Un’altra Clinton per la Casa Bianca, ci siamo. Sanders permettendo

Con l’esito delle primarie nello Stato di New York, la corsa alla presidenza della Casa Bianca sembra delinearsi in maniera sempre più chiara. Se da parte repubblicana, Donald Trump, dopo l’ennesima vittoria (questa volta con un risultato che supera il cinquanta per cento) rafforza la sua posizione all’interno del suo partito, anche e soprattutto in prospettiva della Convention di Luglio, i democratici, come da pronostico, registrano un successo forse decisivo dell’ex first lady, Hillary Clinton.

Non che il vantaggio di quest’ultima sul suo concorrente, Bernie Sanders, non fosse rassicurante, nel numero tanto dei delegati quanto dei superdelegati, ma il successo di New York, di certo, facilita ulteriormente il percorso della Clinton da qui fino al termine, allontanando le ultime incertezze. 

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Hillary Clinton e Bernie Sanders durante un dibattito televisivo (credit: Ap)

“Vince ma non convince”, mai frase più azzeccata può descrivere questi mesi di primarie dell’ex Segretario di Stato. Sì, perché la moglie di Bill non è riuscita a mostrare la superiorità, che, per carriera e nome, tutti le riconoscevano. La Clinton non è mai stata fino in fondo convincente soprattutto nelle uscite pubbliche: vuoi per gli scandali, che l’hanno travolta in piena campagna, emailgate e coinvolgimento indiretto in Panama Papers, e vuoi per merito del suo avversario, il quale, al netto dello scarso credito e dei numeri avversi, ha sempre mantenuto alta la tensione. Bernie Sanders è riuscito, infatti, più volte a metterla a disagio, a dimostrazione di una tenacia che lo ha spinto a non mollare mai, anche di fronte agli scetticismi generali. Il resto lo hanno fatto alcune sconfitte in Stati, storicamente non incidenti sul risultato finale, ma che hanno sortito l’effetto di rendere il vantaggio meno corposo, non tanto nei numeri, quanto nella consistenza mediatica.

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Bernie Sanders (credit: Afp)

Come detto, merito va anche al senatore del Vermont, il quale è riuscito con il tempo a conquistare consensi in ogni Stato, e dove sconfitto, a tenere botta all’ex first lady. Alla stregua di quanto fatto da Trump nel lato repubblicano, Sanders ha puntato forte sui contenuti distintivi rispetto alla sua concorrente, non mancando di rimarcarne le contraddizioni, come ad esempio i finanziamenti ricevuti dalle banche e dagli istituti di Wall Street. Dall’alto del suo essere, con fierezza, democratico socialista, egli crede nel cambiamento radicale del sistema, che deve partire dal basso con la congiunzione degli interessi della classe operaia con la middle-class. Americani tra i 18 e i 40 anni, a maggioranza bianca, e un buon numero di donne. Questo è l’elettorato di Sanders, catturato dal suo messaggio per certi versi rivoluzionario, che urla all’uguaglianza sociale ed economica, fatto di parole ed idee storicamente inusuali per il mondo statunitense. Cavalca l’entusiasmo e le paure delle fasce più giovani, specie di chi, dalla crisi economica e dalla crescente sfiducia verso il sistema capitalistico, ha tratto la consapevolezza che i problemi socio-economici debbano ricevere risposte diverse. Le stesse che Bernie Sanders crede di trovare e dare, partendo da temi come la disuguaglianza sociale e la redistribuzione della ricchezza. Stipendi più equi, maggiore previdenza sociale, salario minimo garantito, sanità pubblica e scuola accessibile a tutti, indipendentemente dal reddito. Tutti argomenti, che sono un segno di continuità con la strada iniziata, e mai fino in fondo completata, nel 2008 da Barack Obama. Ed è anche su questo fa presa Bernie Sanders, sulla delusione di chi ha visto sfumare le speranze di cambiamento delle amministrazioni democratiche uscenti. E a ben vedere anche, e innanzitutto su questo verte la differenza con Hillary Clinton, visto che l’ex first lady, nei suoi discorsi sembra ripartire da quanto ereditato e lasciato da Obama nel corso degli ultimi sette anni. 

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Bernie Sanders a Capital Hill, Washington (credit: Reuters / Jonathan Ernst)

Ma, è qualcosa, che va oltre i semplici contenuti, e riguarda proprio l’approccio alla competizione elettorale. Da una parte l’idea rivoluzionaria di un socialista, che contesta ed evidenzia i limiti del sistema americano, a partire dalle pressioni dei poteri forti sulla politica. Dall’altra, un’impostazione un po’ più tradizionale, quella dell’ex Segretario di Stato, data dalla consapevolezza di come funziona l’ingranaggio americano con le sue inossidabili caratteristiche.

Bernie Sanders, cosciente del ruolo da sfavorito, dello scarso credito assegnatogli dall’opinione pubblica e perfino dal suo stesso partito, ha mantenuto fede alla linea adottata fin dall’inizio della campagna. Non smettendo di rilanciare l’idea per cui è giunto il momento di scompaginare le logiche di un sistema, piuttosto standardizzato e restio ai cambiamenti, e dovrà vedere in prima linea l’intervento della società pubblica. La Clinton, invece, sa di esser, per carriera e nomea politica, la favorita e per concretezza il suo obiettivo era e resta vincere le elezioni contro i repubblicani, puntando sul classico elettorato democratico, che per questa ragione, deve essere quanto più multietnico possibile, dagli ispanici agli afroamericani.

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Hillary Clinton festeggia il successo in South Carolina (credit: Ansa-Epa)

Ed è proprio sul supporto di quest’ultimi, e non solo naturalmente, che si fonda il vantaggio della Clinton su Sanders. Il senatore del Vermont non riscalda, contrariamente a giovani e donne, i cuori della popolazione nera. Tanto per la provenienza da uno Stato a maggioranza bianca, quanto per le posizioni assunte su svariate questioni, come la tutela del diritto alle armi per chi vive in zone rurali o la minimizzazione del razzismo nella disuguaglianza sociale ed economica. A parziale conferma, che all’estrema difesa degli operai bianchi si contrapponga un’automatica e preoccupata reazione del mondo afroamericano. Lo ha vissuto, suo malgrado, l’ex first lady nel 2008 nelle primarie contro Obama, e adesso lo stesso sta accadendo a Sanders. Proprio da quella sconfitta, Hillary Clinton ha cominciato a costruire il suo odierno successo. Zoppicante forse, per i motivi di cui sopra, ma che viene da lontano. Dal momento in cui, la stessa ha deciso di mettersi, con tutta la sua esperienza, a disposizione di Barack Obama, con l’intendo di smussarne i lati radicali agli occhi dell’elettorato avverso, specie di quello moderato, da cui sta traendo, guarda caso, un notevole supporto nella sua corsa allo scettro democratico. Adesso, specie dopo New York, la strada appare in discesa, ma quel che è certo, Bernie Sanders continuerà a fare quello che gli è riuscito meglio in questa campagna elettorale: lottare a denti stretti, fiero delle idee rivoluzionarie che lo hanno caratterizzato e che hanno, e questo rappresenta un dato da non sottovalutare, attratto un numero non indifferente di consensi.

Mario Montalbano


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