L’autonomia siciliana: errore o occasione persa?

Molti non lo sanno, ma l’autonomia della nostra regione esiste ancor prima che la Repubblica divenisse la forma istituzionale scelta dagli italiani: infatti, il 15 maggio del 1946, alcuni giorni prima del Referendum istituzionale, il Re d’Italia Umberto II, concesse alla regione con Regio Decreto la speciale autonomia.

La scelta règia di dotare la Sicilia di uno status che la rendesse uno “Stato dentro lo Stato”, è da ricercare nel separatismo locale che, dopo l’occupazione americana, ha ritrovato forze per sostituirsi allo Stato, con tanto di tassazione e forze armate: un autonomismo violento e repentino quindi, utilizzato per stroncare il separatismo.

Il primo governo regionale, un monocolore DC guidato dal sancataldese Giuseppe Alessi, si insediò il 25 maggio del 1947, pochi giorni dopo la prima strage repubblicana della nostra storia, quella di Portella della Ginestra.

In questi settanta anni di autonomia, ben poco è stato realizzato per trasformare la Regione in un polo di tecnologia, cultura, agricoltura e turismo.

E’ stato fatto di tutto, però, per far divenire la Regione uno “stipendificio” che non trova eguali in nessun’altra parte del globo: una massiccia burocrazia e un numero infinito di impiegati che ha reso la cosa pubblica regionale un ostacolo immenso per il cittadino, che si ritrova a spendere buona parte del tempo a girovagare per gli uffici, per veder realizzati i suoi bisogni.

Quali sono le alternative per cambiare strada? A mio avviso, bisognerebbe ripensare al concetto stesso di autonomia, pensando anche di modificare lo statuto, da speciale a ordinario: in questo modo, l’intero apparato regionale sarebbe equiparato a quello di tutte le altre regioni. Dopo settanta anni di autonomia poco è stato fatto e molto è stato sprecato, quindi non vedo perché sia necessario mantenere l’autonomia.

Numerose sono le occasioni perse dalla Sicilia per poter sviluppare il territorio: dalla promozione del turismo, che pone la nostra terra come una delle mete più ambite al mondo (dalle meravigliose spiagge delle coste trapanesi alla valle dei Templi di Agrigento, passando per la splendida Taormina), allo sviluppo dell’agricoltura (tra questi, da annoverare il grano duro siciliano, già oggetto di mia analisi in un articolo precedente, edito sempre per Eco Internazionale), alle infrastrutture (ad oggi, le strade ed autostrade siciliane sono tra le più obsolete e poco manutentate dell’intera penisola; per non parlare del sistema ferroviario regionale, che vanta pezzi di archeologia ferroviaria, come le mitiche locomotive diesel o le linee ancora non elettrificate delle zone trapanesi).

E’ giunto il momento di dare una svolta ad una terra tanto martoriata, una terra sfruttata malamente e non valorizzata.

Se fossimo stati molto più astuti, oggi, la Sicilia sarebbe la locomotiva dell’Italia e dell’Europa Meridionale. Purtroppo ancora ci riportiamo la mentalità che ci ha accompagnati per lunghi secoli di dominazione borbonica. Chissà quando cambieremo.

Giuseppe Sollami