Congresso Pd, Emiliano ri-cambia idea e sfida Renzi alla segreteria

Con la nomina, ieri durante la Direzione nazionale, dell’apposita commissione che ne definirà le regole, la fase congressuale del Pd si riempie di un altro importante passaggio, dopo le dimissioni di Renzi ufficializzate in Assemblea la scorsa domenica. Adesso non resta che attendere l’indicazione della data delle primarie. Che sia aprile come vorrebbe Renzi, o maggio come propongono i mediatori, vedi Franceschini, sembra certo che si voterà prima delle amministrative di giugno. Ma, ieri è sopraggiunta un’altra certezza: Michele Emiliano ha deciso di rimanere nel Pd e al contempo di correre per la leadership del partito contro il segretario uscente.

Smentite d’un tratto tutte le voci e i fatti che l’avevano visto in prima linea, assieme agli altri due della minoranza, Rossi e Speranza, nel chiedere la scissione. Nessuna rivoluzione socialista, quindi, come evocato nel mini congresso organizzato al Teatro della vittoria sabato scorso, che di fatto sembrava aver sancito la separazione. Piuttosto hanno prevalso i dubbi, già espressi dallo stesso Emiliano, durante il proprio intervento all’Assemblea nazionale del Pd. «Stasera non posso che dire al segretario che ho fiducia in lui», aveva detto il governatore della Puglia nel rivolgersi a Renzi, rilanciando per l’ennesima volta la necessità di una conferenza programmatica preparatoria al congresso stesso.

Dubbi, che in verità, sembravano esser anch’essi spariti di fronte al muro di Renzi, con la dichiarazione congiunta uscita domenica sera a firma appunto dei tre scissionisti «Renzi ha scelto la scissione», avevano detto ribadito con forza. E invece, ecco giungere un altro ripensamento. «Resto e mi candido alla segreteria del Pd», ha annunciato Emiliano ieri in Direzione, tornando di colpo anche ad attaccare Matteo Renzi. «Mi candido nonostante il tentativo del segretario uscente di vincere il congresso a ogni costo e con ogni mezzo, approfittando di aver gestito tutto il potere economico, politico e mediatico», ha accusato il governatore della Puglia.

Che ne resta della scissione tanto paventata? I mediatori come Franceschini e Fassino credono ancora che ci siano le condizioni per ricucire lo strappo, sperando, perché no, nelle intercessioni di big storici come Letta o Prodi. Enrico Rossi e Roberto Speranza non hanno fatto alcun passo indietro, invece, e anzi hanno rilanciato il progetto di un nuovo soggetto politico di centrosinistra. Così come il resto dei bersaniani ha confermato la propria intenzione di abbandonare quello che è diventato, secondo loro, “il partito di Renzi”. Adesso, bisognerà vedere come si muoverà il resto della minoranza. Per molti di loro, la permanenza di Michele Emiliano potrebbe essere un motivo in più per rimanere nel partito, avviando un ragionamento sulla composizione di un nuovo gruppo interno al Pd. Magari, sfruttando in questo senso la sponda del “dissidente” Andrea Orlando, per presentarsi al congresso quantomeno compatti contro l’ex segretario.

Mario Montalbano