Le tipologie di referendum nell’Ordinamento costituzionale italiano

Spesso il referendum diventa il teatro di scontro tra sovranità popolare e tecnicismo dei quesiti, tra merito delle decisioni e personalizzazione da parte del leader politico di turno. Proviamo a far luce su questi ed altri aspetti, cercando di inquadrare l’istituto referendario, analizzandone le caratteristiche di base e prestando attenzione anche alla sua portata storica.

Come funziona il referendum nell’Ordinamento costituzionale italiano

In Italia distinguiamo diversi tipi di referendum, in base alle caratteristiche che presentano:

– anzitutto si parla di referendum costituzionale, legislativo o amministrativo, a seconda della natura dell’atto sottoposto al voto popolare;
– i referendum poi possono essere: obbligatori facoltativi (nel primo caso si svolgono di diritto, mentre nel secondo su iniziativa dei soggetti legittimati);
– un’altra distinzione è quella tra referendum attivo passivo, in base alla provenienza dell’iniziativa (nel primo caso da un corpo elettorale, mentre nel secondo da un organo pubblico);
– e poi ancora si distingue tra preventivo o successivo, a seconda che preceda o segua l’entrata in vigore dell’atto che ne costituisce l’oggetto; 
infine, importante è la differenza tra referendum decisionale e consultivo (nel primo caso la consultazione ha efficacia giuridicamente vincolante, elemento che manca nel referendum consultivo).

Per quanto riguarda la tipologia, la Costituzione italiana ne prevede 4: abrogativo (art. 75), costituzionale (art. 138), territoriale (art. 132 comma 2) e regionale (art. 123, comma 1 e comma 3). Il referendum abrogativo di leggi e atti con forza di legge è un referendum di tipo legislativo (in quanto può riguardare l’intero testo di una legge, una parte di legge o di un atto avente forza di legge); è inoltre facoltativo e attivo (perché può essere richiesto da 500 mila elettori o da almeno 5 Consigli regionali). È infine successivo (in quanto segue l’entrata in vigore della legge o dell’atto che ne costituisce l’oggetto). 

Il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione si configura come costituzionale (avendo per oggetto un progetto di legge costituzionale o di revisione costituzionale), facoltativo e ad iniziativa mista (può essere richiesto infatti oltre che da 500 mila elettori e da 5 Consigli regionali, anche da 1/5 dei membri di una Camera); il referendum costituzionale è inoltre eventuale (in quanto può essere richiesto solo se la maggioranza raggiunta nelle camere in sede di seconda deliberazione sia inferiore ai 2/3 dei componenti), preventivo (perché costituisce una fase del procedimento di attuazione di una legge o atto) e decisionale (perché dal suo esito dipende l’entrata in vigore o la decadenza del progetto approvato dalle camere).

La Costituzione italiana prevede il ricorso a 2 ipotesi di referendum territoriale:
– il referendum sulla fusione di più regioni o la creazione di nuove regioni (con un minimo di 1 milione di abitanti su richiesta dei Consigli comunali che rappresentino almeno 1/3 delle popolazioni interessate, come disposto all’art. 132, comma 1);
– il referendum sul passaggio di province e comuni da una regione a un’altra (art. 132, comma 2). 

Questi referendum (costituzionali, abrogativi e territoriali) sono stati attuati con legge n.352/1970. L’art. 123 della Costituzione, prevede infine anche 2 diversi tipi di referendum regionale:
– il primo, disciplinato dal 3° comma, riguarda il c.d. procedimento rinforzato mediante il quale una regione ad autonomia ordinaria potrà darsi un nuovo statuto;
– il secondo tipo di referendum è quello che – ai sensi del citato articolo, comma 1 della Costituzione – deve essere regolato dagli statuti regionali, e può riguardare sia leggi della regione che atti amministrativi, ma può anche assumere natura abrogativa, consultiva o propositiva. 

Altri referendum a livello comunale e provinciale sono poi previsti da fonti sub-costituzionali (in particolare sono disciplinati dall’art. 8 del Testo Unico Enti Locali).