Francia-Germania: dai campi di battaglia a quelli da calcio

Di Francesco Polizzotto – Quella giocata il 7 luglio non è stata soltanto la semifinale di Euro 2016. La sfida che ha visto opposte la Francia e la Germania non può essere archiviata come una normale partita di calcio. I padroni di casa guidati in panchina da Didier Deschamps hanno avuto la meglio sui tedeschi campioni del mondo in carica, raggiungendo così la finalissima degli europei contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo.

Quel che però ha reso speciale l’incontro di ieri sera andava ben oltre gli aspetti meramente calcistici. La storia che concerne queste due nazioni, da sempre protagoniste di un rapporto particolare, scandito da guerre e pace, accordi e trattative, antagonismo e cooperazione, ha caratterizzato la partita di ieri sera come l’ennesima puntata di una rivalità infinita.

Dopo essersi fatte guerra per ben tre volte nell’arco di settant’anni, dalla guerra franco-prussiana nel 1870 alle due guerre mondiali, Francia e Germania hanno intrapreso a partire dal secondo dopoguerra un percorso di riavvicinamento e collaborazione sia dal punto vista della società civile che a livello politico.

Architrave dell’edificio comunitario, il legame tra Francia e Germania è stato fondamentale per la promozione dei principali appuntamenti dell’integrazione europea: dalla CECA alla CEE, dal “serpente monetario” allo SME, fino ad arrivare al Trattato di Maastricht ed all’adozione dell’Euro. Il direttorio franco-tedesco, nato de iure col Trattato dell’Eliseo del 1963, ha rappresentato per un lungo periodo la condizione necessaria e sufficiente del cammino d’integrazione comunitaria.

Nella storia delle relazioni internazionali la riconciliazione tra Francia e Germania ha fornito un esempio straordinario di come sia possibile per un continente di guerra e di conflitti trasformarsi in un continente di pace e di cooperazione e di come grazie ad uno sforzo ben congegnato ed alla fiducia reciproca il nemico possa diventare un alleato fidato. Il presidente francese Charles De Gaulle ed il cancelliere tedesco Konrad Adenauer possono essere considerati i fondatori dell’amicizia e dell’intesa franco-tedesca.

La storia dell’asse franco-tedesco, le “couple franco-allemand” è scandita da compromessi e concessioni reciproche tra Parigi e Bonn/Berlino. Sebbene oggi abbia perduto la sua influenza all’interno di un’Unione Europea allargata, questo asse privilegiato resta comunque di vitale importanza per i destini europei. Le “couple franco-allemand” ha oltrepassato i suoi cinquant’anni di vita ed è profondamente radicato nelle società francese e tedesca. Proprio grazie a questo radicamento, l’intesa perdura anche quando non esiste un buon legame tra i rispettivi leader politici.

Malgrado il cammino percorso dopo la seconda guerra mondiale e l’amicizia che si è instaurata tra i due Paesi, i vecchi risentimenti tra le due “nemiche ereditarie” possono risorgere anche a causa di episodi non propriamente politici o di eventi storici.

Lo dimostra ad esempio quanto successo in occasione della partita tra le nazionali di calcio, valida come semifinale dei mondiali di Spagna ’82. Esattamente 34 anni fa andava in scena la semifinale tra Francia e Germania Ovest del campionato mondiale di calcio 1982. Disputata allo stadio Ramón Sánchez Pizjuán di Siviglia e terminata con la vittoria della squadra tedesca per 5-4 ai calci di rigore, resisi necessari dopo il pareggio 3-3 alla fine dei tempi supplementari, questa sfida è stata ribattezzata “battaglia di Siviglia”. L’intenso agonismo in campo, il susseguirsi di ribaltamenti di fronte, gli innumerevoli colpi di scena e la qualità tecnica mostrata rendono unanimemente questa partita un classico della storia del calcio. La FIFA ha incluso questa partita fra i Classic Football Matches. La partita vide il confronto-scontro tra due «scuole» calcistiche opposte: quella tedesca, basata sulla concretezza e sulla fisicità, e quella francese, basata sulla tecnica e sul bel gioco.

Fra gli eventi rimasti impressi nell’immaginario collettivo, spiccano il grave infortunio del giocatore transalpino Patrick Battiston su fallo non sanzionato del portiere Harald Schumacher e la rimonta nei tempi supplementari della Germania, in svantaggio di 3-1 al 99º minuto ed in parità 3-3 dieci minuti dopo. Michel Platini, all’epoca capitano della nazionale francese, ha definito questo incontro “la partita più bella della sua intera carriera calcistica”. Alla semifinale tra Francia e Germania, arbitrata dall’olandese Charles Corver, assistettero 70.000 spettatori; l’incontro fu il primo nella storia dei mondiali di calcio ad essere deciso dai tiri dal dischetto, regola introdotta nel 1978.

La Germania iniziò la gara molto bene, schiacciando una timida Francia nella propria metà campo e colpendo una traversa su calcio di punizione di Littbarski. La gara venne sbloccata al 17º, quando Littbarski, dopo una corta respinta del portiere francese Ettori, mandò la palla in rete. Dieci minuti dopo, però, Platini pareggiò su calcio di rigore, dopo uno scontro in area tra Rocheteau e Förster. Il secondo tempo finì a reti bianche, nonostante un netto predominio territoriale della Francia, che con i suoi fraseggi eleganti mise in seria difficoltà la Germania. All’ultimo minuto del tempo regolamentare la Francia colpì una traversa con Amoros. Nei supplementari, al 92º minuto, la Francia trovò il gol del vantaggio con Trésor, sugli sviluppi di un calcio di punizione, ed al 98º arrivò il gol  dell’1-3 con Giresse. Per correre ai ripari, l’allenatore tedesco Derwall fece entrare il claudicante Rummenigge al 97º minuto, ed al 102º il centravanti tedesco realizzò la rete del 2-3 che riaprì la gara. Nel secondo tempo supplementare la Germania Ovest, continuando ad attaccare con molta tenacia, riuscì a trovare la rete del pareggio con una splendida rovesciata di Klaus Fischer, portando l’incontro ai rigori. Dopo due rigori tirati perfettamente da Kaltz e Breitner, la Francia passò in vantaggio quando Ettori parò il rigore troppo centrale di Stielike, il quale cadde immediatamente a terra disperato, ma prontamente e perentoriamente rialzato da Schumacher (che subito dopo, con la sua parata, avrebbe rimediato all’errore del compagno). Le sue lacrime furono una delle immagini più forti del match, tant’è che, soffermandosi sulla scena di Littbarski che consolava Stieleke, la telecamera spagnola non riprese l’inizio del tiro di Six, che sbagliò, compensando quindi l’errore tedesco. Alla fine dei tiri regolamentari, dopo i gol di Rumenigge e Platini, il risultato fu di 4-4, e perciò si andò ad oltranza; Bossis si fece parare il tiro da Schumacher, mentre Hrubesch non fallì il tiro del 5-4, consentendo quindi ai tedeschi di guadagnare l’accesso alla finalissima (che poi avrebbero perso contro l’Italia).

Quella gara, oltre che per il gioco, è ricordata ancora oggi per lo scontro tra il portiere tedesco Schumacher e il difensore francese Battiston, avvenuto nel secondo tempo nell’area di rigore tedesca. Battiston, entrato in campo al 52° minuto al posto di Genghini, venne servito a centrocampo da un magnifico lancio di Platini, si diresse verso l’area avversaria e dal limite fece un pallonetto che andò fuori di poco. Schumacher, uscito male, anziché andare sul pallone si scagliò contro il francese nel tentativo di ostacolarlo, buttandolo per terra. Nello scontro, Battiston rimase a terra per circa un minuto, privo di sensi e completamente immobile. Successivamente riprese conoscenza e venne quindi portato fuori in barella. Schumacher, invece, non riportò infortuni e, rialzatosi, fu fatto oggetto di fischi mentre palleggiava e faceva stretching durante i soccorsi a Battiston. L’arbitro Corver non concesse il calcio di rigore, considerando involontario quell’incidente e facendo riprendere quindi il gioco con una semplice rimessa da fondo campo. Battiston restò qualche giorno in coma, e quando venne dimesso dall’ospedale, con due denti rotti, fu costretto a portare il collare.

Seguito in diretta da milioni di spettatori, l’episodio è stato vissuto come una delle più grandi ingiustizie subite dalla nazionale transalpina e soprattutto ha riacceso la fiamma dell’antagonismo franco-tedesco. Numerosi francesi giurarono che non avrebbero mai più messo piede oltre Reno e la stampa francese fu estremamente dura nei confronti di Schumacher. L’Équipe scrisse “Tony Schumacher, Beruf Unmensch” (Tony Schumacher, mostro professionale). Le Figaro lanciò un sondaggio in cui indicare il tedesco più odiato di tutti i tempi e Schumacher riuscì a battere persino Adolf Hitler!  

Intervistato a distanza di anni, l’ex portiere tedesco si mostrava dispiaciuto per le conseguenze subite da Battiston ma difendeva comunque la sua posizione. “È successo e basta, ma all’epoca io non volevo costruirci intorno tutto il teatro che fecero. Platini era una decina di metri oltre la metà campo. Lui era di quelli che sanno vedere uno spazio di campo prima degli altri. Toccò due volte il pallone e lanciò lungo verso la mia area, dove stava arrivando Battiston. Stava correndo verso la mia porta e poco fuori l’area di rigore tocca la palla in corsa e la fa ballonzolare in avanti. Io non ero già più lì, ero addosso a lui, lo avevo abbattuto con un colpo d’anca quando era troppo tardi per prendere il pallone ed ancora troppo presto per pentirsi. La palla era fuori e quella era la prima cosa che davvero mi importava. Ci stavamo giocando il posto in finale, la finale della coppa del mondo del 1982 ed il risultato era 1 a 1. Figurarsi se volevo prendere gol a mezz’ora dalla fine. Janvion e Rochetau si avvicinarono a Battiston, che se ne stava sdraiato a terra, poi arrivarono medici, massaggiatori, tutta quella banda lì. Io andai a recuperare il pallone e lo sistemai nell’area piccola: c’era da battere una rimessa dal fondo, era quello il mio lavoro. Chi piangeva, chi infilava un dito nella bocca del francese, mi hanno poi detto che aveva degli spasmi, si contorceva, non lo so, non fatemele vedere più quelle immagini! Potrei vergognarmi di me, di me che non mi avvicinai per verificare come stava l’uomo che avevo colpito, mentre anche l’arbitro se ne andava in giro per il campo, senza chiamare la barella, senza neppure un cartellino giallo per me. Gli tenevano il polso, il suo respiro non era più regolare, vidi che lo portavano via sdraiato, la testa chinata su un lato, ed io pensai che si stava perdendo un mucchio di tempo, volevo calciare, rinviare e ricominciare. La cosa che conta nel calcio è spaventare l’avversario, intimidirlo. L’attaccante deve pensare che il portiere è un drago volante, che io sono un drago volante, agile come un diavolo. L’area di rigore è mia. La porta è un tempio sacro. Non poteva essere Battiston il primo a cui fare un’eccezione; gli andai dritto addosso perché in quel momento mi interessava soltanto difendere la mia porta. Ne prendemmo due nei tempi supplementari, ne segnammo due quando pareva finita: 3 a 3. Rigori. Lo parai a Bossis ed a Six. In finale c’eravamo noi, a questo pensavo quando nello spogliatoio ci dissero che Battiston aveva perso conoscenza, aveva due vertebre incrinate ed aveva perso due denti. Erano tutti in silenzio, nessuno aveva voglia di parlare, che razza di aria è mai questa, pensai, e dissi che a quel Battiston gli avrei pagato io una dentiera d’oro. Vi prego, non fatemele più rivedere quelle immagini!” “Mia madre al telefono mi disse che in tv le era parso un incidente gravissimo, quel povero ragazzo, ripeteva, quel povero ragazzo. I francesi fecero peggio di lei per farmi sentire in colpa. I loro giornali mi definirono un mostro di professione, Le Figaro chiese ai lettori di indicare il tedesco più odiato di tutti i tempi ed ovviamente vinsi io, battendo anche Hitler. Mi trasformarono in un simbolo della Germania da odiare. Che cosa ne sapevo io della storia tedesca, della nostra immagine agli occhi degli stranieri e soprattutto agli occhi dei francesi? Assolutamente niente, ero l’uomo più apolitico che ci fosse in tutta la Germania. All’improvviso diventai il simbolo di una vittoria disonorevole ottenuta contro la Francia, il simbolo di un nuovo sentimento antitedesco. Ed allora dissi quello che dissi, che Battiston era diventato famoso dopo l’incidente, mentre io lo ero già”.

Nei giorni successivi alla battaglia di Siviglia il giornale Paris-Match si lanciò in paragoni con le precedenti battaglie franco-tedesche: “Tout est guerre. Et 1914. Et 1940. Et 1982 où, pour la troisième fois en un siècle, la France rencontrait l’Allemagne dans un match et le champ de bataille de Séville”. Di fronte a tali rigurgiti dell’odio franco-tedesco, il presidente francese François Mitterrand ed il cancelliere tedesco Helmut Schmidt furono costretti a pubblicare un comunicato congiunto volto a rasserenare gli animi. La partita giocata l’8 luglio 1982, ribattezzata “battaglia di Siviglia” ha ispirato numerose canzoni, opere teatrali e film.

Ieri sera è stata scritta un’altra pagina di questa infinita rivalità tra Francia e Germania. A differenza di Siviglia ’82, sono stati i francesi a conquistare la finale. Per Griezmann e compagni si è trattato di sfatare un vero e proprio tabù, dato che le ultime tre sfide nei tornei ufficiali (Spagna ’82, Argentina ’86 e Brasile 2014) avevano sorriso sempre ai tedeschi. Al di là di chi abbia prevalso in questi europei, fortunatamente parliamo di confronti sui campi da calcio e ricordiamo soltanto quelli avvenuti sui campi di battaglia. Il confronto di ieri sera si è concluso nel rettangolo da gioco del campo di Marsiglia. Il calcio può anche raccontare delle storie stupende ma resta pur sempre un gioco. La Storia invece è quello che è successo nel passato, deve essere ricordata e studiata nel presente ed è maestra di vita per il futuro.


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