Il 2° Rapporto sul Divario Generazionale: un reddito di opportunità per i giovani

Di Ugo Lombardo – Alla presenza del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giancarlo Giorgetti, del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega agli Affari regionali e autonomie Stefano Buffagni, della Vicepresidente della Camera dei deputati Mara Carfagna e della Presidente dell’Università LUISS Emma Marcegaglia, la Fondazione Bruno Visentini (FBV) ha compiuto un ulteriore passo avanti nell’analisi sulla situazione dei giovani in Italia.

Infatti, attraverso l’elaborazione di un nuovo e più sofisticato “Indice di Divario Generazionale” (il GDI 2.0) costruito sull’analisi incrociata tra le nuove sfide della digitalizzazione e dell’automazione e il conseguente ruolo delle nuove generazioni nell’economia digitale dei prossimi anni, la FBV ha cercato di raggiungere un duplice obiettivo: da un lato, verificare il persistere delle cause del divario generazionale (ovvero i fattori che ne sono responsabili) e, dall’altro, esaminare l’efficacia degli strumenti messi in campo dal Governo per contrastare tale fenomeno e il loro impatto nel medio-lungo periodo.

Prendendo le mosse dal precedente Rapporto, viene descritta nei dettagli una strategia unitaria per la lotta al divario generazionale che non prevede ulteriori oneri per lo Stato ma una radicale riorganizzazione e un efficientamento delle misure attualmente in campo. Lo schema di base è quello di una “Legge Quadro” per la questione giovanile, tendendo altresì conto di una finalizzazione delle risorse europee da programmare per il nuovo quadro finanziario 2021 – 2027.

Nello specifico è stato costruito un paniere d’interventi il cui onere complessivo stimato per la prima annualità è pari a 4,5 miliardi di euro, di cui 3,7 reperibili razionalizzando le risorse nazionali ed europee già stanziate per le misure generazionali e 800 milioni da recuperare da misure non direttamente generali che gravano sulla fiscalità generale.

Si prevede, in concreto, la creazione di un unico strumento, che sostituirebbe tutti i precedenti, rappresentato da un fondo per sostenere il patto per l’indipendenza economica giovanile, mediante un conto individuale denominato “Una mano per contare”. Alla base di questo conto vi è l’obiettivo generale della ricostruzione del contratto tra generazioni in chiave di equità intergenerazionale ed il presupposto che tutti possano “contare” sulle medesime opportunità di sviluppo (principio tra l’altro sancito dalla nostra Costituzione all’art. 3, II comma).

Il paniere delle misure, inoltre, ruota attorno a cinque differenti ambiti d’intervento, da cui il riferimento alle cinque dita di una mano. Una mano che non deve essere interpretata come un mero gesto di solidarietà verso chi è in difficoltà, ma la mano dei giovani e dei giovanissimi, che hanno tutto il diritto di affermare le loro potenzialità e vocazioni in una società che non sia a loro ostile o che ponga loro ostacoli invalicabili.

Entrando più nel dettaglio, i soggetti beneficiari del Conto individuale sarebbero i giovani fino al compimento del 35esimo anno di età (40 anni per le donne con figli) e il suo utilizzo riguarda la scelta di uno dei seguenti punti che rappresentano le “dita” su cui contare le varie fasi del percorso formativo e di crescita del giovane:

  1. la transizione dalla scuola al mondo del lavoro a cui possono accedere i titolari del conto individuale che frequentano il III, IV e V anno degli istituti secondari di II grado.
  2. la ricerca e sviluppo nell’impresa in cui vengono considerati gli assegni di ricerca da volgere alle imprese preventivamente validate da una istituzione universitaria, a borse di studio per la frequenza di master di I o II livello o corsi executive nei settori strategici usufruibili da titolari del conto individuale che hanno conseguito un diploma di laurea triennale o magistrale.
  3. La formazione e l’orientamento all’occupazione riservato ai Neet o a giovani occupati in condizione di precariato che potranno accedere come osservatori esterni a corsi di formazione continua presso aziende, finanziati dai principali fondi interprofessionali sia sui conti formazione che sui conti sistema, oppure prestare servizio presso le amministrazioni pubbliche o enti locali.
  4. l’incentivo all’impiego e all’autoimpiego per cui sono previsti contributi a start-up innovative promosse dai titolari del conto individuale nei settori ritenuti prioritari o in imprese culturali e creative. Contributi che potranno essere estesi anche al sostegno di piani di commercializzazione di idee o prevedere sgravi contributivi per l’impiego a tempo indeterminato in aziende delle filiere ad alta densità di occupazione o alta produttività. In questo caso i beneficiari del conto individuale potranno optare per queste opportunità sino al raggiungimento della soglia dei 35 anni.
  5. il sostegno ai nuclei familiari per cui si vuole includere anche il giovane single che, per motivi di studio o di lavoro, intende abbandonare la residenza della famiglia di provenienza. I titolari del conto individuale potranno, dunque, ricorrere al sostegno economico per le spese di affitto della propria abitazione indipendente o un ricevere contributo sugli interessi del mutuo contratto per comprare una prima casa o procedere al restauro della stessa se questa si trova in aree interne o rurali. Sono previsti anche contributi che potranno essere erogati per l’acquisto di mobili, per il sostegno delle spese di mobilità dalla casa al lavoro e per la cura dei figli. In questo ultimo caso i titolari del conto potranno ricorrere ai benefit previsti, se genitori, sino al compimento del 40esimo anno di età.

Il conto individuale “Una mano per contare”, si propone, quindi, come modello similare al reddito di cittadinanza ma con due fondamentali differenze. La prima riguarda la platea a cui si rivolge perché mentre il reddito di cittadinanza è generalizzato, il conto individuale, invece, si focalizza su una parte di popolazione, ovvero quella giovanile.

Il reddito di cittadinanza, inoltre, presenta oneri per lo Stato (essendo finanziato in deficit), a differenza del conto individuale che non prevede alcun onere per l’erario in quanto basato su una riorganizzazione delle risorse già esistenti. Si può quindi considerare come una valida alternativa ma soprattutto come un idoneo strumento per sostenere un percorso di formazione e crescita verso l’indipendenza economica dei giovani italiani, oggi capitale umano sempre più sottostimato e sempre più in fuga.


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