Esporteremo tutti sulla Luna?

La recente discussione apertasi in seno al governo circa un possibile “scambio” fra diminuzione delle tasse sul cuneo fiscale ed un aumento delle aliquote dell’Imposta sul valore aggiunto, permetterebbe di comprendere la ratio di alcune misure. In particolare, il Ministro dell’Economia Padoan ha spiegato come lo spostamento del peso fiscale dal cuneo verso le imposte indirette agevolerebbe le imprese esportatrici nazionali, giudicate, a torto o a ragione, più dinamiche e avanzate.

La ragione di questa scelta è presto spiegata: l’abbassamento del cuneo fiscale permetterebbe alle imprese un risparmio sul costo del lavoro con un maggiore margine di profitto sul prezzo finale o una diminuzione del prezzo che renderebbe maggiormente competitive le nostre merci sui mercati esteri, mercati nei quali l’aumento dell’IVA interna non avrebbe effetto.

Quello che però non è stato sottolineato è un altro fattore cioè il surplus che si genererebbe sulla bilancia dei pagamenti. Infatti, è proprio la contemporanea diminuzione del cuneo fiscale e l’aumento dell’IVA che potrebbero avere un effetto diretto sulla nostra bilancia dei pagamenti provocandone un surplus o quantomeno un miglioramento. Il motivo è spiegato dal fatto che, come abbiamo visto sopra, la riduzione del cuneo dovrebbe aumentare le nostre esportazioni e al contempo l’aumento dell’IVA dovrebbe deprimere i consumi. In questo modo una depressione dei consumi, andrebbe a colpire anche le merci importate che quindi diminuirebbero migliorando il saldo della bilancia dei pagamenti. L’effetto complessivo dello spostamento fiscale sarebbe duplice: favorirebbe, da un lato, le nostre esportazioni, sussidiandole, e, dall’altro, renderebbe meno appetibili le merci estere nel nostro mercato.

Ci troviamo di fronte a un provvedimento definibile “neomercantilista”. Un’operazione simile, cioè lo spostamento del peso fiscale dal lavoro alle imposte al consumo, era stata effettuata qualche anno fa dal governo tedesco (che di politiche neomercantili se ne intende) col chiaro obiettivo di sussidiare le esportazioni. È praticamente la stessa cosa che vorremmo fare noi adesso.

Naturalmente una misura del genere ha anche un rovescio della medaglia. L’aumento dell’IVA, infatti, ha un chiaro impatto sui consumi che ne soffrirebbero. A sua volta, questo comporterebbe una diminuzione della produzione, e, conseguentemente un aumento dei licenziamenti che avrebbero un ulteriore impatto negativo sui consumi. Questa dinamica può naturalmente essere controbilanciata dall’aumento delle esportazioni che, per essere soddisfatta, necessita di un aumento della produzione, quindi di un maggior numero di occupati che creerebbe un impatto favorevole sui consumi.

Come è evidente dalla descrizione precedente, questo tipo di manovra funziona se vi è un mercato mondiale che traina le esportazioni ovvero se ci sono paesi disposti a far peggiorare la propria bilancia dei pagamenti per sostenere la crescita dei propri partner commerciali. Queste manovre funzionano a traino di una politica commerciale aperta, con paesi che accettano la concorrenza delle merci straniere. Se però ogni paese mettesse in campo contemporaneamente misure “neomercantiliste” l’effetto finale che si potrebbe ottenere non sarebbe altro che una depressione dei consumi con una conseguente recessione. Questa situazione sembra essere quella che si configura a livello mondiale, nella quale si assiste ad un aumento delle misure protezionistiche o cripto-protezionistiche, persino negli Stati Uniti.

Alla fine, lo spostamento della tassazione dal lavoro ai consumi potrebbe diventare un boomerang, a meno che non si decida di esportare tutti insieme sulla Luna. Forse il mercato dei consumatori lunari potrebbe supplire le eventuali carenze di quello terrestre.

Francesco Paolo Marco Leti


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