L’album consigliato: Spirit (2017), la rivoluzione dei Depeche Mode?

Di Valentino Billeci – La splendida trilogia curata in collaborazione col producer Ben Hiller composta da Playing The Angel (2005), Sounds Of The Universe (2009) e Delta Machine (2013), rappresenta uno degli apici creativi della band di Basildon.

Dopo 4 anni è uscito, il 17 marzo 2017, il  loro quattordicesimo lavoro in studio Spirit. Alla produzione è stato chiamato James Ford (noto per aver lavorato con gli Arctic Monkeys) che ha dato una nuova direzione alla musica dei Depeche Mode. Recuperando in parte il sound dell’elettronica tedesca dei primi anni del 2000, Martin Gore, Dave Gahan e Andrew Fletcher hanno creato un buon mix di materiale moderno e classico.

I 12 brani ( più 5 canzoni mixate dalla band stessa nella deluxe edition) toccano vari generi, dal synth pop al blues elettronico. Going Backwards, Where’s The Revolution, So Much Love, Poorman, No more e Fail (cantata da Martin) mantengono il classico tratto distintivo elettronico. Cover Me rappresenta uno dei migliori brani della discografia dei Depeche con un crescendo di sintetizzatori e tastiere in loop degno dei loro CD degli anni ’90. The Worst Crime, Scum, Eternal (ballata cantata da Martin)  e Poison Heart rappresentano invece il nuovo sound acustico e blues. Unico brano poco curato e definito è You Move,  un pezzo pop che poteva essere benissimo eliminato dalla scaletta. La riduzione degli effetti più pesanti ai sintetizzatori  rende il sonoro meno “sporco”, lasciando l’ascolto più accessibile ai neofiti, ma non sacrificando l’eleganza delle tastiere che contraddistingue il trio di Basildon.

L’aspetto più interessante ed innovativo del disco è rappresentato dai testi, tra i più oscuri e pessimisti della loro carriere musicale. Fatta eccezione per due vecchi brani come People Are People e Master and Servant, le parole dei Depeche Mode sono sempre state filosofiche ed introspettive, non toccando minimamente la cosiddetta “music engagèe”, ossia la musica che concerne tematiche sociali e politiche. Per la prima volt in Spirit, vengono affrontati temi come emarginazione (Poorman) e illusioni sociali (Where’s The Revolution?).

Secondo Martin Gore, autore della maggior parte dei brani, molte delle aspettative da parte delle persone sono state illuse e tradite ma non solo da parte dei governi o della politica, ma soprattutto da noi stessi. Sono gli esseri umani che devono mettersi in gioco e rendere pratico il cambiamento che si desidera. Molti parlano di “rivoluzione” ma nel concreto qual’è stato il risultato? Nel videoclip di Revolution  i Depeche Mode vengono rappresentati ironicamente con delle barbe in stile Karl Marx, simboleggiando l’ipocrisia delle teorie progressiste. Nel brano Going Backwards viene affermato che il genere umano sta “tornando indietro”, alla “mentalità degli uomini della caverne”. Il realismo dei testi riflette l’attuale situazione socio-politica del mondo soprattutto in Fail, dove viene analizzata un’era di incertezza e apatia sociale. Nel complesso Spirit è un ottimo album, con l’unico difetto di presentare ritornelli ripetitivi e blandi in alcuni brani( No More, Scum) che sarebbero andati strutturati meglio.

Alcuni vecchi fan resteranno delusi dal suono più orecchiabile, ma allo stesso tempo il disco presenta una raffinatezza nella registrazione in studio che non veniva percepita da Violator (1991) e Exciter (2001). Lo Spirit Tour della band comincerà il 5 maggio a Stoccolma e toccherà l’Italia il 25 giugno a Roma, il 27 a Milano ed il 29 a Bologna. L’ultimo lavoro dei Depeche Mode rappresenta una rivoluzione? Il giudizio finale resta all’ascoltatore, ma senza dubbio lo “spirito” musicale del trio inglese è rimasto intatto.

“We’re going backwards
Armed with new technology
Going backwards
To a cavemen mentality”

(Going Backwards)

Valentino Billeci