La collaborazione fra Russia e Turchia

La storia racconta di due superpotenze, quella turca e quella russa, impegnate da secoli nella conquista di aree strategiche a loro vicine come l’area caucasica e quella del Mar Nero, fondamentali per ottenere l’egemonia territoriale. Questo le ha rese rivali per secoli, spingendole a cercare sostenitori nella vicina Europa che, dal canto suo, non aveva alcuna intenzione di vedere Russia e Turchia unite in strategie comuni.

Cinque secoli di guerre fra zar russi e sultani turchi non hanno però impedito la nascita di rapporti di collaborazione.

La nuova realtà, prospettatasi alla fine della guerra fredda ed in particolare con la fine del regime sovietico russo, è stata così considerata come un’epoca ricca di importanti cambiamenti storici. La Turchia è stato uno dei primi Paesi ad allearsi con la Russia, per lo meno in ambito NATO.

L’ingresso della Turchia nella NATO nel 1952 e il rispetto dei dettami dell’Alleanza per quel che riguardava la postura nei confronti dell’ex Unione Sovietica non ha impedito ad Ankara, nel momento della dissoluzione del regime, di siglare accordi con Mosca sulla lotta al terrorismo e alla cooperazione in ambito militare all’inizio degli anni duemila, e in particolare dal 2003 con l’invasione americana dell’Iraq.

Sulla base di questi accadimenti nel 1990 alcuni studiosi hanno cominciato a parlare delle due potenze in prospettiva di un ” virtual rapprochement”, termini con cui si è teso ad indicare una progressiva distensione dei rapporti fra questi storici rivali impegnati  in una nuova ed importante fase di cooperazione centrata sull’abbandono di qualsiasi forma di ostilità in cambio della salvaguardia delle loro relazioni e dell’assetto internazionale.

L’instaurazione di un rapporto di fiducia solido non è però cosa facile per due paesi dal carattere tanto diverso. Ai buoni propositi si alternano infatti sentimenti di paura e mancanza di fiducia.

Ne è derivato,  un periodo lungo due decenni in cui le due potenze hanno alternato fasi di stabilità e collaborazione soprattutto in ambito economico, a fasi di incertezza ed equilibrio precario.

La mancanza di stabilità ha caratterizzato i due paesi in modo diretto ed indiretto: l’instabilità ha effetto diretto sulle due potenze quando è il risultato di situazioni interne che impediscono il normale svolgimento non solo della vita sociale ma anche di quella politica; esempio calzante è la Turchia e il fallito colpo di stato del 16 luglio che rappresenta il culmine di un’escalation di piccoli avvenimenti atti a mostrare la mancata accettazione della popolazione laica di un governo che cerca di affermare un ideale religioso, quello islamico. Nello specifico, il fallimento del potere laico ha offerto al presidente Recep Tayyip Erdogan l’occasione perfetta per imporre al paese un contro-potere islamico che a parere del presidente si concilierà bene con il benessere socio-economico e con la contemporaneità, senza discostarsi troppo dai dettami del corano, costringendo tuttavia al silenzio ogni voce discordante .

Ovviamente il putsch militare turco e i vari attentati terroristici non hanno facilitato le relazioni fra Mosca ed Ankara, messe in ulteriore crisi dalla crescente concentrazione di potere nelle mani del presidente turco.

L’instabilità è poi un effetto indiretto che scaturisce da situazioni politiche esterne che vedono come protagonisti vari paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, impegnati ad affrontare una lotta contro la radicalizzazione politica  (primavere arabe del 2011) , che Mosca ed Ankara  come gli altri paesi europei non possono ignorare.

Alla situazione politica complessa si alterna però una realtà economica più definita. Russia e Turchia hanno infatti stabilito collaborazioni con lo scopo di garantire la crescita economica. In particolare, l’interesse turco e russo ha spinto nella direzione della creazione di una situazione di interscambio commerciale concentrata sui settori dell’energia e del turismo in cui la Turchia è diventata la seconda più importante acquirente di gas russo( il gas russo copre il 60% del fabbisogno energetico della Turchia), uno dei paesi che ha vinto i più importanti appalti in campo edile in Russia costruendo per esempio buona parte delle strutture che hanno ospitato le olimpiadi di Sochi nel 2014, mentre la Russia si sta occupando della costruzione della prima centrale atomica ad Akkuyu, sulle coste del Mediterraneo e di gasdotti in grado di portare il gas russo nell’area occidentale.

La collaborazione commerciale non ha dunque evitato il confronto fra le due potenze che si sono trovate ad affrontare spesso questioni in aree di interesse che hanno rappresentato importante motivo di disappunto. Fra le più note questioni critiche si ricorda quella georgiana del 2008.

Il Caucaso rappresenta una questione rilevante sotto il profilo geopolitico essendo una zona anticamente sotto il controllo della Russia che ha ottenuto l’indipendenza a seguito del crollo dell’unione sovietica e che si trova ancora in una fase di transizione, a causa di una divisione territoriale che spesso non rispetta le varie etnie. Ciò che ne risulta è una lotta continua per autodeterminarsi. In questo contesto intervengono  Russia e Turchia che approfittando dell’instabilità, cercano di imporre la propria presenza nell’area al fine di esercitare la propria influenza politica. I due stati seguono però strategie diverse: la politica di Ankara non esclude un intervento politico in aree quali la Georgia e l ‘Azerbaijan, paesi con cui intrattiene da tempo ottimi rapporti non solo politici ma anche commerciali( ricordiamo che entrambi i paesi fanno parte della NATO); la Russia invece appoggia l’Armenia, stato che cerca di conquistare vantaggi territoriali in Georgia per via della presenza nel territorio di un’area definita quasi completamente abitata da armeni .

Russia e Turchia, contrariamente alle aspettative internazionali, non hanno svolto dunque alcun ruolo di mediazione fra gli Stati in contrasto. Il problema sta nel fatto che le due potenze detengono  interessi che gli impediscono di sviluppare una decisiva politica strategica di collaborazione che spinga verso un obiettivo comune: la creazione di  un’area forte dal punto di vista commerciale e politico. E questo si verifica nonostante sia stato dimostrato che gli Stati dell’area, avendo caratteri religiosi e culturali simili, cercano spesso di collaborare fra loro.

Alcuni sostengono che dietro questa incapacità si nasconda la volontà di seguire politiche indipendenti basate sul  principio del” divide et impera” che possono offrire maggiori possibilità di guadagno per Mosca ed Ankara.

 La Russia può essere presa come esempio dato il suo modo di agire che la vede da un lato appoggiare l’Armenia nella sua battaglia per ottenere conquiste territoriali a scapito di Georgia e l’Azerbaijan, e fornire dall’altro importanti quantitativi di armi all’Azerbaijan.

Le differenti posizioni mettono così a dura prova la politica di collaborazione avviata negli anni novanta. Gli Stati non mostrano infatti alcuna volontà di venirsi incontro. 

Se da un lato comunque le prospettive geopolitiche divergono, quelle economiche continuano lungo un sentiero più certo: l’intervento delle due potenze nel Caucaso  non ha precluso lo svolgimento degli  interscambi economici, che dopo una certa contrazione, sono ripresi senza interferenze.

Altra regione motivo di contrasto fra Russia e Turchia, è l’Ucraina. Ancora una volta Mosca ed Ankara si trovano a divergere su una questione geopolitica rilevante, questa volta con toni più pacati. All’azione di forza realizzata dalla Russia per riuscire ad annettere la Crimea , precedentemente nelle mani dell’Ucraina , non è seguita una reazione forte da parte della Turchia che, nonostante abbia mostrato un certo disappunto per tenersi in linea con la comunità internazionale(l’annessione della Crimea ha di fatto rappresentato a parere della NATO un atto contrario ad ogni principio di coesistenza pacifica e rispettosa) si è rifiutata di applicare le sanzioni Nato contro personaggi eminenti della politica russa. Questo però non elimina un certo risentimento turco ,mostrato a  supporto della minoranza tatara presente in Crimea( i tatari rappresentano il 10% della popolazione della Crimea, più del 50%  è invece composto da russofoni).

Non bisogna inoltre sottovalutare gli altri rischi insiti nella politica russa; secondo il ministro degli esteri  Davutoğlu dietro l’annessione della Crimea si nasconde il rischio di un’espansione di strategie simili ad altre aree i cui conflitti risultano al momento spenti, come la Transnistria, l’Abkhazia e il Nagorno-Karabakh.

Infine parliamo della Siria, altra area protagonista di questioni alquanto delicate.

La Siria rappresenta il più recente caso di contrasto di idee fra i due vedendo da un lato la Russia appoggiare il regime di Bashar al Assad e la Turchia accorrere in sostegno ai ribelli siriani che aspirano al rovesciamento del regime. Questa volta le pressioni sono state più forti, a causa della minaccia rappresentata dallo stato islamico siriano che secondo alcune fonti riceve il sostegno di Erdogan che proprio per questo viene visto con luce diversa non solo dalla Russia, in lotta contro lo stato islamico,  ma anche dalla restante comunità internazionale vittima da tempo di attacchi terroristici la cui proliferazione viene fatta risalire proprio ai siriani.

In origine, a parte la pressione dovuta ai rischi terroristici, la situazione non sembrava essere molto differente dalle altre, entrambi gli stati hanno infatti proceduto ad attivarsi militarmente sul territorio.

Tuttavia il 24 Novembre del 2015  la situazione peggiora a causa dell’abbattimento del SU-24 russo da parte della Turchia che ha dichiarato di aver agito in seguito alla violazione del proprio spazio aereo. Ciò che ne è scaturito è una vera e propria frattura delle relazioni fra le due potenze e una lunga escalation di sanzioni da parte della Russia consistenti nella riduzione dei flussi commerciali, nel blocco della costruzione del gasdotto russo attraverso la Turchia, nonché restrizioni ai tour operator( ricordiamo che la Turchia è una delle mete preferite dai turisti russi).

Sono chiare le conseguenze vissute dalla Turchia che nell’arco di un anno si è vista sempre più isolata dall’intera comunità internazionale. Questa nuova posizione di debolezza ha spinto il presidente a cercare di rimediare moderando i toni(in una prima fase Erdogan parlava di violazione del proprio spazio aereo mentre in seguito ha cominciato a definire la questione come “un incidente”)  al fine di giungere ad un riallacciamento dei rapporti.

I colloqui intercorsi fra Russia ed Ankara dopo circa 7 mesi di silenzio hanno mostrato dunque il volto debole di Erdogan e quello forte di Putin che ha atteso prima di cominciare a ridurre le sanzioni. Ad ogni modo, anche se a ritmo lento i rapporti sembrano essere ripresi.

Come si può notare, nonostante il verificarsi di avvenimenti politici importanti, si ritorna sempre al punto di partenza e cioè all’intrattenimento di relazioni e collaborazioni fra potenze tendenti ogni giorno a influenzarsi reciprocamente con non pochi, malcelati, tentativi di supremazia.

L’alternanza di alti e bassi in questa relazione fra Mosca e Ankara diventa dunque un fenomeno quasi naturale che continua a mettere le due potenze al centro di continue polemiche e querelle all’interno di una comunità internazionale che cerca ancora oggi di trovare un Leitmotiv a tutto questo.

Rita Blandino