Il 25 novembre e l’eredità storica delle sorelle Mirabal

Perché la giornata mondiale contro la violenza sulle donne è il 25 novembre? Raccontiamo la storia di Minerva, Patria e Maria Teresa: le sorelle Mirabal.


Il 17 dicembre 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 54/134, proclama il 25 novembre “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, invitando tutti i governi, le istituzioni, le organizzazioni internazionali e non governative ad organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della violenza sulle donne per quella giornata.

In realtà l’Assemblea Generale ha soltanto ufficializzato questa giornata poiché la scelta del 25 novembre è da attribuire ad alcune attiviste latine che, nel 1981, organizzarono a Bogotà il primo incontro femminista Latinoamericano e dei Caraibi per ricordare il brutale assassino di Minerva, Patria e Maria Teresa: le sorelle Mirabal

Nate nella Repubblica Dominicana, le tre giovani donne dedicarono la loro vita a combattere la dittatura di Trujillo, con il nome in codice di las mariposas (le farfalle). La militanza politica delle tre sorelle iniziò nel 1949 quando Minerva, in occasione della festa di San Cristobal organizzata dal dittatore, osò sfidarlo pubblicamente sostenendo le proprie idee politiche.

Quella data segna l’inizio delle rappresaglie contro Minerva e la sua famiglia. Unica donna insieme a Dulce Tejada in un gruppo di uomini, il 9 gennaio del 1960 tenne nella sua casa la prima riunione di cospiratori contro il regime che segnò la nascita dell’organizzazione clandestina rivoluzionaria “Movimento del 14 giugno“.

Minerva fu l’anima del movimento, a cui aderirono anche le sorelle Maria Teresa e Patria con i rispettivi coniugi. L’opera rivoluzionaria delle tre sorelle fu talmente efficace da portare il dittatore  a considerarle “un problema”, assieme alla Chiesa cattolica. Il movimento fu scoperto dalla polizia segreta di Trujillo e le sorelle Mirabal vennero torturate ed imprigionate assieme ai loro mariti.

Liberate alcuni mesi dopo grazie alla pressione internazionale, i loro coniugi restarono però reclusi e proprio il 25 novembre 1960, mentre si recavano a far visita ai mariti, caddero in un’imboscata degli agenti del servizio segreto militare. Portate in una piantagione di canna di zucchero, furono massacrate, bastonate e strangolate. I loro corpi furono rimessi nel veicolo sul quale viaggiavano e che fu fatto precipitare in un dirupo per simulare un incidente.

L’assassinio delle tre sorelle suscitò rabbia e commozione in tutto il paese e la terribile notizia – nonostante la censura – si diffuse, risvegliando l’indignazione popolare e portando all’assassinio di Trujillo e alla fine della dittatura nel 1961.

Rafael Trujillo

L’unica sorella non attivamente impegnata fu Dedè (ancora in vita e a cui spettò il compito di prendersi cura dei figli delle sorelle), che proprio di Minerva dice: «Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza».

Minerva, Maria Teresa e Patria sono state uccise per le loro idee politiche e perché non avevano paura di affermarle. Sono state uccise perché il loro essere donne irritava il regime: frequentavano l’università, guidavano la macchina, partecipavano a riunioni maschili. Il loro incedere, lo sguardo diretto, la loro sfrontata femminilità spaventava il dittatore che, non riuscendo a fermarle, le uccise. 

Oggi, la loro memoria viene chiamata a simboleggiare tutte quelle donne che subiscono abusi, soprusi, umiliazioni, violenza fisica o morte. Una donna su quattro subisce violenza, prevalentemente per mano del marito o del compagno. La violenza sulle donne esiste in tutti i paesi del mondo e non accenna a diminuire: molte non hanno la consapevolezza di essere vittime di un abuso, altre non denunciano per paura, perché minacciate, per proteggere e difendere i propri figli, per la frustrazione e l’umiliazione di essere picchiate e abusate. La matrice della violenza contro le donne può essere rintracciata nella disuguaglianza dei rapporti tra uomini e donne, che tutt’ora persiste.