L’8 Marzo: dal Women’s day allo sciopero globale delle donne

La memoria storica delle reali origini della manifestazione si è persa nel corso degli anni. La versione più diffusa sull’origine dell’8 marzo è il ricordo del rogo in una fabbrica di camicie a New York, in cui persero la vita centinaia di donne;  rogo mai accaduto ma che con probabilità viene confuso con quello nella fabbrica di Triangle del 1911 in cui morirono 23 uomini e 123 donne, per la maggior parte immigrate di origine italiana ed ebraica.

In realtà, già nel 1907 in occasione del VII Congresso della II Internazionale socialista, si discusse sulla questione femminile e sulla rivendicazione del voto alle donne. Su quest’ultimo argomento il Congresso votò una risoluzione nella quale si impegnavano i partiti socialisti a lottare per l’introduzione del suffragio universale delle donne, senza allearsi con le femministe borghesi. Dal 26 al 27 agosto, fu tenuta una Conferenza internazionale delle donne socialiste, nella quale si decise la creazione di un Ufficio di informazione delle donne socialiste: Clara Zetkin fu eletta segretaria e la rivista da lei redatta,  L’uguaglianza, divenne l’organo dell’Internazionale delle donne socialiste.

Negli Stati Uniti, la socialista Corinne Brown non condivise la decisione di escludere ogni alleanza con le femministe borghesi e scrisse, nel febbraio del 1908 sulla rivista The Socialist Woman, che il Congresso non avrebbe avuto alcun diritto di imporre alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione. Fu lei stessa a presiedere, il 3 maggio 1908, la conferenza tenuta ogni domenica dal Partito socialista di Chicago: quella conferenza, a cui tutte le donne erano invitate, fu chiamata «Woman’s Day» e si discusse dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto alle donne.  Il Partito socialista americano riservò l’ultima domenica di febbraio del 1909 all’organizzazione di una manifestazione in favore del diritto di voto femminile: negli Stati Uniti la prima giornata della donna fu celebrata ufficialmente il 23 febbraio 1909.

Le delegate socialiste americane, proposero alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste di istituire una comune giornata dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne. Mentre negli Stati Uniti continuò a tenersi l’ultima domenica di febbraio, in alcuni paesi europei come Germania, Austria, Svizzera e Danimarca, la giornata della donna si tenne per la prima volta il 19 marzo 1911 su scelta del Segretariato internazionale delle donne socialiste. Dopo le interruzioni avvenute a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, a San Pietroburgo, l’8 marzo 1917 le donne della capitale guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra. Per questo motivo, nel 1921 la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste a Mosca, fissò all’8 marzo la «Giornata internazionale dell’operaia».

In Italia la Giornata internazionale della donna fu tenuta per la prima volta nel 1922, per iniziativa del Partito comunista, che la celebrò il 12 marzo, prima domenica successiva all’ormai fatidico 8 marzo. In quei giorni fu fondato il periodico quindicinale Compagna, che il 1º marzo 1925 riportò un articolo di Lenin, che ricordava l’8 marzo come Giornata internazionale della donna, la quale aveva avuto una parte attiva nelle lotte sociali e nel rovesciamento dello zarismo. L’iniziativa prese forza nel 1945, quando l’Unione Donne in Italia (formata da donne del Pci, Psi, Partito d’Azione, Sinistra Cristiana e Democrazia del Lavoro) celebrò la Giornata della Donna nelle zone dell’Italia già liberate dal fascismo.

L’8 marzo del 1946, per la prima volta, tutta l’Italia ha ricordato la Festa della Donna ed è stata scelta la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, come simbolo della ricorrenza. Nel nostro Paese, nel 1959, tre senatrici presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cadde nel vuoto.

Il 16 dicembre 1977, con la risoluzione 32/142 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite propose ad ogni paese, di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale”. Con questa risoluzione, l’Assemblea riconobbe il ruolo della donna negli sforzi di pace e riconobbe l’urgenza di porre fine a ogni discriminazione e di aumentare gli appoggi a una piena e paritaria partecipazione delle donne alla vita civile e sociale del loro paese. L’8 marzo, fu scelta come la data ufficiale da molte nazioni.

Questa data ha un significato molto diverso da quello che il consumismo moderno le ha attribuito: i festeggiamenti, il regalare mimosa o fiori alle donne, le cene fuori tra donne; si scontrano con il reale significato di questa giornata celebrativa. L’8 marzo non è un giorno di festa ma una celebrazione per le donne che riuscirono ad ottenere tutti i diritti che noi donne moderne diamo per scontati e per riflettere su quelli che ancora oggi ci vengono negati. Quello che era nato come un giorno che serviva a celebrare i diritti delle donne, ad esaltare il loro ruolo nella storia e nella politica dell’epoca, a celebrare il coraggio e la determinazione delle donne, è stato completamente stravolto oggi.

Nel 2017 lo sciopero globale: in oltre 40 paesi nel mondo e in oltre 40 città italiane le donne incrociano le braccia, scioperano dal loro lavoro retribuito, si astengono dai lavori di cura, dal consumo e scendono in piazza. Una giornata in cui sperimentare e praticare forme di blocco della produzione e della riproduzione sociale, reinventando lo sciopero come vera e propria pratica femminista a partire dalle forme specifiche di violenza, discriminazione e sfruttamento che viviamo quotidianamente. Anche il movimento Women’s March ha aderito all’iniziativa. A cento anni dall’8 marzo 1917, gridiamo “Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo!”.