Elezioni Usa: alla Clinton il primo round, ma Trump non ha ancora perso

Un confronto che sembra spostare gli equilibri in favore di Hillary Clinton, ma la partita resta ancora molto aperta. Questa la sintesi post del dibattito televisivo fra i due candidati alla presidenza della Casa Bianca. Un faccia a faccia duro, come nelle previsioni della vigilia, che ha attratto più di 84 milioni di telespettatori americani.

Fisco, sviluppo tramite il lavoro, il nodo terrorismo all’interno del grande problema della sicurezza interna, e inevitabilmente la questione razziale che in questi giorni imperversa le strade di molte città statunitensi. Siamo di fronte solo al primo dei confronti pubblici fra i due avversari, che caratterizzeranno le settimane mancanti alla data dell’Election day dell’8 novembre. La maggior parte degli analisti del voto parla chiaramente di una vittoria di Hillary Clinton, anche se dall’altra i network di stampo conservatore riportano dati e sensazioni differenti. È convinzione diffusa, però, che il confronto abbia premiato l’ex first lady, la quale, da adesso in poi, potrebbe prendere ulteriore slancio verso gli altri due successivi e decisivi appuntamenti. Una boccata d’aria fresca per la moglie di Bill che, di certo, non ha vissuto una campagna elettorale nelle attese fin dal periodo delle primarie. E su cui ha pesato persino una banale bugia sul suo stato di salute, alimentando ulteriormente i dubbi e le perplessità degli elettori ancora indecisi. Ma, nel complesso, sulla figura della Clinton grava ancora la macchia di “emailgate”, lo scandalo che ha avuto una sua fine a livello giuridico, ma non naturalmente in quello politico. E lo spettro è giunto anche durante il dibattito, per bocca di Trump. «La mia dichiarazione delle tasse? La pubblicherò quando Hillary Clinton pubblicherà le sue email», ha ribadito il tycoon per sviare la domanda del giornalista. Ma, diversamente da altre volte, Hillary è riuscita a parare i colpi, ammettendo semplicemente di aver compiuto un errore.

Preparazione, tanta, ed esperienza, altrettanto importante, a vivere certe sensazioni e palcoscenici. Grazie a questo, Hillary sembra aver fatto la differenza. Tanto nei temi quanto nelle parole adottate a difesa delle accuse di Trump, e all’attacco di quest’ultimo, riuscendo persino nell’intento di irretirlo. Già, alla vigilia del confronto, le indiscrezioni lasciavano trasparire un diverso modo di approcciarsi all’incontro. La Clinton si stava preparando da tempo, su ogni singola situazione e parola da dire. Al contrario di Trump, che come si è evinto dal dibattito, ha proseguito sulla falsa riga della strategia finora adottata, quella dell’improvvisazione, delle parole dette “di pancia”, cavalcando le emozioni del momento. Ad oggi una caratteristica “vincente” visto l’impatto nell’elettorato repubblicano e non, ma che durante il faccia a faccia televisivo non sembra aver pagato. Ne è uscita fuori un’interpretazione da “impreparato”, con l’ancora degli slogan che, questa volta, è servita a poco, se non a dimostrare l’inconsistenza delle proprie tesi. Finendo per cadere in alcune pericolose gaffe dato il momento elettorale. Vedi l’incremento (tutt’altro) degli omicidi a New York, la perdita dei posti di lavoro con riferimento alla Ford (l’azienda ha smentito), e tanto altro. E di certo, l’attacco finale alla Clinton di essersi preparata a dovere rappresenta un ulteriore autogol.

In generale, quindi, la Clinton sembra aver rappresentato meglio le sembianze del presidente degli Stati Uniti d’America. è apparsa più convincente su tutto il fronte delle tematiche. E i numeri dei vari sondaggi confermano questo quadro. Persino i mercati, che evidentemente tifano per l’ex first lady, visto l’andamento del dibattito hanno aperto positivamente nelle ore successive. È solo, però il primo degli appuntamenti pubblici e, si sa, in politica anche un solo giorno può essere decisivo per vincere le elezioni. A maggior ragione che, in queste regna una grande incertezza, frutto degli errori compiuti dai rispettivi candidati nel corso di tutta la sfibrante campagna elettorale. Trump alla lunga sta mostrando i limiti del non essere un politico di razza, scadendo in facili congetture e dichiarazioni spesso banali. Senza dimenticare che, dalla sua, non ha certo un partito che lo supporta in pieno, come dimostrano le prese di distanze di alcuni esponenti di rilievo dei conservatori, Mitt Romney e la famiglia Bush ad esempio. La Clinton, invece, paga gli scandali sulle email, tra cui anche quello emerso alla vigilia della Convention di luglio, in cui si denota un partito, quello democratico, disposto a fare carte false pur di far vincere l’ex first lady. Fatto che rischia di incidere sull’elettorato, già ampiamente restio a votarla, del suo ex avversario alle primarie Sanders. Ma, la moglie di Bill è sembrata essere poco incisiva durante tutta la sua campagna elettorale. Finora, sarebbe giusto dire, visto l’esito del dibattito televisivo con Trump dell’altra sera. Il primo di tre che, di sicuro, finiranno per pesare nel risultato finale. Tutto dipenderà dal modo in cui i rispettivi candidati tratteranno alcune delle tematiche spinose del momento. Terrorismo sì, economia sì, ma a sensazione, gli ultimi eventi danno un’ulteriore importanza alla questione razziale, dove una parola in più a favore della polizia o della comunità afroamericana, rischia di spostare dei voti decisivi. La Clinton dovrebbe partire avvantaggiata, data la predisposizione, netta, delle minoranze a supportarla. Mentre, Trump ha molto meno da perdere, e da questo potrebbe trarne un elemento a suo favore. La partita è aperta, e il risultato è tutt’altro che scontato.

Mario Montalbano


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