A volte ritornano: in arrivo la mini naja

Di Marco Cerniglia – Da quando è al governo, più volte, il vicepremier Matteo Salvini ha provato a sollevare l’ipotesi di un ritorno della leva militare, seppur presentandola come una sua personale idea e non come un piano di governo. Eppure, proprio in questi giorni, un progetto sperimentale, la mini-naja, ha ricevuto l’approvazione quasi unanime della Camera dei Deputati.

military-652355_1920Il progetto prevede vari corsi di formazione, che variano dalla geopolitica interna e internazionale allo studio dei valori della cittadinanza e della patria. Nei sei mesi di preparazione previsti, vi saranno anche corsi di studio sulla difesa cibernetica in ambito militare, sulle minacce nell’ambito internazionale, e sul funzionamento degli apparati interni dell’esercito.

Questo tempo di formazione, definito mini-naja dal termine naja usato per descrivere il periodo di leva prima del 2005, prevederà anche il trasferimento in strutture militari per tutta la durata del percorso, oltre a un certo numero di crediti validi per eventuali percorsi universitari.

La preparazione della mini-naja, su base volontaria, sarà aperta ai cittadini italiani giovani, dai 18 ai 22 anni, privi di precedenti penali non colposi; una fascia critica, alla quale anche altri stati hanno fatto appello, nel tentativo di rinforzare l’interesse delle nuove generazioni alla patria e all’esercito.

Basti pensare ai tentativi dell’esercito inglese di attirare un certo tipo di giovani, o anche ai proclami del vicepremier Matteo Salvini: più volte, nei suoi discorsi, è venuta fuori l’idea di riportare in auge la leva obbligatoria. Nonostante sia stata da lui stesso definita una sua prospettiva personale, non un piano di governo, questa idea è stata più volte criticata, anche dal ministro della Difesa Trenta, che la riteneva “romantica e non al passo con i tempi“. Eppure, ora la mini-naja è in corso di approvazione, e si attende l’esito al Senato. Cosa è cambiato?

L’idea di Salvini non era certo unica in Europa. Basta andare oltralpe, con la Francia di Macron che sta usando misure simili per raggiungere lo stesso obiettivo; una coesione interna tra giovani educati attraverso lo stesso percorso, senza differenza di cultura opersonnel-86426_1920 ceto sociale. Viene spontaneo anche il paragone con l’attuale situazione svedese, che ha visto il ritorno della leva obbligatoria, seppur con motivazioni ben diverse, tra le quali il pericolo russo, considerato ormai molto pressante, e al quale la Svezia non avrebbe modo di rispondere con le attuali capacità militari.

Questi tre progetti per rafforzare le armate hanno anche in comune un altro fattore: la cittadinanza dei candidati, tutti appartenenti ai rispettivi stati. Poco spazio, quindi, almeno all’apparenza, per l’integrazione di soggetti di provenienze differenti, un contrasto netto con la pratica tedesca di reclutare soldati anche all’estero, purché parlino un fluente tedesco, per far fronte al netto crollo dei numeri delle forze armate.

Rimane comunque il dubbio se incoraggiare i giovani a questo percorso sia effettivamente la strada giusta da seguire per lo sviluppo di uno Stato. Del progetto italiano si dice che potrebbe aiutare anche a formare gli statisti di domani. Sarà davvero questa la strada giusta? Non rimane altro che aspettare gli esiti di queste manovre.