Il sogno spezzato di Hillary: la Casa Bianca non si tinge di rosa

Hillary Diane Rodham, nata a Chicago il 26 ottobre 1947 in una famiglia di stampo conservatore, ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza impegnata in diverse attività parrocchiali e presso la scuola di Park Ridge.

Nel 1964 ha partecipato come volontaria alla campagna presidenziale per il candidato repubblicano Barry Goldwater e, l’anno dopo, entrò al Wellesley College, partecipando attivamente alla vita politica studentesca e ottenendo la carica di presidente della sezione dei College Republicans. Dopo aver frequentato il programma “Wellesley in Washington”, il suo orientamento politico divenne molto più liberale, entrando nel Partito Democratico. Ottenuto il riconoscimento di “valedictorian” come miglior diplomata tra i maturandi, Hillary si laureò nel 1969 in Scienze politiche: fu la prima studentessa a presentare la cerimonia di consegna dei diplomi. Il suo discorso ricevette un’ovazione pubblica di sette minuti. Subito dopo entrò alla Yale Law School, e lavorò con i bambini emarginati presso l’ospedale Yale-New Haven. Durante l’estate del 1970, le fu assegnata una borsa di studio per lavorare al Children’s Defense Fund a Cambridge, nel Massachusetts e l’anno successivo, lavorò a Washington nel sottocomitato sugli immigrati del Senatore Walter Mondale, col compito di eseguire ricerche sui problemi degli emigrati riguardanti la loro capacità di adattamento, e alla loro possibilità di accesso all’assistenza sanitaria e all’istruzione. S’interessò inoltre di casi di abusi su minori presso l’ospedale di Yale-New Haven, lavorando nei Servizi Legali della città, fornendo un servizio di assistenza legale gratuito alle persone povere.

Nel 1973 a Yale, ricevette la laurea Juris Doctor, con una tesi sui diritti dei minori, specializzandosi in pedagogia e medicina.

Dopo la laurea insegnò diritto penale all’Università dell’Arkansas, dove insegnava Bill Clinton, suo futuro marito. Entrò nello staff di avvocati del “Children’s Defense Fund” e poi nel gruppo di avvocati della “House Judiciary Committee”, l’organismo preposto al giudizio dell’impeachment di Richard Nixon per lo scandalo Watergate: è una delle due sole donne che compongono questo gruppo. E’ stata la prima donna socia dello studio legale Rose Law Firm, uno dei più importanti dell’Arkansas, nonché uno dei più antichi degli Stati Uniti.

Nel 1993, con la vittoria della presidenza da parte di Bill, Hillary diventò  first lady: l’influenza che ebbe sul marito non passò inosservata. Il 7 novembre del 2000 fu eletta senatrice dello Stato di New York con oltre il 55% dei voti, divenendo la prima first lady a ricoprire una carica elettiva. Sconfitta da Barack Obama alle primarie del 2008, fu insignita della carica di Segretario di Stato, ruolo che ricoprì fino al 2013.

Il 12 aprile 2015 il tanto atteso annuncio: Hillary si candida alle presidenziali. I punti salienti del programma elettorale sono stati: l’uguaglianza sociale; la parità dei diritti delle donne di colore; gli investimenti in infrastrutture, energia pulita, ricerca scientifica; agevolazioni per i piccoli imprenditori attraverso la semplificazione della burocrazia e delle modalità di accesso ai capitali; una riforma fiscale che stimoli gli investimenti nel Paese. La candidata democratica si fa promotrice di una riforma complessiva sull’immigrazione volta a proteggere i diritti degli immigrati, utile anche per la crescita economica.

Oggi il risultato della lunga e mediatica campagna elettorale: Hillary Clinton non sarà il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Il risultato delle elezioni ha contraddetto la maggior parte delle previsioni. Nel suo concession speech (il discorso del “riconoscimento della sconfitta”) , la Clinton, con tono amareggiato e visibilmente commossa, ha parlato in pubblico per la prima volta dicendo :“Mi spiace non aver vinto, ma mi sento orgogliosa per questa campagna che è stata creativa, a volte caotica, ma sempre dinamica. Questo risultato è stato il dolore più grande della mia vita. So che vi sentite delusi perché anch’io mi sento delusa e così decine di milioni di persone che hanno creduto. La nostra nazione è più divisa di quanto credevamo. Dobbiamo accettare questo risultato e guardare al futuro. Trump è il nostro presidente e dobbiamo dargli credito.” Dopo aver ringraziato i suoi familiari, Kaine, Michelle e Barack Obama; si è rivolta alle donne e alle bambine: “Non dubitate mai di voi. Siete preziose, potenti e meritevoli di conquistare tutte le possibilità e opportunità del mondo”. Poi l’aggiunta come una sorta di testimone per una futura prossima candidata donna: “Niente mi ha reso più orgogliosa di essere la vostra sostenitrice. Non possiamo ancora rompere quel tetto di cristallo, ma un giorno qualcuno lo farà, e spero che sarà il prima possibile”. La Clinton ha poi citato il suo slogan elettorale “Stronger Together” invitando chi la ascoltava ad avere fede nel prossimo.

Una donna alla guida di una superpotenza avrebbe sicuramente rotto gli schemi della storia. Evidentemente il mondo non è ancora pronto a un cambiamento del “genere”.

Goodbye Hillary! Thanks!

Francesca Rao