La Somalia tra guerra civile e nuove sfide per il futuro

Sale a 40 vittime il bilancio dell’attentato che nei giorni scorsi ha insanguinato un affollato mercato della capitale della Somalia, Mogadiscio. L’esplosione dell’autobomba è avvenuta a pochi giorni dall’elezione del presidente Mohamed Abdullahi Farmajo. Una consultazione particolare, non ancora democratica, non a suffragio universale, durata più di un mese e basata su un complesso sistema di elezione. Il nuovo presidente avrà come obiettivi primari la lotta alla corruzione e soprattutto la sicurezza. Ed è proprio in opposizione a questo governo, nato sotto l’egida dell’Onu, che il gruppo terroristico di Al Shabaab ha compiuto l’attacco.

La Somalia è sprofondata dal 1991, dopo la caduta del dittatore Siad Barre, in un perenne stato di guerra civile che ha visto susseguirsi il fallimento di ben 14 governi. In questo contesto di instabilità si è sempre di più affermata Al Shabaab. Nata per contrastare le truppe etiopi, entrate nel 2006 in Somalia per rovesciare l’Unione dei tribunali islamici che avevano preso il controllo di Mogadiscio, l’organizzazione si sostituì alle corti islamiche e cominciò un percorso di affiliazione ad Al Qaeda.

Nel 2011 Al Shabaab fu costretta ad abbandonare la capitale a seguito dell’intervento dei soldati dell’Unione africana, Amisom, – che dal 2007 operano in collaborazione con l’esercito somalo per stabilizzare il paese -, ripiegando così nella parte meridionale. I miliziani, però, continuano a mantenere fortemente il controllo di vaste zone rurali dal quale organizzano e sferrano frequenti e sanguinosi attentati sia a Mogadiscio che nella vicina Kenya.

Già primo ministro tra il 2010 al 2012, Farmajo aveva introdotto una commissione anticorruzione e pagamenti regolari degli stipendi per l’esercito. Il nuovo presidente somalo dovrà fronteggiare una situazione estremamente critica e si spera riesca ad inaugurare una nuova fase di stabilizzazione e crescita economica per la Somalia.

Le condizioni in cui versa il paese sono però tutt’altro che incoraggianti. La forte corruzione, gli scarsi equipaggiamenti e i bassi salari dell’esercito che spingono centinaia di giovani ad ingrossare le fila della guerriglia jihadista piuttosto che a combatterla, il costante utilizzo di bambini soldato (è accertato l’arruolamento forzato di 6.163 bambini nel periodo che va dal 1 aprile 2010 al 31 luglio 2016), sono solo alcuni dei problemi. A tutto questo si aggiunge la siccità e la carestia che provocano vittime per malnutrizione e disidratazione.

Condizioni dal quale diviene ancora più difficile fuggire a causa anche del Muslim Ban, voluto dal Presidente Donald Trump, con il quale si vieta l’ingresso per tre mesi dei somali in territorio americano.

Antinea Pasta