La (vecchia?) storia delle case Magdalene: qualcuna ancora resiste

Le Case Magdalene sono state per oltre due secoli degli istituti dove venivano trattenute – o meglio, portate con la forza – ragazze, donne che avevano compiuto “atti peccaminosi”, per evitare il pubblico scandalo.

Ragazze madri, giovani prostitute, adolescenti vittime di stupro, comportamenti sgraditi per una morale cristiana: tutto ciò che doveva essere tenuto lontano dagli occhi – e quindi dal cuore, dalla famiglia, dal portafoglio, dal proprio onore – come si tenta di debellare una malattia. Il duro lavoro, il rigore e tanta preghiera erano i doveri principali per il cammino verso la redenzione e l’espiazione dei gravi peccati commessi.

Gli istituti, grazie a questa massiccia mano d’opera (chi non ha una figlia o una sorella peccaminosa!) godevano di ampi guadagni grazie alle numerose operaie non retribuite che mandavano avanti la baracca, costruita per diventare una sorta di manicomio, usata come lavanderia industriale, travestita da centro di recupero. E non esiste un reale censimento di quante donne, dalla metà del XVIII secolo fino al 1996, siano passate – e purtroppo rimaste – per queste istituzioni della (misera) morale.

Appare doveroso fare qualche esempio, in questo caso irlandese, per rendersi conto delle nefandezze che rappresentavano questi inferni mascherati da ospedale: di qualche anno fa la notizia di una fossa comune, scoperta vicino una struttura che sessant’anni fa era una Casa Magdalene a Tuam, che ospitava circa venti corpi – ormai ridotti in scheletri – coperti da una lastra di cemento senza nomi e senza alcun segno di identificazione o provenienza; 796 bambini morirono nella stessa struttura, tutti compresi tra un giorno e nove anni di età, e di questi non è stata trovata alcuna traccia; ispezioni condotte nel 1944 riportano la presenza di oltre duecento bambini, descritti come “emaciati, fragili, malnutriti e trascurati”.

Si parla anche di un frequente sovraffollamento di questo tipo di strutture che ospitavano molte più unità di quanto in realtà potevano – e questo non stupisce affatto, se pensiamo che si tratta di vere e proprie carceri. Fu proprio una casa irlandese a chiudere per ultima in assoluto, tra le Magdalene diffuse nel mondo.

A mani nude nell’acqua bollente, le ragazze lavavano via il peccato che le aveva sporcate o che “rischiava di sporcarle” ma, nonostante l’ultima Casa Magdalene sia stata chiusa il 25 Settembre del 1996, quell’acqua morale (che ora si è trasformata in acido) brucia ancora l’oltraggiosa femminilità di troppe donne, per una ragione o per quella diametralmente opposta.

La realtà è che non abbiamo chiuso proprio nessuna casa, anzi ne abbiamo aperte di nuove e più grandi, estese come la rete, dalla rapidità offensiva impressionante. Ma siamo noi ad averle messe su, non anziani e bigotti cardinali o uomini di Chiesa e potere. Noi che siamo evoluti, avanzati, civilizzati, esportatori di modelli ideologici e politici. Ma – è bene precisarlo – le Case Magdalene sono esistite negli stati che oggi reputiamo tra le culle della democrazia o tra gli “stati modello”: Regno Unito, Irlanda, Canada, Stati Uniti e Australia. Anche se può sembrare un discorso generalista, fa sempre bene una riflessione su quanto siamo artefici di violenza ogni giorno della nostra “antipatica” vita social(e).

Daniele Monteleone


 

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