Nonviolenza: riecheggia Gandhi, e nulla più

Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Si sprecano le citazioni del rivoluzionario nonviolento, fautore di una storica lotta sociale contro un potere imperialista ed uscitone vincente.

Quasi un secolo e mezzo fa nasceva Mahatma Gandhi; quasi dieci anni fa si celebrava, in suo onore, la prima Giornata internazionale della nonviolenza nel giorno del 2 Ottobre, data che accomuna la nascita di entrambi. La risoluzione emanata dall’Assemblea Generale nel 2007 chiedeva a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite di celebrare questa giornata per il grande rispetto che è doveroso tributare a un personaggio come Gandhi e ai suoi valori.

Fu con la disobbedienza civile – altro non è che l’applicazione del pensiero nonviolento – di milioni di persone che l’India conquistò l’indipendenza. Gandhi, grande guida e “grande anima”, riuscì a organizzare un movimento di resistenza così ampio ed efficace da ottenere la rinuncia della supremazia britannica sulla penisola indiana, ma morì ucciso da un sicario estremista indù. Sulle teorie di complotto inglese o sulle ripercussioni politiche del debito saldato con il Pakistan, meglio non cedere a facili conclusioni “snobbanti”.

Cos’è il principio della nonviolenza? E’ una scelta politica che rifiuta l’uso della violenza fisica o verbale, al fine di raggiungere obiettivi sociali o cambiamenti del sistema. Spesso viene affiancata alla definizione di “politica della gente comune”, ma si tratta di una lotta sociale che è stata adottata in massa delle popolazioni di tutto il mondo e che ha coinvolto strati sociali anche molto differenti, dagli operai agli studenti, dai contadini agli intellettuali. Gli interventi quotidiani e di massa (di natura simbolica o disobbediente), le manifestazioni di protesta, gli scioperi, i movimenti femminili e studenteschi, la pubblicazione di manifesti, interventi alla radio e alla televisione, sono le fondamentali forme espressive dell’etica e della pratica della nonviolenza. Diverso è il pacifismo, corrente che consiste in una battaglia in favore del disarmo globale.

L’eredità che è stata lasciata generosamente agli “Stati amanti della pace”  – come si legge nel Capitolo II, Art.4 dello Statuto delle Nazioni Unite – è una festa internazionale e un tenero ricordo. A quante comunità ribelli o minoranze possiamo riferirci parlando di sopraffazione e vessazione? Veramente tante. A quanti governi possiamo muovere una critica per la loro condotta fortemente anti-democratica? Altrettanti. La subdola violenza degli “stati centrali” – possiamo dirlo? – spesso costringe quei gruppi senza strumenti di influenza politica o di qualunque capacità espressiva, a utilizzare l’unico metodo che provoca una decisa eco mediatica, lo stesso per cui alcune manifestazioni apparentemente pacifiche hanno la propria fazione aggressiva, un metodo di impatto: la violenza. Questi ultimi esempi di lotta sono certamente lontani anni luce dall’insegnamento del Mahatma esempio virtuoso per un’azione politica in cerca di riconoscimento e diritti. E sviluppare nuove forme simboliche di protesta e di richiamo all’attenzione costituisce, probabilmente, anche un elemento più affascinante per il lettore medio e facilmente “romanzabile” dai quotidiani. Un appeal non indifferente per quelle lotte che potrebbero rimanere nascoste all’opinione pubblica.

In una giornata di questo tipo viene da ricordare i bambini che restano contenti di giocare nelle voragini provocate dalle bombe, ora colme d’acqua e qualche giorno fa colme di morti. Viene da ricordare tutti gli operatori umanitari, molti medici sul campo, che sono periti sotto le promesse e gli annunci di una diplomazia cauta e moderata. Anche se il principio universale della disobbedienza contro un sistema oppressore o scorretto è definito “dei comuni popolani”, non è trascurabile che la celebrazione della Nonviolenza in una giornata particolare avviene per iniziativa di governi incravattati e ancora poco inclini all’utilizzo di strategie che salvaguardino le popolazioni civili, quei popolani che invece dovrebbero rimanere inermi amanti della pace.

Daniele Monteleone