Una sconfitta in casa che preoccupa la Merkel ma anche l’Europa

A distanza di qualche mese dal risultato sorprendente, e mai quanto premonitore, delle tornate regionali dello scorso 13 marzo, l’Alternative for Deutschland si conferma anche nel collegio elettorale che è di Angela Merkel. Nel Meclemburgo-Pomerania, il partito della destra e anti-migranti di Frauke Petry è riuscito ad affermarsi davanti al Cdu della cancelliera (Christlich Demokratische Union Deutschlands), 20,8 % contro il 19%, arrendendosi solamente ai socialdemocratici. Una débâcle per la Merkel, e più in generale per l’intero sistema dei partiti tradizionali, visto che anche l’Spd (Sozialdemokratische Partei Deutschlands), che pur formalmente avrebbe vinto le elezioni con il 30 percento dei voti, deve registrare una perdita di cinque punti rispetto a cinque anni fa.

Entusiasmo è stato espresso da parte dei leader dell’Afd. Un partito che un anno fa viaggiava a percentuali relativamente basse, intorno al 5 %, e che adesso “rischia” di diventare un partito di massa vero e proprio. In opposizione, ovviamente, al modello tradizionale rappresentato da quei partiti che secondo l’Afd, “per troppo tempo non hanno ascoltato gli elettori”. “Merkel e l’Spd illudono i cittadini, che si tratti di finanza o di crisi dei migranti”, ha aggiunto la leader Frauke Petry, “sono sul punto di liquidare questo paese e per questo le persone votano Afd”. Non solo quindi politica dei migranti, ma anche altro, in un parco di temi che va dal sociale all’economia. “Non siamo un gruppo con un unico tema, questo è il motivo per cui abbiamo avuto questo risultato”, ha voluto sostenere Joerg Meuthen, un altro leader del partito.

Ma, al di là di tutto, l’obiettivo dei loro attacchi era e rimarrà nell’immediato futuro la cancelliera, artefice di quella politica sui migranti, sulla cui contestazione, l’Afd ha contato di raccogliere consenso. Riuscendoci sicuramente. “Angela Merkel si rovescia da sola”, ha dichiarato la leader Frauke Petry, alimentando il pensiero per cui il risultato di domenica rappresenti una sconfitta personale soprattutto per la Merkel. è proprio sulle politiche migratorie e sulla questione sicurezza, strettamente connessa all’arrivo indiscriminato di profughi, d’altronde, che i seguaci della Petry hanno costruito la propria spina dorsale nelle campagne elettorali regionali. E di sicuro lo stesso faranno in ottica elezioni generali del 2017, dove in ballo ci sarà il governo nazionale, e perché no un’altra fetta di destino europeo.

Una pesante responsabilità sulle ferme spalle della Merkel, che adesso dovrà quanto prima reagire agli eventi elettorali, cercando di tamponare quel malcontento popolare che la politica delle “porte aperte” sui migranti ha prodotto, specie dopo i fatti di Colonia a Capodanno e in relazione allo spettro del terrorismo degli ultimi mesi. Provvedimento, che a dire il vero, la Merkel ha sempre difeso. Lo ha fatto, lo scorso 13 marzo dopo la prima sconfitta regionale, e lo ha fatto anche nelle ore immediatamente successive al risultato di domenica. “Le decisioni prese negli ultimi mesi sono giuste”, ha tenuto a ribadire la cancelliera. Ma, a fronte di un risultato comunque negativo, Angela Merkel non si è voluta tirare indietro. Anche dalla Cina dove si trovava per il G20, la cancelliera si è detta ovviamente “molto scontenta” per i risultati provenienti dal Meclemburgo, ammettendo comunque che questo “ha a che fare con la politica dei rifugiati, dunque sono io responsabile”.

Adesso, quindi, occorre rimediare e in tempi stretti, perché il 2017 è dietro l’angolo, e le prossime elezioni generali, oltre al destino nazionale rischiano di trasformarsi in una sorta di nuovo referendum con vista sull’Europa. La “Brexit” ha dato il via ad un processo, a cui in successione temporale, prima l’Italia con il referendum autunnale sulla riforma costituzionale, e poi Francia e Germania con le elezioni nazionali sono chiamate a rispondere. Obiettivo, tenere unita un’Europa che sembra quanto mai in disfacimento. E i segnali in tal senso, provenienti da ogni dove sono obiettivamente negativi. Il fatto, poi, che in Germania, simbolo e padrona della recente immagine dell’Unione Europea, si stia affermando un tale movimento di protesta, non può far dormire sonni sereni agli europeisti.   

Mario Montalbano