Come sono cambiati i rapporti fra Turchia ed Israele

Già nel 1492 la Turchia aiutò gli ebrei espulsi dalla Spagna offrendo loro ospitalità. E nel 1930 accolse gli ebrei fuggiti dalla Germania. Poco dopo la sua nascita, lo Stato d’Israele viene riconosciuto dalla Turchia, uno Stato a maggioranza musulmana.

I primi dissidi sorsero nel 2008 a seguito dell’Operazione israeliana Piombo fuso. Il primo ministro della Turchia Erdogan contestò duramente la campagna militare e utilizzò la platea del Forum Economico Mondiale per attaccare il Presidente israeliano Peres.

La rottura definitiva dei rapporti cominciò però il 31 maggio 2010.  Quel giorno sei navi si avvicinavano alle coste della Striscia di Gaza per fornire aiuti umanitari e interrompere il blocco navale imposto da Israele ed Egitto. Tra queste vi era la nave turca  Mavi Marmara che fu presa di mira dai soldati israeliani. Anche se non è ancora del tutto chiaro chi cominciò ad attaccare, questo incidente ha provocato la morte di nove turchi. L’operazione di aiuto alla popolazione della Striscia di Gaza era stata organizzata in parte da un gruppo turco, la Fondazione per i Diritti Umani, le Libertà e l’Aiuto Umanitario, considerata da Israele molto vicina ad Hamas e quindi pericolosa. La Turchia invece non ha mai considerato Hamas un’organizzazione terroristica e non ha mai limitato le sue attività nel territorio turco; inoltre, ha sempre sostenuto di appoggiare la popolazione palestinese. Certamente è difficile credere che oggi  il Presidente Erdogan voglia far rispettare i diritti dei palestinesi quando non rispetta i diritti dei cittadini turchi.      

La Turchia, dopo l’incidente del 2010, ritirò il suo ambasciatore da Tel Aviv ed espulse l’ambasciatore israeliano da Ankara. Solo nel 2013, grazie anche al ruolo da mediatore del Presidente Obama, il premier israeliano Benjamin Netanyahu si scusò ufficialmente per le vittime turche. I dissidi tra Russia e Turchia per la situazione siriana hanno fatto sì che la Turchia guardasse con maggiore interesse ad un riavvicinamento con Israele, paese capace di fornire fonti alternative di energia.

Nel dicembre 2015 i due paesi si avvicinarono ad un’intesa che prevedeva il versamento, da parte di Israele, di venti milioni di dollari per risarcire le famiglie delle vittime turche, la ripresa delle relazioni e il ritorno degli ambasciatori, la limitazione delle attività di Hamas in territorio turco e la cooperazione per quanto riguarda lo sfruttamento del gas. Il gas israeliano dovrebbe, infatti, essere esportato verso l’Europa passando per la Turchia.     

Nel giugno 2016 Netanyahu incontrò, a Roma, il Segretario di Stato Usa Kerry per delineare gli ultimi punti dell’accordo – ad esempio, la possibilità per la Turchia di fornire aiuti a Gaza tramite un porto israeliano. Le famiglie e i membri della Mavi Marmara avevano chiesto anche la fine del blocco sulla Striscia di Gaza, ma Israele continua a rivendicarlo come un suo diritto, necessario per proteggere la popolazione israeliana.

Proprio tre giorni fa il presidente Erdogan ha voluto incontrare Putin, inaugurando una riconciliazione tra due Stati che si sentono lontani dal mondo europeo e americano. Questo ovviamente potrebbe far sembrare Israele meno interessante a livello economico agli occhi della Turchia e aprire le porte a nuovi scenari. I leader di questi paesi con buona probabilità non mancheranno di dare colpi di scena.

Deborah Conigliaro