Primarie presidenziali Usa: come funzionano le elezioni

Ogni quattro anni, al termine del mandato presidenziale, si tengono le elezioni del Presidente degli Stati Uniti che, secondo canoni fortemente peculiari, occupano un arco di tempo molto ampio, ponendosi in netto contrasto con le logiche prevalenti in numerosi stati europei e non solo. Per tali ragioni, un’analisi sulle primarie statunitensi non può prescindere tanto dai fattori procedurali quanto da altri di natura più tradizionale volti a mostrare un’accesa competizione elettorale, sforando talvolta dei limiti moralmente accettabili con accuse e umiliazioni reciproche.

È utile dunque chiarire il funzionamento del sistema elettorale statunitense, basato su procedure complesse, talvolta in grado di renderne difficile la comprensione.

Dal Primo di febbraio al 7 di giugno si tengono sia le primarie che i caucuses, rispettivamente i primi nella maggior parte degli stati e i secondi in un numero molto più ristretto, più precisamente in stati a bassa densità abitativa in cui il coordinamento e il raggiungimento di un accordo risulta molto più semplice. L’elezione del Presidente degli Stati Unti d’America avviene secondo un metodo indiretto, in base al quale i voti provenienti dalle urne o conteggiati nei caucuses non vanno direttamente ai candidati in corsa alla Casa Bianca ma ai delegati, un gruppo di intermediari costituito da responsabili locali dei due partiti.

Al termine delle primarie, i delegati eletti per ciascun candidato in ciascuno stato si riuniscono alla Convention nazionale, durante la quali i delegati eletti durante le primarie conferiscono ufficialmente la nomina (la cosiddetta “nomination”) ai candidati vincenti di ciascun partito, quello democratico e quello repubblicano, che abbiano ottenuto la maggioranza dei delegati. Tuttavia occorre precisare che, in aggiunta ai delegati sopracitati, vi è un altro gruppo, i cosiddetti “superdelegates”, che costituiscono buona parte dei delegati incaricati di conferire la nomination alla Convention nazionale.

Chi sono i superdelegates? Questi rappresentano le più alte cariche dei partiti, ad esempio ex-deputati ed ex-governatori, le cui decisioni di voto risultano essere indipendenti dalle preferenze dei votanti espresse nel corso delle primarie. Per tali ragioni, essendo titolari di un ampio potere decisionale data la forte influenza alla Convention, possono forzare il conferimento della nomination verso un candidato piuttosto che un altro, alimentando ancora una volta il dibattito sul deficit democratico del sistema elettorale statunitense.

Volgendo lo sguardo al dato concreto, la nomination democratica potrà essere conferita al candidato che abbia ottenuto 2.383 delegati sui 4764 complessivi, nonché la metà più uno, mentre quella repubblicana al candidato che ne abbia raggiunti 1.237 sui 2.472 complessivi.  

La seconda fase delle elezioni si tiene nel mese di Novembre, più precisamente e per fattori di ordine storico il martedì successivo al primo lunedì dello stesso (tra il 2 e l’8 del mese): è il cosiddetto “Election day”, durante il quale gli elettori si recano alle urne. Sebbene si dica che il Presidente sia direttamente eletto dal popolo, il voto ufficiale spetta ad un collegio elettorale composto dai “Grandi Elettori” afferenti ai candidati dei diversi partiti i quali, il lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre, esprimeranno il nome del candidato mediante scrutinio segreto nelle capitali dei rispettivi stati, rispettando le preferenze e gli orientamenti espressi dai cittadini durante l’election day.

Il collegio elettorale dispone di 538 Grandi Elettori, un numero pari alla somma dei senatori (100, due per ogni stato), dei deputati (435, assegnati ai singoli stati in proporzione al numero di abitanti) e dei tre rappresentanti del distretto di Columbia, tutti assegnati secondo il metodo “winner-take-all”. Vince il candidato che ottiene il voto di 270 Grandi Elettori; l’insediamento avviene il 20 gennaio.


di Filippo Vitale

... ...