Brexit, le prospettive di un’Europa senza il Regno Unito

Di Giuseppe Sollami – “Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali, ad un livello comunitario” (Mario Monti)

Il 23 Giugno 2016 è il giorno in cui il Regno Unito decide, tramite un referendum, di abbandonare l’Unione Europea ed affidarsi al suo destino. Inevitabile lo shock iniziale dei mercati valutari e finanziari: le borse, all’alba del 24 giugno, aprono con perdite medie del 7,50% e la Sterlina è indebolita rispetto alle tre valute principali (Euro, Dollaro e Yen), sintomo che gli investitori e il mondo economico tutto vede di malocchio la decisione inglese di abbandonare la nave europea.

L’Unione Europea riceve il colpo più duro forse dalla sua fondazione: gli scossoni degli anni dello SME sono briciole rispetto a quello che accadrà d’ora in poi. C’è da dire che il passaggio non sarà celere, ma occorreranno alcuni anni affinché le trattative tra UK ed UE possano produrre i primi frutti di un divorzio.

Analizziamo alcune conseguenze:

  • forse la più importante, è il ritorno alle dogane: infatti, all’indomani della ratifica degli accordi che sancirà definitivamente l’uscita inglese dall’Unione Europea, lo spostamento dei cittadini, inglesi ed europei, avverrà attraverso visti e passaporti, il che renderà più complesso lo spostamento tra due regioni in cui esso è linfa vitale. Questa ipotesi sarà subito accantonata, durante le fasi della negoziazione con un accordo sullo scambio di merci e persone, che manterrà invariata la metodologia di spostamento tra le due sponde della Manica.
  • sicuramente, le conseguenze maggiori a livello monetario, economico e politico, saranno per la maggiore, addossate al Regno Unito: infatti, la Sterlina verrà deprezzata dai mercati internazionali, per via del clima di incertezza che sovrasterà i cieli di Londra per alcuni mesi. Non escludiamo il tanto sognato pareggio valutario tra Euro e Sterlina, che significherebbe guadagno economico nelle contrattazioni per i Paesi che adottano la moneta unica. Da valutare con attenzione, inoltre, il frammentato clima politico presente all’interno del Regno guidato da Elisabetta II: potrebbero esserci nuovi referendum, in Scozia e nell’Irlanda del Nord, per sancire l’uscita dal Regno stesso; insomma un clima non di festa per Londra, che si ritroverà ad affrontare una serie di prove inattese.
  • continuare a legiferare in Europa, dove la lingua ufficiale è l’inglese, senza però la presenza degli inglesi stessi. Appare come una contraddizione: sicuramente i nuovi passi dell’UE a 27 saranno improntati anche alla scelta di una nuova lingua ufficiale, quale può essere il Francese, già seconda lingua utilizzata negli ambienti politici europei.
  • numerosi problemi nasceranno per le imprese che operano al di là della Manica, cosi come per tutti i milioni di studenti europei che ogni anno si muovono alla volta del Regno Unito: per le aziende risulterà sicuramente meno vantaggioso investire nel Regno, poiché verranno meno tutte le agevolazioni ed incentivi permessi dall’Unione Europea e quindi si assisterà ad una migrazione verso sistemi finanziari più agevoli. Per gli studenti sarà molto difficile studiare nei college, dal momento che verranno meno i programmi come l’ Erasmus o più semplicemente, verrà meno la copertura sanitaria che è concessa ai cittadini europei.
  • per ultimo, ma non per importanza, si aprirà un nuovo dibattito all’interno dell’Unione Europea, forse il più importante degli ultimi trenta anni: quello di muoversi finalmente verso un’unione politica effettiva, dotandosi di una Costituzione, di una moneta adottata da tutti (e dico tutti) i membri e di un sistema di difesa unitario. Non è più il tempo di prendere alla leggera la questione: direbbe Cavour, traslato ne tempi moderni, “Qui o si fa l’Europa o si muore!”. Bisogna, una volta per tutti, tutti quanti i Paesi appartenenti, cedere la propria sovranità per creare un unico Stato Federativo, cosi come alla fine del 1700 fecero le 13 colonie americane. Non è più il tempo per l’Europa dei burocrati, è giunto il momento di dare vita agli Stati Uniti d’Europa, altrimenti è meglio risolvere pacificamente la Comunità e ritornare indietro di sessanta anni, agli Stati indipendenti e sovrani.

Bisogna che tutti si sentano veramente Europei, al di sopra di ogni nazionalità, di ogni religione e di ogni credo politico, perché è l’Europa che ci ha aperto al mondo e fatto crescere con lo spirito cosmopolita che oggi tutti noi abbiamo.

“L’Europa non potrà farsi una sola volta, ne sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazione concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”  (Robert Schuman)


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