La sharing economy: un cambiamento nel futuro dell’economia

Di Ugo Lombardo – La sharing economy può tradursi, letteralmente, come “economia della condivisione”. Con questa espressione si vuole porre l’attenzione su un nuovo modello economico che possa fare riferimento ai reali bisogni dei consumatori.

Alla base di tale modello vi stanno i concetti del “riuso”, “riutilizzo” e “condivisione” che sono proprio le priorità delle tante realtà imprenditoriali nate negli ultimi anni. Queste imprese utilizzano le tecnologie per un modello di economia circolare, all’interno del quale professionisti, consumatori e semplici cittadini mettono a disposizione competenze, tempo, beni e conoscenze al fine di creare legami virtuosi basati sull’utilizzo della tecnologia in senso relazionale. In questo modo è possibile promuovere nuovi stili di vita che prediligono il risparmio o ridistribuzione del denaro, favorendo la socializzazione e la salvaguardia dell’ambiente.

Cinque sono i settori che, secondo molti studiosi, guideranno l’esplosione della sharing economy ovvero: i trasporti, gli alloggi, la finanza collaborativa, servizi domestici e professionali on-demand. In Europa, dato i rapidi e costanti trend di crescita, la Commissione ha deciso di intervenire nella materia con delle linee guida pubblicate nella comunicazione dal titolo “Un’agenda europea per l’economia collaborativa”. Questa pubblicazione offre un primo vademecum per orientarsi in una materia che è del tutto nuova.

Inoltre, proprio la Commissione europea ha incaricato la Price Waterhouse Coopers Consulting di realizzare un’analisi su questo fenomeno. Da questa analisi è emerso che nel 2015 le piattaforme di collaborazione attive nei cinque settori chiave dell’economia collaborativa nell’Ue (alloggio ovvero locazione a breve termine, trasporto di persone, servizi alle famiglie, servizi tecnici e professionali e la finanza collaborativa), abbiano generato ricavi pari a 3,6 miliardi di euro.

Inoltre, sempre secondo questo studio, il giro d’affari della sharing economy in Europa potrebbe valere entro il 2025, in termini di volumi di transito, circa 570 miliardi di euro. I paesi maggiormente attivi in questo fenomeno sono Germania e Gran Bretagna che, nello specifico, registrano più di 50 imprese già operative sul mercato.

Relativamente all’Italia, invece, bisogna dire che, secondo un’altra ricerca condotta dalla facoltà di economia dell’Università degli studi Niccolò Cusano, è tra i primi tre paesi per numero di fruitori e conoscitori di questo nuovo modello economico, dietro Turchia e Spagna. Concludendo, le piattaforme che offrono questi e altri servizi di condivisione sono cresciute e probabilmente continueranno a crescere e già, in Italia, se ne contano circa 97 a cui bisogna aggiungere le 41 già attive per il crowdfunding.


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