Netanyahu l’invincibile

Benjamin Netanyahu, fin dall’inizio della sua carriera, si è presentato come un esperto di terrorismo, capace di suggerire ai leader delle più grandi potenze quale strada intraprendere per avere un mondo più sicuro.

In un’Europa che è stata recentemente colpita da diversi atti terroristici sembra esserci sempre più spazio per politiche di estrema destra, razziste ed islamofobe, e per politici che utilizzano la paura diffusa come elemento aggregante per conquistare il potere. Netanyahu, oggi primo ministro di Israele, con grande abilità è riuscito ad ottenere l’appoggio di molti israeliani, soprattutto dopo gli attentati suicidi che hanno caratterizzato la Seconda Intifada, e allo stesso modo ha trovato il supporto da parte di molte comunità ebraiche e conservatrici in America.

Benjamin Netanyahu, detto anche Bibi, nasce a Tel Aviv il 21 ottobre 1949 e vive tra Israele e Stati Uniti. All’età di sette anni, per decisione del padre, lascia la “ terra promessa” per trasferirsi con la sua famiglia in America, dove studierà presso l’Università di Harvard.

La sua personalità ed il suo pensiero politico risentiranno molto delle idee del padre, Benzion Netanyahu. Proprio il padre parlò agli americani delle minacce subite dagli israeliani, dell’antisemitismo e della sua volontà di rivedere il sionismo di cui parlava Theodor Herzl, il fondatore del movimento sionista, ma soprattutto di tre idee che verranno trasmesse ai suoi figli: l’idea che gli arabi siano un popolo ostile con il quale non è possibile concordare una pace, l’importanza della forza militare più che della diplomazia e la necessità di trovare l’appoggio dell’opinione pubblica occidentale.

Ma Bibi non rimase influenzato soltanto dal padre: anche la morte di suo fratello e l’esperienza militare lo segnarono profondamente. A soli 18 anni, infatti, egli raggiunse in Israele il fratello Yonathan per combattere la guerra dei sei giorni che portò ad una consistente estensione del territorio israeliano. Lasciò il servizio militare nel 1972 per tornare a studiare in America dove cominciò a partecipare anche a diversi programmi televisivi come esperto di terrorismo, affermando più volte la necessità di proteggere Israele, unica democrazia nel Medio Oriente, e le sue critiche nei confronti delle Nazioni Unite. Fu così che Bibi cominciò ad ampliare le sue amicizie con miliardari ebrei e ad attirare le simpatie di molti repubblicani americani.

Nel 1976, dopo la morte di suo fratello, decise di rientrare in Israele, dove organizzò la prima conferenza internazionale sul terrorismo. Grazie alle sue abilità da oratore ed alla sua esperienza Benjamin fu chiamato a lavorare a Washington come consigliere politico nell’ambasciata israeliana continuando anche qui a tessere rapporti con la rete americana e pochi anni dopo divenne ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite.

Nel 1988 rientra in Israele e rende chiara a tutti la volontà di impegnarsi per il futuro del paese, la sua avversità nei confronti del Partito laburista che fino a quel momento aveva avuto il monopolio e la sua vicinanza ai conservatori e agli ultra-ortodossi. Le sue idee attirarono le attenzioni del Likud, partito politico di centro-destra del quale diventerà, di lì a poco, la guida.

Nel 1996, dopo aver presentato al mondo le sue forti critiche verso gli accordi di Oslo e quindi, più in generale al processo di pace, fu eletto primo ministro. La sua divenne una vera e propria missione di sicurezza con l’obiettivo di salvare Israele, garantirne l’espansione attraverso la politica degli insediamenti ed evitare, con ogni mezzo, la nascita di uno Stato palestinese così come la divisione di Gerusalemme. Il presidente americano Clinton però voleva continuare assolutamente il processo di pace, così Bibi fu quasi costretto ad incontrare Arafat e firmare un accordo. Questo fu uno dei motivi che lo portò alla sconfitta alle elezioni del 1999 e alla vittoria di Barak. La crisi israelo-palestinese non fu risolta e il sostegno della destra più estrema, dei religiosi e dei coloni, permise a Netanyahu di tornare al potere nel 2009.

Da quel momento cominciarono gli scontri con Obama, che chiese di interrompere l’estensione e la nascita di colonie israeliane e proprio per questo il presidente cominciò ad esser visto come pericoloso da Netanyahu, diventando molto impopolare in Israele. Netanyahu vince, ancora una volta, alle elezioni del gennaio 2013, ma questa volta diventa protagonista il partito centrista laico Yesh Atid. Nonostante le previsioni, il ‘’maestro della sicurezza’’ vince le elezioni nel marzo 2015 e poco dopo forma il suo quarto governo, spostato sempre più verso destra. Qualche giorno prima delle elezioni aveva dichiarato che “con il Likud al potere lo Stato palestinese non sarebbe mai nato”.    

Il rapporto conflittuale con Obama ancora oggi non è cessato e, soprattutto a causa dell’accordo raggiunto da Stati Uniti e Iran, Netanyahu è tornato a far sentire la sua voce definendo l’accordo un “errore storico per il mondo intero”. Nonostante ciò è da ricordare che Israele e Stati Uniti rimangono forti alleati specialmente in campo economico e militare. Le critiche di Bibi hanno colpito recentemente anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, accusato di incoraggiare il terrorismo con il suo discorso tenuto al Consiglio di Sicurezza nel quale parlava della disperazione di molti palestinesi e delle attività coloniali che non permettono di intravedere un reale impegno da parte israeliana per una soluzione a due Stati.

Dal canto suo, l’intoccabile Netanyahu continua a sostenere di essere alla guida dell’unica vera democrazia in Medio Oriente, dimenticando però che alla base di una democrazia c’è il dialogo, dialogo che Netanyahu ha sempre negato ai palestinesi. Nelle poche occasioni in cui è sembrato voler andare incontro alle richieste del popolo palestinese, lo ha fatto soltanto per pressioni esterne. E’ chiaro quindi che con Netanyahu ancora al potere il processo di pace tra israeliani e palestinesi sembra essere molto lontano.


Deborah Conigliaro