Caro Indro, caro Silvio: la rottura tra Berlusconi e Montanelli (parte prima)

Di Francesco Polizzotto – L’11 gennaio 1994, attraverso questo aspro scambio di vedute, si consumava la rottura tra Silvio Berlusconi ed Indro Montanelli. Le due lettere, di cui riportiamo alcuni passaggi significativi, vennero pubblicate integralmente sul “Giornale”, quotidiano di cui Berlusconi era editore e Montanelli direttore.                  

Caro Indro… sei libero di coltivare ogni tua opinione e di pensare che io sono un invasato, che le mie idee sulla politica italiana e sul futuro di questo Paese sono sbagliate, che mi atteggio a salvatore e che ho smarrito il ben dell’intelletto. Sei liberissimo di divorziare da me e di assicurare a te e ai tuoi collaboratori una nuova officina professionale. Non ho alcuna intenzione, per quanto mi riguarda, di favorire questo distacco né di ostacolarlo… a me è stato concesso dalla vita l’onore di dare una mano alla tua impresa editoriale quando far questo costava caro e l’ho fatto per passione civile, perché condividevo con te e con i fondatori del “Giornale” lo stesso insieme di valori liberali… ti sarai anche sentito provocato da un mio Tg ed io ti sarò sembrato nevrile come un cavallo che scalpita, ma che su questa base fosse possibile dar luogo alla sceneggiata del grande giornalista che si ribella all’editore cattivo non l’avrei mai creduto possibile… mi spiace davvero. Speravo che la nostra collaborazione non finisse mai e lo spero ancora. Libero tu di pensare che io ho tradito il mio ruolo di editore, verso il quale sei sempre stato generoso di riconoscimenti; libero io di pensare che tu rischi di tradire il tuo ruolo di campione della libertà, verso il quale ho provato per vent’anni una sincera devozione. Con vera cordialità e con un sentimento immutato di amicizia;

Tuo Silvio.

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Caro Silvio, credevo che il nostro colloquio di ieri in via Rovani fosse privato e tale dovesse restare. Ma poiché ne rendi pubblici i contenuti, ribadisco l’opinione che ti ho manifestato:

1) Considero il tuo ingresso nella vita politica una iattura soprattutto per te; e siccome non sono un servo sciocco come quelli di cui ti sei servito in televisione per denigrarmi ho creduto che fosse mio dovere dirtelo, e lo credo ancora.                                             

2) Coloro i quali si schierano dalla mia parte non lo fanno, o almeno non lo fanno soltanto per amicizia; lo fanno per difendere un principio che tu hai dato l’impressione di violare… i colleghi schieratisi dalla mia parte (praticamente tutti) hanno voluto difendere in me il diritto di un direttore alle responsabilità della linea del giornale.

3) Non ho detto né dirò mai che sei un cattivo editore. Ho anzi sempre detto che ti sono grato per l’autonomia che, fino a qualche mese fa, mi hai lasciato e per non aver interferito nella vita del giornale. Ma, proprio perché ti debbo qualcosa, ho creduto di doverti mettere in guardia da quello che mi sembra un grosso errore. A questa mia franchezza hai risposto venendo in assemblea di redazione a proporre un rilancio del “Giornale” purché adottasse una linea politica diversa per sostanza e per forza da quella seguita da me e con questo hai sbarrato la strada ad ogni possibilità d’intesa. Ti auguro con tutto il cuore di non pentirti delle tue decisioni, io sono sicuro di non pentirmi dei consigli che ti ho dato.  

Tuo, Indro.

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Causa del distacco definitivo fu la cosiddetta “discesa in campo” del Cavaliere. L’abbandono da parte di Montanelli del “Giornale” (da lui fondato e diretto per vent’anni) rappresenta una pagina carica di tensione per l’intera storia del giornalismo italiano. Più che la scelta di entrare in politica, fondando un nuovo partito, Montanelli contestava a Berlusconi la volontà di trasformare il “Giornale” in un vero e proprio organo di propaganda. Fermamente convinti delle proprie ragioni, Montanelli e Berlusconi diedero vita ad una “separazione consensuale”, certificata poi sullo stesso “Giornale” il giorno seguente con l’ultimo articolo di Montanelli in qualità di direttore. Nei mesi successivi furono entrambi protagonisti delle vicende politiche italiane. Montanelli fondò “la Voce”, portandosi dietro diverse firme del “Giornale”. Berlusconi diventò Presidente del Consiglio dopo aver vinto le elezioni del 27 marzo.