Berta Cáceres, una vita per i diritti degli indigeni

Nella notte tra l’1 e il 2 marzo, nella sua casa di La Esperanza, è stata brutalmente assassinata a colpi d’arma da fuoco la leader indigena del popolo Lenca e coordinatrice del Consiglio dei popoli indigeni dell’Honduras (COPINH) Berta Cáceres, da oltre vent’anni impegnata nella lotta per la difesa dei diritti della sua comunità e per proteggere le terre del suo Paese dalla deforestazione e dallo sfruttamento delle multinazionali.

Considerata una figura scomoda anche dal governo honduregno che l’aveva accusata di terrorismo, arrestata e perseguitata giuridicamente, grazie alla sua determinazione e all’amore per la sua terra, Berta Cáceres era riuscita ad opporsi alla realizzazione del complesso idroelettrico Agua Zarca, previsto sul Rio Gualcarque nell’Honduras Nord-occidentale, che avrebbe devastato l’ecosistema e compromesso l’esistenza della comunità.

Alla guida della comunità nativa, la Cáceres diede vita ad una protesta pacifica durata oltre un anno, ostacolando l’accesso al cantiere e resistendo a sgomberi, aggressioni, arresti e soprusi. Al contempo aveva portato il caso alla ribalta internazionale, presentando ricorso all’International finance corporation (Ifc), ente finanziatore e braccio privato della Banca Mondiale, e portando il caso fino alla Commissione dei diritti umani, alla Corte europea di Strasburgo e anche in Vaticano. È da sottolineare che lo sfruttamento del fiume era stato autorizzato contravvenendo alla Convenzione del 1989 sul diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni.

La campagna guidata dall’attivista honduregna ha rovinato i piani di una azienda locale (DESA), dietro la regia della finanza internazionale. La società di ingegneria cinese Sinohydro e l’International Finance Corporation, hanno dovuto fare marcia indietro. Il prezzo per la salvaguardia del fiume è stato però elevato per la comunità indigena, tre dei suoi membri sono infatti stati uccisi in circostanze mai chiarite.

I pericoli erano cresciuti nelle ultime settimane. Dopo una marcia del COPINH a Rio Blanco, il 20 febbraio, Berta Cáceres e gli altri partecipanti si sono scontrati con l’esercito, la polizia, il sindaco e i dipendenti della DESA. Diversi sono stati arrestati e alcuni minacciati.

La Cáceres aveva svariate volte dichiarato di aver ricevuto minacce e avvertimenti del tipo: «Se continuerai a darci fastidio, verrai violentata o finirai sottoterra!». Il fatto che Berta, pur consapevole del pericolo che incombeva su di lei, non si sia mai fermata e non abbia mai smesso di portare avanti la causa del suo popolo, ne fa un vero esempio di coraggio e di dignità.

Nel 2015, l’attivista è stata insignita del “Goldman Environmental Prize”, la più alta onorificenza che dal 1990 premia gli attivisti di tutto il mondo che si dedicano alla salvaguardia dell’ambiente, mettendo spesso a repentaglio la propria vita. Secondo la ONG Global Witness, che tutela i diritti dei popoli indigeni esponendo le ingerenze dei governi e delle grandi aziende nei loro confronti, l’Honduras è il Paese più pericoloso del mondo per gli attivisti ambientali.

Il nodo lucidamente individuato da Berta Cáceres è il legame fra lo stato repressivo dell’Honduras e il potere delle multinazionali; per questo dava molto fastidio con le sue proteste. Le tante persone che hanno partecipato al suo funerale per darle un ultimo saluto, dimostrano che le idee di Berta non moriranno mai e le lotte per la salvaguardia di quelle terre continueranno in sua memoria. Donna di grande esempio e coraggio, possiamo solo ringraziarla per tutto ciò che ha fatto. Il suo impegno resterà indimenticato.


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