Sessantesimo Ue: a Roma si prova un nuovo compromesso

Sabato 25 marzo, nel sessantesimo del Trattato di Roma, è arrivata la firma della nuova freschissima Dichiarazione di Roma. A differenza di quanto accaduto dieci anni fa, per il cinquantesimo anniversario, in cui a Berlino firmarono solo i presidenti delle istituzioni europee, quest’anno l’accordo è stato preso direttamente nero su bianco dai Ventisette leader d’Europa. Si è trattato di un appuntamento speciale in uno dei momenti storici più complessi che l’Unione Europea abbia vissuto.

Elemento di particolare attenzione è stata la parallela visita a Milano del Papa, durante la quale il Sommo Pontefice Francesco ha attraversato confini fisici e invisibili, dalle periferie, agli ambienti carcerari di San Vittore, fino al Duomo gremito per la messa, dedicando la giornata al tema del “superamento delle differenze” in favore di accoglienza e integrazione. Temi che hanno abbondantemente attraversato anche la giornata romana, nonostante abbiano fatto notizia – decisamente di più – per il buon Francesco tra i Milanesi.

L’Unione Europea si ritrova ancora ad affrontare quelle sfide vecchie e di colpo divenute così urgenti: la filosofia dell’accoglienza e dell’aiuto di un “pianeta migrante” coniugata – non senza complicazioni – a un profondo lavoro di riforma eseguito sulla Sicurezza a livello sovranazionale basato su di una rinnovata collaborazione tra i Paesi membri. Sono sensazioni contrastanti quelle per la celebrazione di questi sessant’anni da un Trattato fondamentale come quello romano del 1957: sono i risultati non esattamente esaltanti affiancati ad alcuni obiettivi internazionali raggiunti a far storcere il naso agli osservatori politici. Specie per la lotta al terrorismo sul continente come nella complicata questione greca e nel capitolo immigrazione, le tensioni tra forze diametralmente opposte, quella del sostegno e della coesione e quella centrifuga rispetto al “progetto europeo”, sono indice della salute di questa Europa firmataria dei Compromessi di Roma 2017.

Quale Europa vogliono i Ventisette? Dal testo originale della dichiarazione arrivano le risposte – sotto formato di belle e gloriose parole – interpretate da buona parte della stampa come un tremolante passo avanti verso una politica comprensiva (nelle diverse accezioni del termine).

L’unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Fino a che l’Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in un’Unione allargata che ha superato le antiche divisioni. L’Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità.

È nella prima parte del documento la memoria, elemento utile a sottolineare “le antiche divisioni” da cui veniamo e “i vantaggi” di dove siamo, mettendo in chiaro sostanzialmente le sfide attuali per l’Ue: in primis l’antieuropeismo che regionalmente ha ancora un fascino irresistibile e che prossimamente sarà messo alla prova elettorale in appuntamenti eccellenti in Francia e Germania.

Proseguendo all’interno della dichiarazione si palesa l’Europa a due velocità:

Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile.

Sono quattro gli obiettivi, le linee guide da cui parte la rinnovata idea di Europa. In ordine, ridotte all’osso rispetto all’estensione degli annunci politici: la Sicurezza delle frontiere e la Sicurezza interna; la moneta unica come perno centrale dell’economia; libertà di circolazione e promozione di questa soprattutto per i giovani, oltre religioni e culture dentro il continente; partecipazione attiva alla cooperazione internazionale con un ulteriore accento sulla sicurezza e sull’industria della difesa, per la preservazione dei confini, dei propri valori e dei propri cittadini. Di seguito, testuali:

  1. Un’Europa sicura: un’Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un’Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
  1. Un’Europa prospera e sostenibile: un’Unione che generi crescita e occupazione; un’Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un’Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell’Unione economica e monetaria; un’Unione in cui le economie convergano; un’Unione in cui l’energia sia sicura e conveniente e l’ambiente pulito e protetto.
  1. Un’Europa sociale: un’Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l’integrità del mercato interno; un’Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un’Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un’Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l’esclusione sociale e la povertà; un’Unione in cui i giovani ricevano l’istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un’Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.
  1. Un’Europa più forte sulla scena mondiale: un’Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l’Africa e nel mondo; un’Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un’industria della difesa più competitiva e integrata; un’Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un’Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.

Le ultime parole – in conclusione della dichiarazione – “L’Europa è il nostro futuro comune” suonano forti e tutto sommato di buon auspicio, se non fosse che per alcuni osservatori sia una vera e propria minaccia. Sembra che mezzo secolo di sforzi siano serviti all’arrivo tanto desiderato della moneta unica per adagiarsi sull’Unione riuscita e vincente, ritrovandosi frammentata sulle diverse crisi che si sono abbattute e che si stanno abbattendo sul continente, mettendolo sotto la pressione di una doverosa “buona organizzazione” che è stata carente, umanitaria a rilento e poco coesa.

Daniele Monteleone