Stephen Bannon: il boogeyman per i Democratici

[…] Ninna nanna, ninna oh, questo bimbo a chi lo do?

Lo darò all’uomo nero che lo tiene un mese intero […]

L’ultima delle filastrocche che ogni democratico americano vorrebbe sentire. Quanti sogni avrà rovinato Stephen Bannon a due settimane dalla vittoria di Trump, e quanti democratici starà facendo rabbrividire, svegliandoli d’improvviso dagli agi di una nebulosa multiculturale, pacifica e senza rancori?

Eh sì, lo avevamo detto, la stampa internazionale lo prevedeva fino agli ultimi istanti prima del duello elettorale: tutti quegli arrabbiati non sarebbero rimasti in silenzio, a prescindere che si trattasse di vittoria o sconfitta del loro beniamino repubblicano. Incanalate le loro richieste in un voto così appassionato e reverenziale, gli Americani che hanno scelto “Repubblicano” saranno degnamente rappresentati da uno staff presidenziale decisamente di destra – e quindi tutto tranne che “di tutti”. Fa discutere quella che sembra rivelarsi una conferma nel ruolo di chief strategist del super repubblicano nazionalista Stephen Bannon, un personaggio da sempre legato all’estrema destra e ultimamente descritto quasi come “colui che riporterà agli antichi fasti il Ku Klux Klan” (voglio esagerare!), la conferma di tutte le promesse aggressive fatte in campagna elettorale dal tycoon – vincente campagna peraltro già ampiamente sostenuta e aiutata da Bannon.

Chi è Stephen Bannon? Nato in Virginia nel 1953 (ha quasi 63 anni) ha concluso i suoi studi con una specializzazione in Economia alla Harvard Business School – e magari è anche per questo che oggi non accetta l’appellativo di semplice xenofobo ma si definisce “nazionalista economico”. Dal ruolo di ufficiale di Marina a manager all’interno di Goldman Sachs, nel 2012 è diventato presidente esecutivo di Breitbart News, uno dei siti con più seguito nel web di estrema destra.

Sostanzialmente Bannon ha diretto l’ennesimo luogo di dibattito e confronto per gli alt-right, cioè gli appartenenti – o coloro che si percepiscono come tali – a un pensiero di “destra alternativa” ai Repubblicani tradizionali. Sono proprio loro, gli inascoltati della Destra – o meglio, quelli che non hanno meritato nessun ascolto in questi anni – che hanno costituito la base elettorale per Trump. Da Agosto infatti Bannon è diventato chief esecutive delle operazioni di campagna elettorale per il candidato repubblicano (lasciando la guida del sito web) anche se già da tempo, grazie a Breitbart, faceva ampia propaganda delle proposte e delle idee “alternative”.

Bannon si è mostrato particolarmente ostile nei confronti della stampa, definendola miope, così come tutti i liberal completamente sprovvisti di un senso di orientamento politico e “incapaci di rivolgersi agli Americani”. Il consulente strategico di Trump, colui che è stato rappresentato da Hollywood Reporter (che ha intervistato il diretto interessato) come “il buco nero dei Democratici”, punta il dito verso una mancata coincidenza tra l’azione della classe politica e le richieste di una grossa fetta di popolazione rimasta in silenzio per anni. Parole dure che hanno ripercorso anche i temi più caldi affrontanti da Trump in campagna: “la globalizzazione ha distrutto la classe lavoratrice americana e ha creato una classe media in Asia ” e continuando a zero sui blu ha detto “Si sono rivolti a coloro che hanno aziende che valgono 9 miliardi di dollari e hanno 9 dipendenti. Questa non è la realtà. Hanno perso di vista cosa è la realtà ”.

Di fatto, uno degli errori della campagna elettorale democratica è stato quello di credere l’avversario troppo disorganizzato, improprio e “non sul pezzo” per concorrere alla carica presidenziale. Abbiamo assistito (ma col senno di poi è più facile dirlo!) a un atteggiamento autoreferenziale che ha portato al fallimento. Breitbart, il network propagandistico di Bannon per quanto scorretto, assurdo e inneggiante al complotto è incredibilmente riuscito nell’intento di convincere al voto i repubblicani in “isolamento politico”. E’ indubbio che questo personaggio dalle invidiabili strategie comunicative – almeno finora – possa ambire a divenire il membro più influente e potente dello staff al fianco di Trump. Bannon, come riportato sull’Hollywood Reporter “incarna più di chiunque altro il terribile dolore esistenziale dei liberali e la loro furia ” – perché ci si chiede – “come abbia fatto qualcuno in modo così scorretto a ottenere così tanto consenso”.

Il New York Times lo apostrofa come inadatto, inadeguato e ripugnante. Ma sappiamo bene quanto il parere della stampa “tradizionale” abbia contato poco o sia stato controproducente nella formazione dell’opinione pubblica in quest’ultimo duello elettorale. Sbalordisce come il mezzo di informazione di estrema destra, Breitbart, abbia suscitato e conquistato attenzione: si leggono infatti commenti sessisti, altri estremamente offensivi per il black people, e ancora alcuni antisemiti. Per Bannon si tratta di una creatura atta allo scambio di opinioni ragionate e appassionate. Per i moderati di sinistra è invece un abominevole mostro cattura-consensi. In verità si tratta di una piattaforma che riporta una società spezzata le cui fratture sono state ben interpretate dallo stratega della Destra Alternativa, l’ultima provocazione americana vincente.

Daniele Monteleone


 

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