TPP: cosa è e come si sviluppa il fratello maggiore del TTIP

Il Trans-Pacific Partnership è un accordo commerciale siglato da dodici paesi il quattro febbraio di quest’anno. I paesi che sono parte dell’accordo si affacciano sull’oceano Pacifico e sono: Brunei, Nuova Zelanda, Singapore, Cile, USA, Australia, Perù, Vietnam, Malesia, Messico, Canada e Giappone.

Le trattative che hanno portato all’accordo sono state lunghe e difficili al punto che il termine iniziale di chiusura dell’accordo, il 2012, è stato largamente superato. Dopo la chiusura dell’accordo altri paesi hanno manifestato l’intenzione di aggiungervisi, fra questi la Tailandia, la Corea del Sud, le Filippine, la Colombia, Taiwan e l’Indonesia. Come è evidente dall’elenco fatto, la grande assente risulta essere la Cina, secondo molti esclusa per limitarne la penetrazione commerciale e le volontà egemoniche sull’area. Altri economisti, al contrario, hanno sottolineato come la partecipazione per la Cina non avrebbe comportato un significativo miglioramento economico.  

Il cuore dell’accordo riguarda una sostanziale riduzione delle barriere tariffarie fra i partecipanti accompagnate da forti regolazioni nel settore della tutela della proprietà intellettuale, soprattutto per il settore farmaceutico. Altro punto forte dell’accordo riguarda la promozione degli investimenti transfrontalieri e la loro tutela attraverso un meccanismo di ISDS (Investor-State Dispute Settlement), una sorta di corte arbitrale nella quale le aziende che investono potranno fare valere le loro ragioni anche contro lo Stato nel quale investono.

Il Trattato ha visto numerose critiche più o meno favorevoli.

Per quel che riguarda gli effetti economici si scontrano due visioni: la prima sostiene come il TPP porterà un aumento generalizzato del benessere trainato dalla crescita degli scambi commerciali e un conseguente aumento dei posti di lavoro (analisi di questo tipo si possono trovare presso la Banca Mondiale e in lavori di alcune università statunitensi); la seconda sostiene che il TPP non faccia altro che portare avanti una visione neoliberista nella quale a pagare per primi saranno i lavoratori con una diminuzione dei salari e un rafforzamento delle posizioni contrattuali delle “corporations”, nonché un sostanziale aumento della diseguaglianza (al riguardo le critiche maggiori sono venute da Stiglitz, Choamsky e nel campo politico da Sanders). Sempre in campo economico, sono presenti critiche da settori industriali, come quello automobilistico americano, timorosi di subire un eccesso di concorrenza estera, mentre altri settori vedono un rafforzamento delle proprie protezioni (il settore farmaceutico è uno di questi).

Altre forti critiche ha ricevuto il metodo poco trasparente con cui sono state portate avanti le trattative delle quali nulla è stato fatto trapelare presso le opinioni pubbliche. Un punto centrale dell’accordo che ha scatenato molte critiche e che rischia di affossarne l’intero iter di ratifica riguarda gli ISDS. Questi strumenti, sostanzialmente di natura arbitrale, di risoluzione delle controversie fra stato e aziende sono stati concepiti per rafforzare la tutela delle imprese in Stati ove lo stato di diritto non fosse ben radicato. La realtà è che questi strumenti rafforzano le posizioni contrattuali delle aziende anche nei confronti degli Stati, indebolendone i sistemi giudiziari. Questa clausola potrebbe, ad esempio, essere utilizzata quando gli Stati prendono misure per la tutela della salute o dell’ambiente che minano gli investimenti delle imprese. Altre critiche hanno riguardato la scarsa presenza della tutela dell’ambiente e i diritti del lavoro. In sintesi, accanto a critiche favorevoli riguardo i possibili effetti macroeconomici favorevoli sono state espresse molte critiche negative al Trattato nel suo complesso.

Tutte le critiche al Trattato potrebbero comportarne un iter di ratifica complesso nei dodici stati partecipanti. Negli USA le maggioranze avverse al presidente Obama al Congresso non fanno presagire un percorso agevole e la situazione è molto simile in altri paesi. Potrebbe anche accadere che il trattato venga azzoppato per essere rivisto o definitivamente accantonato, in modo molto simile al suo fratello minore atlantico.

Francesco Paolo Marco Leti – Luciana Lotta