L’Erasmus: un mondo di colori

Di Ornella Guarino – Ricorre questo mese il trentesimo anno dalla nascita di un progetto europeo che vede ogni anno coinvolti moltissimi studenti di molte facoltà italiane ed europee; stiamo parlando del progetto Erasmus. Personalmente, due anni fa, ho avuto la fortuna di essere tra le studentesse che ha potuto vivere questa preziosa esperienza accademica e di vita.

L’Erasmus è oggi uno dei programmi europei di mobilità studentesca più conosciuto. Esso dà l’opportunità agli studenti universitari di andare a studiare in un altro paese europeo, grazie ad accordi stipulati tra i vari atenei dei 33 paesi aderenti al progetto stesso. È infatti possibile, attraverso la reale collaborazione tra gli atenei, studiare materie del proprio percorso di studi in un’altra lingua e vederle riconosciute nella propria facoltà.

Il programma nasce nel 1987 e prende il nome di Erasmus, acronimo di  European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Questo nome deriva anche dal famoso umanista Erasmo da Rotterdam, che viaggiò per molti anni in vari paesi europei per comprenderne le diverse culture.

Il progetto consente di partire per un periodo compreso tra i 3 e i 12 mesi in uno dei Paesi membri dell’Unione, ma recentemente sono state inserite nuove destinazioni come l’Islanda, la Turchia e la Norvegia, non ancora parte dei 27 Stati membri. Il tempo accordato viene dedicato ad attività di studio accademico, attività sportive ma anche di ricerca.

Grazie al programma Erasmus+, è inoltre possibile svolgere un periodo di internship presso aziende estere, per tutti quei ragazzi il cui curriculum universitario prevede periodi di stage, tirocini o periodi di formazione in campo lavorativo. I ragazzi selezionati attraverso un bando pubblico saranno i destinatari di una borsa di studio mensile in denaro, utile ad agevolare gli stessi nel sostenere i costi della vita nella città ospitante. Il denaro viene erogato agli studenti in mobilità in base al reddito dichiarato e al merito.

Mi ritengo fortunata ad essere una delle studentesse della cosiddetta “generazione Erasmus”. Sono partita per un solo semestre nel 2014 e posso vivamente affermare che fino ad oggi questa esperienza è stata una delle più formative e belle della mia vita, sia dal punto di vista accademico che dal punto di vista umano. Mi sono ritrovata in un ambiente che mai avrei sognato fosse così stimolante, multiculturale e diverso da quello di partenza. Ritrovatami infatti, in una cittadina del Netherlands chiamata Nijmegen, ho speso il mio tempo respirando l’aria di un territorio al centro dell’Europa, cosa che mi ha trasmesso principalmente il senso di appartenenza ad una comunità che prima non avevo, e che mi ha consentito di sviluppare aspetti del mio carattere rimasti celati fino ad allora.

Non è descrivibile cosa si prova in Erasmus, la velocità con cui passa il tempo ed il modo in cui lo si spende, la gente che incontri e che vive esattamente quello che vivi tu fa si che ci si senta vivi, pieni di energia e voglia di fare. È chiaro che essendo per molti una delle prime esperienze all’estero, lontani da tutti, non sempre è facile. Probabilmente, la cosa che risulta essere più difficile è proprio quella di vedersi costretti a rimboccarsi le maniche per prendersi cura di sé stessi e per sopravvivere nel nuovo ambiente. Tuttavia, i ragazzi che si lasciano scoraggiare dalle prime difficoltà e desistono dal confrontarsi con tutte le nuove realtà che l’Erasmus fa vivere risultano essere veramente pochi rispetto a tutti coloro i quali ogni anno presentano domanda e riescono a partire.

L’aspetto più bello di tutto ciò è la condivisione. Vivere in un alloggio per studenti mi ha fatto sentire per la prima volta un membro attivo dell’università efficiente e molto organizzata che frequentavo. All’interno del mio “appartamento” vivevano altre tredici tra ragazze e ragazzi, tra questi tre italiani, me inclusa. Ho avuto così modo di conoscere persone provenienti da paesi lontanissimi dal mio e con loro ho organizzato gruppi studio, pick-nick, pomeriggi in cucina a preparare i piatti più svariati e internazionali; ho legato in particolare con una ragazza, che ad oggi, dopo tre anni, considero una delle mie più care amiche.

L’Erasmus, oltre ad essere un periodo della vita che ti forgia, è anche un percorso di crescita, che se speso bene ti rivoluziona i sentimenti, i modi di vedere le cose e di interagire con la gente, aumenta le tua capacità relazionali ed affettive e la tua disponibilità alla mobilità, accresce la curiosità per il diverso e per ciò che non conosci. Ti concede spesso grandi occasioni per viaggiare, poco importa se fuori o dentro quella nazione, per un weekend o per un intera settimana: saranno viaggi che ti insegneranno chi sei, cosa ti piace e come vorresti diventare da grande, insomma rimarranno incisi nella memoria.

Ho imparato, in sei mesi, cose che probabilmente avrei imparato in molti più anni. Ho imparato  cosa vuol dire stare con tante persone totalmente diverse da te, ho imparato cosa significhi tolleranza e comprensione, ho imparato a distinguere un litigio da un discussione accesa in cui si scambiano idee contrastanti. Ho imparato ad ascoltare, arricchirmi e raccontarmi. Ho imparato ad essere meno critica e più aperta ad assaggiare pietanze con ingredienti mai visti, ho infatti imparato a mangiare tutto senza alcun pregiudizio per colori, odori o sapori.

Ho imparato che tutti possono trasmetterti qualcosa e che sta a te essere disponibile a scorgere cosa gli altri hanno da offrirti o da insegnarti. Ho imparato che l’Erasmus fa nascere l’amore per la conoscenza e per le culture diverse e ho imparato che l’Erasmus è prima di tutto la chiave vincente per capire cosa significhi avviare davvero un processo di integrazione in cui tutti si sentano parte di un insieme, in cui è ciò che è comune che ha importanza, ed è per questo che va migliorato e rispettato. Credo, inoltre, che l’Erasmus sia un esperimento di cui fai parte, ma che puoi allo stesso tempo guardare attraverso una lente di ingrandimento. Esso ti permette dunque di osservare, capire, interiorizzare ed esportare nella tua vita e nel tuo paese tutto quello che di bello e funzionale c’è al di fuori dal nostro quotidiano. L’Erasmus è senza dubbio un mezzo attraverso il quale sviluppare un occhio critico perché ti mette costantemente faccia a faccia con il confronto con altre realtà, questo ti porta anche a divenire cosciente di quello che non va nel tuo paese, nella gestione della tua università ed in generale quello che andrebbe cambiato nella vita che hai abitualmente condotto fino a quel momento.

L’Erasmus significa, per me, avere una valigia sempre pronta ad essere riempita di vestiti per le fughe improvvisate, ma anche di amici, di cose da mangiare, e di ricordi. Concluso questo folle periodo di esperienze, se intenso e bello come quello ho vissuto, non smetti più di fare valigie e non smetti più di amare gli altri ed i mille colori della vita e del mondo. L’Erasmus diviene così un modo di vivere che non abbandoni più: un esperienza che tutti nella vita dovrebbero provare e che personalmente mi auguro di rivivere presto una seconda volta!