La Turchia blinda i social media

Ultima di una serie di azioni eclatanti portate avanti dal governo turco in questi giorni, la mossa del presidente Erdoğan rappresenta un chiaro attacco alla libertà di espressione.


Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha ottenuto ieri l’approvazione di una legge che richiede a colossi del web come Facebook e Twitter la necessità di avere referenti locali, necessariamente cittadini turchi, che tengano sotto controllo i contenuti pubblicati, segnalandoli per la rimozione qualora necessario. 

Ad ognuna di queste aziende verrà anche imposto di archiviare i dati degli utenti turchi, per renderli più accessibili al governo e alla giustizia. Il decreto prevede inoltre multe, rimozione della pubblicità e riduzione di banda per i siti che dovessero violare le nuove norme.

Il governo giustifica la legge come uno strumento di collegamento più stretto con le aziende, un aiuto contro il cyberbullismo e una protezione dagli insulti verso le donne; i partiti di opposizione definiscono invece il decreto come una nuova censura, un nuovo attacco alla libertà di stampa già molto limitata del paese, con i principali media turchi in mano a imprenditori vicini allo Stato o allo stesso governo.

Amnesty International ha evidenziato come molti giornalisti di opposizione siano già da tempo rinchiusi nelle carceri turche e che imporre questo nuovo bavaglio potrebbe limitare ulteriormente la stampa indipendente, violando quelli che dovrebbero essere gli standard internazionali. 

All’inizio del mese di Luglio, Amnesty ha ricevuto tra l’altro un duro colpo per le sue attività all’interno del paese: 11 attivisti, tra cui i massimi vertici della ONG in Turchia, il suo ex presidente Taner Kilic e l’ex direttrice Idil Eser, sono andati a processo con l’accusa di terrorismo. Insieme ad altre due persone sono stati dichiarati colpevoli di aver fatto parte del movimento del predicatore Fethullah Gulen, indicato da Ankara come la mente del fallito colpo di stato dell’estate 2016, punto di svolta importante nella storia turca recente.

La Turchia di Recep Tayyip Erdoğan si ritrova da tempo con i riflettori puntati addosso; negli ultimi mesi, le restrizioni causate dal Covid-19 hanno ulteriormente peggiorato una situazione economica già disastrata, ma all’interno del paese, come in molti altri stati, si vive un momento di raccoglimento nazionale, portato avanti anche dalla recente e discussa decisione del presidente turco di riconvertire a moschea la ex basilica di Santa Sofia, con gran disappunto dei cristiani ortodossi di Grecia e Russia.

Un altro episodio controverso nella politica estera turca è l’esplorazione del mar Egeo, portata avanti con una flotta di 17 navi da guerra turche alla ricerca di gas in un’area contesa tra la Grecia e la Turchia, vicino l’isola di Kastellorizo. La Grecia ha accusato la Turchia di sconfinamento sul proprio territorio nazionale e solo l’intervento della Germania sembrerebbe aver placato questa nuova crisi.

La politica interna ed estera del governo turco, di cui la legge contro la libera pubblicazione sui social media rappresenta l’ennesima mossa, dipinge dunque un quadro sempre più fosco e difficile da ignorare che rischia di creare un nuovo fronte di tensione nei rapporti tra Europa e Turchia. In una fase così delicata, un simile scossone potrebbe avere conseguenze imprevedibili.