La Guerra dei Sei giorni: una storia breve ma perpetua

Di Marco Cerniglia – La “Guerra dei Sei giorni” vide come protagonisti Israele da una parte, e Siria, Egitto e Giordania dall’altra. Chiamata così per la sua durata, iniziò il 5 Giugno del 1967 e contribuì con i suoi risvolti a definire, sotto molti aspetti, il Medioriente che oggi conosciamo.

Geograficamente, questa zona di mondo non è estranea da conflitti, almeno nell’età contemporanea: la nascita stessa di Israele, nel Maggio del 1948, è stata osteggiata dai Paesi del Vicino Oriente, la zona perlopiù arabofona che va dal Mediterraneo fino all’Iran e all’Arabia Saudita.

La “Guerra dei Sei giorni” è un altro risultato di questo aperto contrasto. La Crisi di Suez del 1956, dovuta al controllo dell’omonimo canale, aveva lasciato un forte clima di tensione, non aiutato dalle ambizioni politiche e militari di Gamal Abd-El Nasser, l’allora presidente egiziano, che dopo il fallito tentativo di nazionalizzare il canale di Suez era comunque riuscito a consolidare la sua posizione nel mondo arabo, cosa che impedì agli attriti tra Israele ed Egitto di placarsi.

Nel 1964 una serie di eventi rialzò la tensione: la Palestina rinacque politicamente grazie alla creazione dell’OLP, a Damasco salì al potere il partito Ba’Th, a favore dei guerriglieri armati palestinesi, e Siria e Giordania stipularono un accordo per creare una diga sul fiume Giordano, atto che avrebbe ridotto le risorse idriche di Israele.

I raid israeliani di risposta su Siria e Cisgiordania, tra la fine del 1966 e la primavera del 1967, spinsero l’Egitto a collocare le proprie truppe sul Sinai, ottenendo il ritiro delle forze dell’ONU e chiudendo gli Stretti di Tiran.  Nasser, con l’appoggio cauto dell’URSS, aveva intanto intensificato la sua propaganda anti-israeliana e si dichiarava pronto a muovere guerra su Israele. La minaccia verbale dell’allora generale Ariel Sharon di un colpo di stato militare convinse il presidente Eshkol a creare un governo di unione nazionale, mossa che ottenne l’appoggio tacito degli Stati Uniti e diede inizio alla guerra dichiarata.

Già il 5 Giugno, primo giorno di conflitto, i raid aerei israeliani avevano messo in ginocchio le forze aeree di Siria ed Egitto. La Giordania entrò in guerra a fianco dell’Egitto, bombardando con l’artiglieria Gerusalemme Ovest. Questo non fermò minimamente l’avanzata israeliana in Egitto, anzi aprì un fronte anche sulla Giordania che, persi tutti i territori palestinesi e lasciata Gerusalemme, capitolerà già il 7 Giugno, chiedendo accordi segreti per un cessate il fuoco.

L’8 Giugno vedrà la battaglia più sanguinosa e controversa del conflitto, ai passi di Giddi e Mitla: le brigate egiziane in ritirata furono bloccate e la carneficina che seguì portò alla distruzione della maggior parte dell’esercito egiziano. La presa degli Stretti di Tiran nello stesso giorno e il rischio di una possibile conquista del canale di Suez, convinsero Nasser ad accettare il cessate il fuoco richiesto dall’ONU. La Siria aderirà il 9 Giugno, dopo un fallito tentativo di approfittare del disordine per prendere il territorio del Golan.

Ancora oggi, è evidente come le successive dispute per la riassegnazione dei territori abbiano contribuito a lasciare acceso un conflitto che si perpetra nel tempo e che continua a fare notizia.


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