Attribuzione del cognome materno: verso il superamento del retaggio patriarcale?

Circa quarant’anni fa veniva presentata la prima proposta in Parlamento per poter dare ai figli il cognome della madreOggi, questa svolta si è avuta in seguito al via libera della Consulta, la quale ha accolto la questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla Corte di appello di Genova circa il cognome del figlio di una coppia italo-brasiliana residente nella città di cui prima, la cui richiesta era stata respinta.

Il figlio in questione ha nazionalità italo-brasiliana, ma un doppio cognome in Sudamerica ed uno solo in Italia. La Corte ha dichiarato incostituzionale il primato del cognome paterno. Vi deve essere, tuttavia, un accordo tra i genitori circa la decisione di dare il doppio cognome; in mancanza di tale accordo a prevalere sarà il cognome paterno. Si attende il deposito della sentenza.

Per ottenere il doppio cognome, si procede con una richiesta al Prefetto, per esempio nel caso in presenza di cognome offensivo o ridicolo. Per le coppie non unite in matrimonio è possibile il riconoscimento materno inziale e poi successivamente quello paterno, in modo tale da consentire al bambino di avere entrambi i cognomi. La legge che possa consentire la possibilità del doppio cognome è stata approvata dalla Camera il 24 settembre 2014, ma è rimasta ferma al Senato. Con l’auspicio che possa essere, l’esito della Consulta, motivo di discussione ed approvazione anche al Senato.

In Italia non vi è, quindi, una legge che consenta la possibilità di trasmettere il cognome materno ai figli, al pari di quello paterno. Chi desidera assumere o far assumere a minori il cognome materno deve fare riferimento al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, articolo 98, al quale sono state apportate modifiche con il D.P.R. 30 gennaio 2015, n. 26. In breve, è a discrezione del prefetto accogliere o no la richiesta.

Il trattato di Lisbona vieta ogni discriminazione basata sul sesso. L’Italia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo, la quale ha ritenuto inesistente una deroga all’automatica attribuzione del cognome paterno, sino ad oggi prevista come discriminatoria nei confronti delle donne, così come una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Nonostante la portata innovativa della decisione, prevalgono al momento le consuetudini, una concezione della famiglia che possiamo definire patriarcale. Infatti la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 61/2006, ha ritenuto che il sistema attuale di attribuzione del cognome sia un retaggio di una concezione patriarcale della famiglia legata alla figura del pater familias, nonché basata sul diritto di famiglia romano. Ciò mal si adatta alla promozione dell’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna.

Giusy Granà