«Oltre la destra e la sinistra», la sfida anti-establishment di Macron per fermare la Pen

Di Mario Montalbano – Marine Le Pen contro Emmanuel Macron. A poco più di due mesi dal primo turno delle presidenziali del 23 aprile, i sondaggi delineano ormai un ballottaggio tra la leader del Front National, e quello indipendente del movimento En Marche!. Quest’ultimo ormai sembra aver definitivamente scavalcato il candidato della destra repubblicana, François Fillon, ritenuto fino a qualche settimana fa il principale concorrente della Le Pen nella corsa all’Eliseo.

Macron sembra aver sostituito l’ex primo ministro anche nelle vesti di favorito in un ipotetico ballottaggio con la figlia di Jean Marie. Questo perché è facile immaginare una convergenza al secondo turno da parte di socialisti, degli esponenti della gauche più estrema e, perché no, anche di esponenti della destra più moderata, contrari alle posizioni del Front National.

Lo scandalo Penelopegate che ha travolto la campagna elettorale di Fillon, ma anche la direzione molto “gauchista” del partito socialista con la vittoria alle primarie di Benoit Hamon. Tutti elementi che sembrano aver favorito la scalata di Macron, che per l’appunto potrebbe raccogliere proprio dal bacino elettorale socialista, la maggioranza dei suoi consensi.

Non solo, però, fattori legati agli avversari politici. Il balzo in avanti nei sondaggi si spiega anche con l’immagine che è riuscito a costruirsi lo stesso Macron. Totalmente sconosciuto al mondo della politica fino a due anni fa, il candidato indipendente ha lavorato in importanti banche d’affari francesi, tra cui la Rothschild & Cie Banque, per poi diventare prima consigliere del presidente François Hollande e poi ministro dell’Economia. Dalle dimissioni da quest’ultimo ruolo, è iniziato ufficialmente il nuovo progetto politico di En Marche! nell’aprile 2016. E lo ha fatto partendo da un assunto semplice: andare «oltre la destra e la sinistra».

Un messaggio chiaro d’accusa contro l’establishment dei partiti tradizionali, ma anche una dichiarazione d’intenti. Stringere attorno a sé un elettorato quanto più trasversale possibile. E a dimostrarlo è quel «in nome del popolo francese» ripetuto nei comizi e nelle interviste, “rubandolo” di fatto dal paradigma usuale di Marine Le Pen. Un po’ di solita demagogia, che, visti i tempi, non guasta e che, in fondo, risulta quasi necessaria.   

Per il resto, il suo programma rimane ancora in divenire. Anche se si può chiaramente dire che, con Macron presidente, il futuro della Francia sarà senza dubbio nell’Unione europea. Diversamente, com’è noto, dalle volontà di Marine Le Pen, la cui eventuale vittoria determinerebbe presumibilmente la parola fine alla struttura dell’Europa così come la conosciamo. (Frexit, Le Pen promette una Francia fuori dall’Unione).