivanti dalle operazioni bancarie in ombra, ma è sempre più incessante l’esigenza di analizzare accuratamente gli effetti e le conseguenze globali delle riforme finanziarie.

Assume rilevanza, all’interno di questo quadro, anche la sicurezza informatica, che ha lo scopo di impedire che possano esservi danni alla finanza e all’economia.

Il secondo capitolo della Dichiarazione si incentra su molteplici aspetti, in primis quello inerente l’energia e il cambiamento climatico. Si parte dal presupposto secondo il quale vi è una stretta correlazione tra un’economia forte e un pianeta sano: questi due fattori, secondo i rappresentanti politici, si rafforzano reciprocamente. L’innovazione, la crescita sostenibile e la creazione di posti di lavoro hanno la funzione di incrementare gli investimenti nelle fonti energetiche sostenibili, nel più ampio quadro di una green economy in espansione, improntata su una massima efficienza energetica e su una ridotta emissione di gas nocivi. I membri del G20, richiamando i principi sulla collaborazione energetica, riaffermano il ruolo centrale della sicurezza energetica nel processo di trasformazione da un’energia tradizionale ad un’energia sostenibile, che produca un miglioramento effettivo della qualità della vita delle persone e che garantisca loro la massima tutela del diritto fondamentale alla salute, che si esplica anche nella possibilità di realizzare la propria personalità all’interno di un ambiente salubre.

Per porre in essere concretamente quanto stabilito nella Dichiarazione, partendo dagli obiettivi fissati all’interno dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, si invoca alla cooperazione internazionale volta allo sviluppo, all’implementazione e alla commercializzazione di tecnologie sostenibili, che agevoli i finanziamenti, per promuovere l’accesso universale ad un’energia affidabile e pulita.

Tra le più recenti vicende politiche inerenti tale questione, vi è il già annunciato ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi che, come nello scorso G7 tenutosi a Taormina, si sono avvalsi della clausola sulla revisione in corso delle proprie politiche ambientali. I leader politici affermano che l’Accordo è irreversibile, ma gli USA hanno confermato la loro posizione, con l’impegno, tuttavia, di abbassare comunque le emissioni di gas, di sostenere la crescita economica e di migliorare la sicurezza energetica, poiché, in considerazione dell’importanza della disciplina anche all’interno del territorio statunitense, risulta comunque necessario lavorare in stretta collaborazione con altri Paesi e contribuire a sviluppare  un sistema di distribuzione delle fonti rinnovabili che sia maggiormente equo.

Con riguardo al fenomeno terroristico, i vertici dell’esecutivo, nel tentativo di adottare misure  più concrete, hanno fissato cinque obiettivi ad ampio spettro: in primis, si pone la necessità di cooperare affinché avvenga uno scambio di informazioni tra Stati, finalizzato ad una più agevole ricerca e cattura dei terroristi stessi; monitorare l’uso di internet e dei social network che, oggi, si pongono come mezzi di incontrollabile divulgazione di informazioni, tra le quali, alcune di esse, risultano altamente pericolose per la sicurezza pubblica; combattere qualsiasi forma di finanziamento, diretto ed indiretto, alle organizzazioni terroristiche; prevenire e ridurre il fenomeno della radicalizzazione, soprattutto in ambito giovanile, nonché aumentare il sostegno economico e istituzionale alle vittime del terrorismo. In merito alla lotta contro la radicalizzazione, è stata ribadita la centralità della promozione di una cultura della tolleranza e dell’integrazione politica e religiosa, che funga anche da fattore determinante per un corretto sviluppo economico e che possa essere d’ausilio nella cessazione dei conflitti armati tutt’ora presenti.

Il G20 si è pronunciato, inoltre, sull’attuale e sempre più rilevante questione dei flussi migratori, ma ha confermato la competenza statale nella definizione della politica migratoria e nella gestione delle frontiere. L’intento è quello di eliminare alla radice le cause primarie che determinano i flussi migratori, cooperando, mediante accordi internazionali o altri mezzi diplomatici, per la creazione delle condizioni necessarie affinché i migranti siano invogliati a restare all’interno dei loro Paesi di provenienza.

Tra le iniziative certamente interessanti, vi è il lancio del partenariato G20 Africa, nel più ampio quadro dell’Agenda 2030. Il fine è quello di realizzare una cooperazione mirata ad una crescita economica sostenibile ed inclusiva, che garantisca un più ampio accesso al mercato e ai servizi in capo a tutti i cittadini, costruendo i presupposti per ridurre ed eliminare la diseguaglianza di genere e la povertà; fattori, questi, che sono causalmente connessi al fenomeno migratorio. 

Emerge chiaramente come, al di là dell’enunciazione dei principi sopra elencati, sussiste una  consistente difficoltà, sia a giungere ad un compromesso comune, considerando la naturale tendenza degli Stati ad imporre i propri interessi, spesso divergenti, sia a garantire una concreta attuazione di quanto previamente pattuito. Nell’auspicio che la cooperazione internazionale a cui tanto si invoca sia effettivamente messa in atto dai Paesi, sarà necessario analizzare se questi target saranno recepiti a livello nazionale, come saranno disciplinati e quali vantaggi possano derivare dall’applicazione della normativa di riferimento.


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