Le banche italiane in crisi e la crisi

Come è ormai di pubblico dominio, lo stato di salute del comparto bancario nazionale non è buono (anche quello estero non sta troppo bene per ragioni simili e diverse). La causa delle difficoltà è legata al costante peggioramento dei bilanci bancari appesantiti gravemente dai cosiddetti npl, non performing loan, comunemente conosciuti come crediti deteriorati.

I crediti deteriorati altro non sono che le difficoltà che la gente comune ha di onorare i propri debiti nei confronti delle banche. Questo comporta un grave danno sia per la gente comune, che viene privata delle garanzie prestate alla banca per la concessione del credito, sia per le stesse banche che, oltre a non ottenere il credito indietro, sono costrette a coprire parte del credito con accantonamenti, drenando risorse da settori più proficui. In situazioni normali le difficoltà bancarie si sarebbero dovute in parte normalizzare. Secondo la teoria economica i crediti deteriorati esplodono con effetto ritardato rispetto all’inizio della recessione (almeno inizialmente le famiglie e le imprese possono onorare i debiti col risparmio) e si riassorbono definitivamente non appena il ciclo economico torna favorevole (anche qui con un anno di ritardo circa). Il problema della situazione attuale è l’assenza della seconda fase. Sebbene la recessione sia tecnicamente alle spalle, il ciclo economico non ha virato verso l’espansione dell’economia (e con buona probabilità ciò non accadrà neanche a breve).

Con quanto scritto non si vuole sicuramente scagionare le banche dalle loro responsabilità, che ci sono, e riguardano la selezione, spesso poco trasparente, delle linee di credito o dei finanziamenti o la tendenza a un eccesso di finanziarizzazione (valido soprattutto per i nostri “campioni” nazionali) con abbandono del tessuto imprenditoriale locale. Il problema è che allo stato attuale le banche non possono fare il loro lavoro e cioè quello di concedere meglio il credito all’economia. La cattiva situazione dei bilanci e la politica monetaria espansiva, con i conseguenti tassi bassissimi, non concede margini alle banche, affaccendate a drenare liquidità per coprire i bilanci e per rafforzare il capitale necessario in base alla nuova normativa prevista da Basilea III.

Il circuito si è inceppato. La BCE immette denaro nel sistema che si blocca nel settore bancario che lo accantona o lo utilizza per impieghi più che sicuri. Gli impieghi delle banche date le condizioni monetarie rimangono poco remunerativi e non consentono molto più di un semplice galleggiamento. Gli economisti usano due espressioni per definire questa situazione “il cavallo non beve” o “non si può spingere una corda”.

Concludendo, la situazione economica complessiva non è destinata a breve a cambiare. Non si vedono né investimenti pubblici, né investimenti privati tali da potere fare riavviare il motore dell’economia. Le banche non vedranno ossigeno e, quindi, non potranno darne, con grave danno per il nostro tessuto di piccole e medie imprese.

Francesco Paolo Marco Leti