Le sanzioni euroamericane colpiscono ancora. Ma è un boomerang?

Di Simona Di Gregorio – La Russia, precedentemente sanzionata per la crisi in Ucraina, nel 2018 ha una nuova ragione per essere colpita. Il Cremlino viene accusato di aver interferito nella campagna elettorale 2016, a vantaggio di Donald Trump e a detrimento della sicurezza nazionale americana. Ragion per cui, il 29 gennaio del 2017 il dipartimento americano al Tesoro ha approvato con una sconvolgente maggioranza bipartisan del Congresso un vero e proprio inasprimento dello status quo.

La nuova legge prevede restrizioni alla possibilità di dar credito a società e aziende russe del settore energetico e militare. Stila, inoltre, una lista nera di politici e uomini d’affari orbitanti attorno la Presidenza, eccezion fatta per Vladimir Putin stesso. Ciò ha suscitato l’ironia beffarda del Presidente russo che si é dichiarato «offeso» per non essere stato incluso nella lista.

Le 210 persone vicine al “regime” vengono accusate di corruzione e appellate “la mafia di Putin”. Una sorta di cosiddetto who’s who? dell’élite economica russa. Un occhio politico attento alle dinamiche capisce bene che il Kremlin report è molto più di una semplice lista, ma è un vero e proprio tentativo americano di ripagare la Russia con la stessa moneta tentando di fare terra bruciata attorno al presidente al giungere delle presidenziali russe di questo marzo.

Una radiografia delle leva del potere economico. Andando a vedere le conseguenze che tale lista può comportare, il Kremlin report è una sorta di banca dati da tirar fuori a tempo debito per indurre coloro che influiscono sul potere a non interferire con la sovranità altrui. Una vera strategia della tensione che avrà come effetto immediato un forte irrigidimento dei rapporti. L’America ha innalzato un muro della vergogna mettendo al bando gli oligarchi ritenuti radioattivi per le istituzioni finanziarie occidentali.

Quali sono le cifre a rischio? Si calcola che almeno il 75% del reddito nazionale russo, in seguito all’allarme sanzioni sta tentando di rientrare in patria grazie ad una speciale amnistia sui capitali in rientro e la creazione di un euro-bond speciale che da’ occasione di reinvestire. Ma l’America non si lascia raggirare facilmente, infatti ha già ideato un secondo rapporto per analizzare l’impatto di eventuali sanzioni sui bond governativi russi, gli OFZ.

La questione più scottante del programma americano però è quella relativa agli investimenti stranieri nell’economia russa e alla capacità delle banche russe di far credito al governo e alle imprese. È credibile che la cerchia ristretta voglia prenderà le distanze da Putin? Certamente no, in Russia il potere economico e quello politico vanno a braccetto, la caduta di uno comporta quasi automaticamente quella dell’altro come le tessere del domino: o cade giù tutto, o resta così com’è.

Come può essere facilmente rilevabile dalle ultime elezioni presidenziali il potere delle sanzioni sul piano politico è stato pressoché nullo. Colpire gli investimenti privati è un metodo di pressione al quale una potenza come la Russia non può cedere e non deve cedere. In altre parole l’America ha creato un sistema che tenta di schiaffeggiare gli oligarchi che hanno sostenuto con il loro patrimonio il proprio regime politico e hanno contrastato il primo sistema sanzionatorio.

Lo strumento delle sanzione sta cadendo nel ridicolo e ancor più appare illegittima l’idea di punire un soggetto privato per un affare di politica estera. Ma oltre gli interessi degli oligarchi russi a preoccupare sono anche le nuove linee guida che toccano gli interessi europei. Perché l’applicazione delle sanzioni ha un carattere extraterritoriale, quindi può colpire anche altri soggetti privati o società europee che si troveranno a giocare tra due fuochi.

Il settore più a rischio è quello energetico. Se prima venivano colpiti solamente “alcuni” progetti artici in acque profonde, shale oil & gas in territorio russo, le nuove norme limitano le scadenze dei prestiti che sarà lecito concedere a finanziarie e gruppi energetici russi sotto sanzione, e stabiliscono che le sanzioni si applicheranno a tutti i progetti energetici – in Russia o altrove – in cui una compagnia russa sotto sanzione detenga una partecipazione di almeno il 33%.

Bruxelles ha alzato le sue preoccupazioni. Potrebbero infatti essere colpite in primis le aziende che lavorano con le controparti dell’energia russa sul Nord Stream 2, il grande gasdotto che rientra fra i principali interessi strategici tedeschi ma anche tanti altri progetti come la manutenzione fatta da aziende europee ai gasdotti ucraini, o il campo gasiero a largo dell’Egitto (dove è presente l’italiana Eni) e il Southern Gas Corridor che taglia il Mar Caspio.

Contraccolpi potrebbero esserci anche nei settori ferroviario, finanziario, della navigazione o delle miniere. Le società europee potrebbero trovarsi ad agire tra due fuochi: continuare con i lavori rischiando di essere colpiti dalle sanzioni o mollare i progetti pur di non andare contro il potere americano. Sembra un vero e proprio paradosso che le sanzioni essendo europee/americane rischiano di colpire l’Europa stessa. Bisognerà proprio chiedersi: chi vincerà questo braccio di ferro? O meglio ancora, l’Europa sotto quale pugno sarà schiacciata?