Reparti d’assalto internazionali: relitti militari o risorsa indispensabile?

In seguito agli attentati degli ultimi anni (ed in particolare dopo quelli in Francia del novembre 2015) il terrorismo globale ha portato numerosi stati a rivedere e rafforzare la sicurezza interna: investimenti in nuove tecnologie, inserimento di personale altamente qualificato nel settore informatico e dispiegamento di maggiore personale per le strade. Ma la difficoltà nell’individuare queste minacce richiede, ove possibile, l’impiego di reparti speciali che svolgano compiti che le normali forze di sicurezza non potrebbero svolgere con tempismo e meticolosità. Sono loro che devono essere pronti 24 ore su 24 in caso di pericolo ed imprevedibilità. Essi sono una risorsa indispensabile per qualsiasi governo, non meno importanti della tecnologia odierna.

Il continuo utilizzo di questi reparti è dato dal fatto che il fattore umano non può essere messo in discussione rispetto alla vera e propria guerra informatica dei nostri giorni. GIS in Italia, SEALS negli Stati Uniti, GIGN in Francia, SAS in Inghilterra, KSK in Germania; sigle che potrebbero non dirci niente, ma che rivelano gruppi militari pronti a tutto pur di completare una missione. Molti di essi sono nati tra le due guerre o subito dopo la seconda guerra mondiale. Altri si sono formati in periodi di forti tensioni sociali o attentati (ad esempio in Italia durante gli anni di piombo).

Sono accomunati da durissimi addestramenti e grande forza di volontà nel perseguire l’obbiettivo che si predispongono. La selezione avviene spesso tra le forze militari, corpi di gendarmeria e polizia. Ciascuno di essi richiederebbe decine di pagine per essere descritto. Parte delle informazioni sono specificatamente top secret per questioni di sicurezza. Risulta difficile descrivere le loro tecniche e le loro operazioni, poiché molti gruppi sono strettamente connessi ai servizi segreti che limitano la fuga di fonti.

Gli Specnaz erano sotto le dipendenze del GRU e dopo lo scioglimento dell’URSS sono passati al FSB. I Navy Seals sono gli eredi dei berretti verdi del dopoguerra e vennero istituiti nel 1962 sotto la presidenza Kennedy durante la guerra del Vietnam, lavorando a stretto contatto con la CIA. L’addestramento dei reparti nel mondo tocca vari settori militari. Per numerose settimane si sottopongono a svariate prove ginniche, lavoro di squadra, allenamento con varie armi. Krav maga, Judo e CQC (closer quarter combat) devono essere eseguiti alla perfezione anche in caso di mancanza di armi, basti guardare un allenamento dei leggendari Specnaz russi. L’assalto condotto dal GIS dei carabinieri a Venezia nel 1997 presso il campanile di San Marco è pura realtà. Ma l’addestramento fisico non è tutto.

I gruppi speciali sono preparati per qualsiasi impiego: assalto, infiltrazione, sabotaggio, combattimento urbano, irruzioni abitative, demolizioni, spionaggio informatico, recupero prigionieri ed ostaggi, incursioni marine, lanci HALO, sopravvivenza e molto altro. Devono sapere usare una beretta M9, l’esplosivo C4, un fucile d’assalto M4, fucile di precisione Barret, visori notturni, mine anti-uomo Claymor e tante altre armi. Essi sono in costante apprendimento anche dopo aver concluso l’addestramento.

Ma la prova più dura risulta quella psicologica. Durante la “Hell week”, i SEALS conducono vere e proprie operazioni, rischiando la vita e venendo sottoposti perfino a torture. La maggioranza di essi abbandonano il corso nelle fasi finali. Finiti i relativi tirocini, i reparti sono pronti per operare in patria ed all’estero. Oltre alle operazioni condotte, molti gruppi sono richiesti per addestrare gli eserciti regolari in vari Stati, soprattutto in democrazie con guerre civili e tensioni sociali (curdi in Iraq, esercito libico).

L’importanza dei reparti speciali risiede nella sicurezza di poter contare su uomini e donne pronti ad intervenire nel minor tempo possibile e ad operare in maniera precisa. Purtroppo sembra che oggi tali squadre non riescano a fronteggiare la minaccia terroristica in maniera certa. Bisogna ammettere che nell’era dell’informazione risulta sempre più complesso individuare i pericoli. Il personale impiegato nelle cosiddette Cyber guerre risulta più efficace, è vero.

Molti sostengono che l’impiego di squadre speciali sia addirittura superato. Ma non dobbiamo mai dimenticare l’utilizzo del fattore umano. Possiamo reperire informazioni su un terrorista, ma l’azione pratica viene sempre condotta da persone in maniera diretta. Prevenire ed affidarsi alle tecnologie è assolutamente necessario, ma non dimentichiamo o sminuiamo il lavoro che hanno fatto nei vari decenni questi reparti. Nessuna macchina o PC potrebbe sostituirli.


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