Cosa sta accadendo al Brennero?

La scorsa settimana il Brennero è stato teatro di una protesta contro la decisione del governo viennese di istituire controlli al confine. La manifestazione è stata organizzata da giovani provenienti dai centri sociali italiani, tedeschi e austriaci, i quali sono partiti dalla stazione ferroviaria e sono riusciti ad entrare in territorio austriaco. Una volta superato il confine, si sono verificati momenti di tensione con la polizia austriaca, la quale ha dovuto ricorrere agli spray urticanti per evitare che i manifestanti occupassero la ferrovia. Tuttavia, non ci sono state ripercussioni gravi e, alla fine, il corteo si è sciolto.

Al termine della protesta, i manifestanti hanno lasciato sull’asfalto uno striscione con la scritta “welcome refugees”. Si tratta di una delle prime reazioni alla politica di chiusura adottata non solo dall’Austria, ma anche da altri paesi nei confronti dei rifugiati. Certo, l’imposizione dei controlli al Brennero rappresenta una decisione di grande rilevanza politica, un atto che non si verificava dai tempi del crollo del muro di Berlino e dalla realizzazione degli accordi di Schengen. Ripercorriamo un attimo le fasi storiche che caratterizzano il nostro celebre valico, da anni protagonista di eventi significativi dal punto di vista storico, politico e culturale.

Le origini del passo del Brennero risalgono al periodo romano quando, nel 15 a.C., venne costruita la prima strada, la via Claudia Augusta. A quel tempo attraversare le Alpi non era certo un’impresa facile. Occorreva affrontare un lungo viaggio, ricco di insidie, tra le gole dell’Isarco. La situazione migliora 200 anni dopo, quando venne realizzata una strada militare, ma l’importanza del Passo diventa cruciale nel 1867, sotto l’impero austriaco, con l’inaugurazione della Ferrovia del Brennero, principale collegamento tra l’Italia e l’Austria, attraverso le stazioni di Bolzano e Innsbruck. Nel 1940, il passo è stato teatro del celebre incontro tra Mussolini e Hitler, i quali discussero le trattative dell’Asse Roma-Berlino, seduti all’interno di un vagone. Durante la guerra, treni merce varcarono quel confine trasportando prigionieri, ebrei e oppositori politici verso i campi di sterminio nazisti in Germania. Ancora oggi, il valico del Brennero costituisce il punto più basso per varcare le Alpi ed entrare in Austria ed è, perciò, un centro nevralgico in cui si snodano i traffici economici tra i due paesi. Oggi per varcare il confine, basta percorrere l’autostrada che si snoda attraverso le valli del Trentino e dell’Alto Adige, costruita nel 1960 e che costituisce il collegamento più importante. Ma la straordinaria importanza del Brennero è stata rimarcata nel 1998 quando Giorgio Napolitano, allora ministro dell’interno, e il suo collega austriaco, Karl Schlögl, rimossero le barriere che dividevano i due paesi, dando inizio all’era Schengen. Da quel momento, persone, merci, veicoli, turisti attraversano un confine delimitato solo da un cartello stradale, realizzando quell’integrazione di cui l’Europa si è sempre fatta promotrice.

Oggi quell’era di ottimismo, di apertura, di fiducia sembra ormai tramontata. Da alcune settimane, infatti, il governo viennese ha dato inizio ai lavori per la costruzione di una barriera al confine con l’Italia. La struttura servirà a controllare e a monitorare il transito di persone e merci. Tuttavia, le autorità si guardano bene dal destare scalpore, misurando bene le parole: utilizzano infatti l’espressione “Management di confine”, il cui obiettivo è garantire una migliore gestione dei flussi che dal Sud si dirigono in Europa. In realtà è chiaro che si tratta di una misura di precauzione che Vienna sta adottando al fine di limitare i processi migratori che oggi stanno mettendo l’Europa alle strette. Si tratta di una conseguenza diretta dell’incapacità dell’Unione Europea di adottare una strategia effettiva e concreta, per cui ogni paese finisce per tutelare se stesso, chiudendo le porte.

Al di là delle ragioni che sono alla base del “management di confine”, la decisione di reintrodurre controlli al Brennero pone comunque fine a un’era. Schengen cade progressivamente sotto i colpi dell’incertezza e del sospetto. Non c’è dubbio, infatti, che il sostanziale atteggiamento di chiusura che i vari paesi europei stanno seguendo altro non è che il sintomo di un’Europa che ha paura. Paura di non potere controllare né gestire una crisi umanitaria divenuta ormai senza precedenti.

Ancora una volta il Brennero assiste ad avvenimenti di grande impatto che segnano e segneranno la storia. Dalla firma del Trattato di Saint-Germain-en-Laye nel 1919, con cui il Sud-tirolo viene finalmente annesso al Regno d’Italia e con cui viene definito il cofine con l’Austria, all’apertura di quella frontiera con gli accordi di Schengen fino ad oggi, il Valico è un simbolo di integrazione e, come tale, deve essere ricordato. Lo sapeva Goethe, che nel 1786, affrontò quell’insidioso viaggio attraverso le Alpi per giungere in Italia, e che decise di raccontare quell’esperienza nel suo celebre saggio. Oggi a rappresentare il confine intangibile tra Italia e Austria è ancora il famoso Cippo, inaugurato nel 1921 alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III e della moglie Elena, e sul quale è inciso: «Il confine tra Italia e Austria consacrato secondo il Trattato di Saint Germain – 9 ottobre 1919» e ancora «Hucusque audita est vox tua Roma parens», «Fin qui, madre Roma, si sente la tua voce». Si spera che, in futuro, quel cippo non venga sostituito da un nuovo muro.

                                                                                                                                                Flavia Tambuzzo